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Megavideo, la parola ora passa alla difesa

Il pool di avvocati di Kim “DotCom” promette battaglia dopo il sequestro dei server da parte dell’FBI. Intanto si teme una nuova ondata di blocchi per gli altri siti di filesharing.
A cura di Angelo Marra
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Still image from video shows founder of file-sharing website Megaupload Dotcom at court in Auckland

Il giorno dopo la grande bufera si cominciano a delineare i diversi scenari per il mondo senza Megaupload. Da una parte la difesa di Kim Schmitz fortemente decisa a restituire i server e le proprietà sequestrate al legittimo proprietario, dall'altra la giustizia americana, che attende l'estradizione dell'ex hacker dalla Nuova Zelanda per dare inizio ad uno dei processi più clamorosi dell'anno.

La difesa dell'impero di Megavideo e Megaupload si basa su un assunto molto semplice, al centro tra l'altro di discussioni accese anche in Italia: la responsabilità dei contenuti illegali ospitati sui server è solo ed esclusivamente da attribuire agli utenti che li hanno caricati.

In pratica Megavideo respinge ogni accusa di favoreggiamento per aver spinto gli iscritti a condividere materiale illegale che avrebbe attratto milioni di visitatori facendo lievitare esponenzialmente gli introiti pubblicitari. Di tutt'altro avviso è naturalmente il Dipartimento di Stato, che afferma di avere le prove di come Schmitz e il suo entourage fossero pienamente consapevoli dell'illegalità di molti dei contenuti ospitati e di come sostenessero fortemente questa pratica.

Quale che sia l'esito che avrà la battaglia giudiziaria, è estremamente difficile che per Schmitz non si aprano le porte del carcere, alla luce della sfilza di reati che gli sono stati contestati.

In difesa di Megavideo si è schierato persino il Partito Pirata Svedese, il gruppo di cyber attivisti che nel paese nord europeo è una vera e propria forza politica, che ha ricordato numerosissimi esempi di cancellazione da parte di Megavideo di materiali illegali caricati dagli utenti, nella speranza di evidenziare l'impegno che la società metteva nel debellare il problema.

In realtà, stando agli atti formali di accusa, la pratica di Megavideo e Megaupload non era quella della rimozione reale del contenuto, ma solo quella del link di riferimento. Tramite numerosi siti e programmi gratuiti disponibili facilmente in rete, era possibile rigenerare il link relativo al contenuto che tornava tranquillamente ad essere disponibile per gli utenti. In poche parole Megavideo “fingeva” di cancellare contenuti pirata mentre in realtà rimanevano inaccessibili per gli utenti solo per poche ore.

Intanto è tutta la rete ora a tremare. Megavideo infatti non rappresenta che la cima di un iceberg; esistono infatti migliaia di siti come quello fondato da Schmitz che offrono servizi di filesharing, molti dei quali ospitano contenuti protetti da diritti d'autore.

Megavideo era di certo il più celebre ed il più fornito ma sono in molti ora a temere interventi della polizia federale. FileServe e FileSonic, altri due siti molto usati dagli utenti, hanno deciso di sospendere ogni forma di caricamento file ed è probabile che a breve effettuino una bonifica totale dei contenuti ospitati, un atteggiamento che di sicuro verrà adottato anche da altri.

Le ricadute sul mondo della rete sono imprevedibili e di certo preoccupanti, ma anche il diritto internazionale viene chiamato in causa per chiarire se il Dipartimento di Stato Americano abbia agito secondo la legge. La bagarre anche in questo caso rappresenta uno dei problemi strutturali di internet; un servizio globale sottoposto a leggi nazionali.

Prendiamo ad esempio l'Italia, nazione in cui molti utenti erano iscritti a Megaupload con abbonamenti a pagamento ed utilizzavano il servizio per condividere file di qualsiasi natura, non per forza quindi coperti da diritti d'autore. Gli sventurati che hanno sottoscritto l'abbonamento, pur trovandosi in un paese che non ha aperto alcun procedimento legale nei confronti di Megavideo (anche se si vocifera di un intervento imminente della Polizia Italiana sui server, anticipato poi da quello dell'FBI), si sono trovati con i propri contenuti cancellati senza alcun motivo o messi sotto sequestro.

Inoltre altre accuse di tipo legale sono state mosse al Dipartimento di Stato in quanto né la sede legale né la nazionalità delle persone arrestate hanno nulla a che vedere con gli Stati Uniti, condizione che mette almeno in parte in discussione l'intervento extra territoriale portato avanti dai federali.

Il processo si annuncia comunque lungo e non privo di colpi di scena; soprattutto rappresenterà un precedente molto importante per le numerose cause che inevitabilmente arriveranno in futuro. La rete intanto rimane con il fiato sospeso.

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