NYT sul mercato digitale italiano, boom della rete nel dopo Berlusconi
l NewYork Times si interessa all'Italia ed alla sua improvvisa svolta verso il digitale. In un lungo articolo a firma di Eric Pfanner il quotidiano americano descrive la fine dell'epopea berlusconiana come un giro di boa di carattere non solo politico ma anche culturale. In passato ci siamo già occupati della scarsa propensione verso la rete dei diversi governi guidati dal Cavaliere, un disinteresse motivato, più che da questioni anagrafiche, da interessi personali alla luce del famoso “conflitto” ormai dimenticato. La rete è in qualche maniera nemica della televisione, se alla guida di una nazione si trova il proprietario di un network televisivo è facilmente intuibile l'orientamento della politica e degli interventi di tipo infrastrutturale e legislativo. Uno dei motivi del ritardo tecnologico del nostro paese è quindi riconducibile ad una attività di governo volta a tutelare il mezzo televisivo piuttosto che a sostenere lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie, un punto di vista che non trova spazio solo in Italia ma che viene condiviso anche dagli osservatori internazionali. Il NYT cavalca con fermezza questa posizione, confermata dall'improvvisa svolta verso il digitale che ha caratterizzato il nostro paese dopo la fine dell'”era Silvio”. In primis l'attività del Governo Monti e soprattutto del Ministro Passera nel promuovere le nuove tecnologie ed azzerare il gap tecnologico che ci separa dagli altri paesi europei, ma anche una vera rivoluzione culturale che sta investendo gli italiani che dimostrano una sempre maggiore sete di internet.
LA NOMINA DI QUINTARELLI – Secondo il NYT una prova di questa “spinta dal basso” viene dalla raccolta di firme per il sostegno alla candidatura di Stefano Quintarelli alla poltrona dell'AgCom, una petizione nata spontaneamente per mettere finalmente la competenza alla guida di un organismo così delicato e scongiurare il pericolo che venga nominato il solito dinosauro proveniente dalla politica. Un'ipotesi, quest'ultima, che il NYT definisce amaramente “molto probabile”, visti i trascorsi nel nostro paese, (nonostante la politica abbia dichiarato di voler scegliere in base alle competenze ed al merito). Il quotidiano americano definisce infatti la nomina del successore di Calabrò come una vera e propria prova di forza della capacità di Berlusconi di condizionare le scelte politiche da dietro le quinte, visti i condizionamenti che l'AgCom avrebbe nei confronti di aziende come Mediaset.