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FaceApp: la storia dell’app virale che ti invecchia (grazie all’intelligenza artificiale)

A due anni di distanza dal suo primo picco di viralità, FaceApp è tornata a far parlare di sé per il filtro che invecchia il volto. Perché? Semplice: funziona bene. Grazie ad intelligenza artificiale e cloud.
A cura di Marco Paretti
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Sembra che la popolarità di FaceApp sia destinata a continuare a subire dei costanti picchi virali a diversi anni dalla sua uscita. In questi giorni si è parlato tanto dell'applicazione perché il suo filtro per invecchiare il nostro volto è diventato nuovamente virale qui in Italia: non è una novità, perché il filtro in oggetto è presente nell'app fin dal suo lancio avvenuto nel 2017, quando negli USA ha spopolato per diverso tempo. Poi, qualche mese dopo, il fenomeno è arrivato anche in Italia coinvolgendo anche numerose star dello spettacolo. Oggi, a due anni di distanza, FaceApp è tornata a far parlare di sé per il filtro che invecchia il volto. Perché? Semplice: funziona bene. Grazie ad intelligenza artificiale e cloud.

FaceApp: come funziona

A decretare il successo di questa applicazione è senza dubbio la qualità delle immagini che è possibile realizzare. Basta guardare i filtri "anziani" che stanno spopolando in questi giorni sui social per rendersene conto: il realismo dei risultati è impressionante e supera di gran lunga proposte simili di altre applicazioni, come quella di Snapchat che già aveva fatto parlare tanto di sé. In realtà è proprio questo il segreto di FaceApp, che non è una semplice app di fotoritocco ma un sistema che basa i suoi calcoli su intelligenza artificiale e cloud per restituire un'immagine realistica generata con una potenza di calcolo ben superiore a quella disponibile all'interno dei nostri smartphone.

Il processo è semplice: quando carichiamo una nostra immagine o ci scattiamo una fotografia, l'applicazione invia i nostri selfie nel cloud dove le reti neurali hanno la possibilità di riconoscere i volti e i suoi elementi caratterizzanti per poi plasmarli con le caratteristiche scelte, in questo caso invecchiandoci. Un approccio che sembra semplice, ma non lo è affatto. Anzi, sarebbe impossibile fare la stessa cosa basandosi esclusivamente sulla potenza di calcolo del proprio telefono. D'altronde basta guardare le immagini realizzate da altre applicazioni per rendersi conto delle differenze.

FaceApp e la privacy

Le immagini caricate nel cloud, avevano spiegato gli sviluppatori al tempo della prima ondata di viralità, vengono custodite nei server aziendali nel caso in cui gli utenti decidessero di effettuare ulteriori modifiche, ma vengono cancellate poco dopo. A differenza dell'app Meitu, colpita da uno scandalo sulla gestione dei dati degli utenti, FaceApp non richiede strani permessi di sistema e non traccia gli utenti tramite GPS. Insomma, ancora una volta FaceApp ha dimostrato di possedere una tecnologia di base che in molti non conoscono, ma che rivaleggia con le grandi aziende tech.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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