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NATO: ‘Gli attacchi informatici come le invasioni armate’.

Un’importante modifica all’articolo 5 del Trattato Nord Atlantico potrebbe dare vita a una ‘nuova NATO’, che si troverebbe a gestire un sistema ben più complesso dell’attuale rete di interforze di uomini e mezzi ‘reali’.
A cura di Dario Caliendo
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Un nuovo tassello potrebbe aggiungersi alla strategia Nato, molto probabilmente con lo scopo di contrastare la Russia in seguito della crisi nell'Ucraina orientale. A dare la notizia è il New York Times, ormai certo dell'arrivo di un documento ufficiale che potrebbe a ratificare un'importantissima modifica all'organizzazione del Patto Atlantico e mettere sullo stesso piano degli attacchi militari anche gli attacchi informatici.

"Un attacco informatico sferrato verso uno qualsiasi dei 28 Stati membri dell'Alleanza corrisponderà d'ora in poi a un'azione rivolta contro tutta l'organizzazione e procurerà una reazione individuale o collettiva per assistere la parte o le parti attaccate". E' questo in sostanza quanto sarà scritto nel documento che potrebbe arrivare nel corso del vertice in programma i prossimi 4 e 5 settembre vinico Cardiff, nel Galles, che integrerà l'articolo 5 del Trattato Nord Atlantico firmato a Washington il 4 aprile 1949 e che di fatto paragonerà un cyberattacco sferrato contro uno dei qualsiasi ventotto Stati membri a un vero e proprio attacco bellico.

E così, la più grave crisi europea dai tempi della guerra fretta inizierebbe a prendere ufficialmente un nuovo aspetto, anche a seguito dei recenti attacchi a diverse delle istituzioni statunitensi, tra cui JPMorgan, vittima di un gruppo di hacker russi che è riuscito a violarne i sistemi di sicurezza lo scorso agosto.

E' ormai chiaro che dietro ai più avanzati attacchi informatici degli ultimi anni, si nascondono alcune tra le più importanti potenze economiche e militari del pianeta. A partire dalla Cina fino ad arrivare all'Iran, il rapporto Mandiant realizzato per conto del Pentagono ha parlato chiaro, e una presa di posizione da parte dei diversi organi governativi è diventata ormai d'obbligo: a partire dal 2006 il numero di aziende tecnologiche ed energetiche vittime di questa tipologia di attacco aumenta esponenzialmente, e non si possono dimenticare le centinaia di cyberattacchi rivolti agli organi statunitensi, provenienti tutti dalla stessa base militare cinese. E l'obiettivo è sempre lo stesso: rubare informazioni e dati sensibili, segreti governativi e brevetti industriali.

Lo scenario informatico che si aprirebbe qualora fosse approvata la modifica al Trattato Nord Atlantico sarebbe a dir poco complicato. A partire dall'introduzione di protoccolli di sicurezza e politiche uguali per tutti i ventotto Paesi membri dell'alleanza, le misure di sicurezza informatica (e le relative conseguenze in caso di attacco) dovrebbero da subito essere applicabili, credibili e ben chiare. E' dello stesso parere anche Julianne Smith, ex ufficiale del Pentagono e ora al Center for a New American Security, che in un intervento stilato per scritto l'istituto Chatham House si è chiesta "Cosa costituisce un attacco e quali mezzi andrebbero forniti al Paese che ha subito l'assalto?". Come darle torto.

Ma non finisce qui. La standardizzazione dei protocolli informatici dovrebbe tenere in considerazione le palesi differenze ingegneristiche dei membri della NATO, e per far ciò ognuno dei Paesi che ha firmato il Trattato Nord Atlantico dovrebbe svelare i propri meccanismi di sicurezza interna, frutto di anni e anni di investimenti e ricerca.

Insomma, qualora la modifica del Trattato dovesse essere approvata, si innescherebbe un'importante mutazione dell'attuale Alleanza atlantica, che diventerebbe ben più complessa dell'attuale rete di forze internazionali composte da uomini e mezzi reali.

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