È la moda del momento, tanto che chiunque ha provato almeno una volta l'applicazione lanciata lo scorso 6 luglio. Pokémon Go si è rivelato un fenomeno internazionale capace di catalizzare l'attenzione di chiunque, dai giovani utilizzatori di smartphone ai più attempati trentenni, che ben ricordano l'infanzia passata davanti alle avventure di Ash in televisione o sullo schermo del GameBoy. Poi il fenomeno si è esteso ulteriormente, raccogliendo consensi anche tra i più attempati e finendo al centro di simpatiche (o meno) notizie circolate sul web in questi giorni. Molti, però, forse non si sono resi conto che con la sua impostazione il gioco non solo sta chiedendo a milioni di utenti di uscire di casa, ma gli sta facendo scoprire zone dimenticate delle città.
Già, perché Pokémon Go si basa sulla posizione del proprio smartphone – e, quindi, su quella dell'utente – elemento che costringe chi si improvvisa allenatore ad uscire di casa ed esplorare strade, parchi e piazze alla ricerca dei Pokémon non ancora presenti all'interno del proprio Pokédex. Il tutto è basato su un altro gioco sviluppato da Niantic: Ingress. L'approccio di questo titolo – anch'esso basato sulla realtà aumentata – è stato di fatto trasportato completamente in Pokémon Go, con tanto di zone "calde" riproposte pari pari nel mondo virtuale popolato dai Pokémon: dove prima c'erano i "portali" – cioè l'elemento fondamentale di Ingress, quello che a sua volta spingeva gli utenti ad uscire di casa – ora ci sono Palestre e Poké Stop.
Ognuno di questi luoghi, con i quali si può interagire solo se ci si trova fisicamente a pochi metri, è associato a monumenti, luoghi particolarmente rinomati o altri elementi importanti per la città. Si passa da chiese e monumenti a statue, targhe commemorative e persino murales. Tutti questi elementi sparsi per la città sono associati ad un Poké Stop, cioè i punti in cui ci si può rifornire di oggetti, o Palestre, le torri virtuali da conquistare per la propria fazione. Il risultato? Gli utenti non solo stanno girovagano per la città mentre catturano Pokémon, ma si ritrovano davanti anche a innumerevoli elementi che altrimenti avrebbero probabilmente ignorato.
È ormai facile, infatti, perdersi piccoli dettagli che caratterizzano le nostre città, come murales storici ma a molti sconosciuti o decorazioni che hanno alle spalle una storia ben precisa ma che in pochi conoscono. Se Pokémon Go ha un pregio, è sicuramente quello di spingere l'esplorazione, chiedendo ai giocatori di cercare luoghi che altrimenti non avrebbero visto, cercare dettagli solitamente ignorati e soffermarsi in luoghi prima solo attraversati. L'importante è avere rispetto, anche per evitare lamentele come successo al Museo dell'Olocausto di Washington, invaso da cacciatori di Pokémon non proprio discreti. Fosse anche solo una particolare disposizione labirintica dei sampietrini di una stradina nel centro di Milano, però, il fatto di doverla cercare per poter trovare la zona in cui rifornirci di Pokéball rende il gioco ancora più interessante e meno "vuoto" di altri titoli simili. L'evoluzione 2.0 della caccia al tesoro, che grazie al virtuale ci fa scoprire il reale.