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Opinioni

Non userò FaceApp: preferisco vivere. E cercare di diventar vecchio sorridendo, senza ansie

L’applicazione che invecchia i volti di quarant’anni è una degenerazione un po’ cretina del patto di Dorian Gray. Nessuna intelligenza artificiale riuscirà mai a immaginare la storia dietro ogni ruga, dai pianti ai sorrisi, dalle malattie alle grandi risate. Dunque niente paura dei solchi nel volto e di come saremo, come disse una volta Anna Magnani delle sue rughe: le voglio tutte, ci ho messo una vita a farmele venire.
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Anna Magnani
Anna Magnani

Una volta la grande Anna Magnani disse al suo truccatore: «Lasciami tutte le rughe, non togliermene nemmeno una. Vedi che ci ho messo una vita a farmele venire». FaceApp, l'applicazione per smartphone che mostra come sarà il tuo volto fra 40 anni è spietata. È spietata e stupida, come tutte le cose in cui non c'è anima. Un algoritmo riesce, basandosi sul tuo volto attuale, a costruire una verosimile immagine di ciò che sarà. Qualcuno ci scherza e la condivide sui social (poi quando sapremo dove andranno questi dati rideremo di meno, forse). Qualcun altro si immalinconisce perché magari non ha più i genitori o i nonni e si vede simile a chi ha amato e non ha più accanto. Altri hanno paura: sarà davvero così? Sarò davvero così? Ci arriverò a questa età? Già la sola possibilità di intristirsi mi fa desistere dalla voglia di usare questa applicazione: a cosa serve la tecnologia quando ha il solo ‘merito' di rovinarti una giornata? A fare di te un pezzo di sceneggiatura di Black Mirror, forse?

O forse è solo un gioco consolatorio, alla Dorian Gray? Il protagonista del romanzo di Oscar Wilde, nel patto col demonio, lascia al suo ritratto la vecchiaia, la corruzione del volto (e dello spirito). Dunque anche noi ci illudiamo di lasciare nel telefonino i segni dell'ineluttabile, consolati dal fatto che  nella vita reale ciò accadrà lentamente, anche grazie all'utilizzo di creme e ritocchini chirurgici?

Vorrei essere più drastico. Non usate FaceApp per osservarvi da vecchi perché non sapete cosa la vita vi riserverà. Quelle rughe che un computer progetta sul vostro volto non hanno memoria delle fatiche, delle cicatrici, dei dolori, delle malattie, non hanno nemmeno memoria delle grasse risate, della gioia dell'aria aperta, di guarigioni, di estati passate sotto un sole che consuma ma rende vivi. Non sa, l'app cretina, di passeggiate, di lavoro bello ma faticato. L'unico modo per sapere ciò che accadrà sul vostro volto è farlo vivere. Che FaceApp e la sua cretina intelligenza artificiale  se ne faccia una ragione: vivere confidando nel domani resta ancora il modo migliore che abbiamo per stare a questo mondo.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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