Con una crescita del +56% rispetto al 2018 e un giro d'affari di 566 milioni di euro, il settore del Food Delivery online si conferma il primo segmento alimentare in Italia. Più importante di quello dei prodotti da supermercato, che vale 476 milioni di euro (ed è cresciuto del 45%), e quello dell'enogastronomia, che vale 383 milioni di euro (ed è cresciuto del 24%). Insomma, i numeri parlano chiaro e a fronte del 74% del 2017, ad oggi oltre il 97% delle città italiane con popolazione superiore ai 50.000 abitanti sono coperte da almeno uno dei servizi di consegna a domicilio.
Ad osservare la velocissima crescita del settore del Food Delivery è l'Osservatorio eCommerce B2c Netcomm che, con la sua ultima indagine, ha sottolineato come un italiano su due ha ormai la possibilità di acquistare cibo a domicilio tramite un'applicazione. Ma nonostante questa forte tendenza di crescita, l'adesione ad uno dei tanti servizi di consegna a domicilio in Italia ha un'incidenza ancora piuttosto bassa rispetto alle vendite effettuate nei negozi. E nonostante gli oltre 500 milioni di euro entrati in più nelle casse dei ristoranti, la valutazione sulla reale convenienza che i servizi di Food Delivery hanno realmente nelle tasche degli esercenti che decidono di affiliarsi è ancora tutta da valutare.
E la reale motivazione di questo dubbio sono le tariffe che servizi come Just Eat, Alfonsino, Deliveroo, Uber Eats e Glovo richiedono ai ristoratori. Tariffe, tra l'altro, tenute in gran segreto con tanto di firma di un accordo di non divulgazione per gli esercenti che aderiscono ai servizi, ed estremamente variabili in funzione di alcuni fattori fondamentali.
Il food delivery in Italia
Il fattore con la maggior incidenza sulle tariffe delle aziende che offrono servizi di Food Delivery è quello relativo alla presenza di una catena di driver proprietaria. Fattorini, cioè, che non dipendono dai singoli ristoranti, ma che sono a tutti gli effetti dipendenti dell'azienda incaricata di farsi carico dell'ordine, poi girato al ristorante. In Italia, infatti, chiunque voglia aderire ad uno o più servizi di Food Delivery ha la possibilità di scegliere tra aziende che mettono a disposizione i propri driver (come Alfonsino, Deliveroo, Uber Eats e Glovo) e aziende che faranno solo da intermediari tra il cliente e il ristorante (come Just Eat), che dovrà poi prendersi l'onere di consegnare il cibo a domicilio con un proprio fattorino. Ed è una differenza non indifferente (sia in termini prettamente logistici che in termini economici) in grado di incidere sulla percentuale della tariffa e che fa variare la forbice tra il 10% e il 15% nel caso di Just Eat, con il quale i ristoratori utilizzeranno un proprio fattorino, fino al 19-25% per servizi come Alfonsino, Deliveroo, Uber Eats e Glovo, che mettono a disposizione la propria rete di driver.
Quanto costa il food delivery ai ristoranti italiani
La realtà dei fatti è solo una: è impossibile avere una stima precisa ed univoca sui costi che questi servizi di Food Delivery possono portare ai ristoranti aderenti. Ma un'idea sommaria della questione è comunque possibile farsela, tenendo sempre in considerazione che ci sono altri due fattori molto incisivi sulle tariffe: l'esclusività e il fatturato. Quando un ristorante decide di aderire per la prima volta con uno dei tanti servizi di consegna a domicilio del cibo, gli viene fatta una prima proposta di esclusività, in base alla quale viene stabilita la tariffa in percentuale: la famosa forbice variabile tra il 19 e il 25% tenderà verso l'estremo più basso qualora il proprietario del locale dovesse decidere di lavorare con una sola compagnia di Food Delivery in esclusività. Percentuale che, inoltre, può essere variabile nel tempo in base al fatturato annuo del locale: in soldoni, se un ristorante riesce ad avere un fatturato importante, derivante chiaramente dalle consegne a domicilio, l'azienda incaricata di prendere le ordinazioni e consegnare in cibo potrebbe abbassare di qualche punto percentuale la tariffa.
Il calcolo delle percentuali sugli ordini
Uno dei particolari da prendere bene in considerazione, prima di decidere di sottoscrivere un contratto con servizi come Just Eat, Alfonsino, Deliveroo, Uber Eats e Glovo, è che all'ipotetico 25% di tariffa calcolato su ogni ordine scontrinato (cifre, quindi, già con aggiunta di IVA), va aggiunto un ulteriore 22% di IVA. È un giochetto piuttosto bizzarro, comune a tutte le aziende di Food Delivery operanti in Italia, che fa alzare di qualche punto percentuale la reale incidenza dei costi del servizio.
Quanto guadagna Just Eat da ogni ordine
Un ordine da 10 euro su Just Eat costa al ristorante 1,83 euro. Sembra strano, perché 1,83 euro in realtà è una cifra maggiore al 15% della tariffa, ma è così. E il motivo è semplice. Nel caso specifico di Just Eat, caso in cui quindi il servizio non mette a disposizione una rete di driver, la tariffa media per ogni singola consegna è del 15%. Percentuale alla quale dovrà essere aggiunta l'IVA. Quindi, agli 1.50 euro della tariffa al netto dell'Imposta sul Valore Aggiunto, andrà aggiunto un ulteriore 22%, ossia altri altri 33 centesimi. Certo, l'IVA verrà poi detratta, ma la percentuale netta della tariffa viene applicata al totale lordo dello scontrino, totale cioè già ivato (ed è così con qualsiasi servizio di Food Delivery).
Quanto guadagnano le altre compagnie
E nel caso in cui un ristorante dovesse aderire ad un servizio di Food Delivery che mette a disposizione anche una propria rete di fattorini, le tariffe diventano ancora più importanti. E il motivo è sempre lo stesso: anche in questo caso, alla forbice della tariffa (che varierà dal 19% al 25%), deve essere aggiunta l'IVA. Quindi, conti alla mano e ipotizzando una tariffa media del 23%, un il nostro ordine di 10 euro ricevuto tramite servizi come Alfonsino, Deliveroo e Glovo, costerà al ristorante 2,80 euro.
Gli altri costi aggiuntivi e le garanzie
Oltre alle tariffe percentuali, calcolate in base agli ordini evasi, vanno aggiunte agli esercenti ulteriori spese che, anche in questo caso, risultano variabili ed in funzione a diversi fattori. C'è prima di tutto da tenere in considerazione il costo d'attivazione, cifra che (salvo eventuali promozioni) si aggira intorno ai 150 euro ai quali, in alcuni casi, devono essere aggiunti altri 150 euro di caparra per tutto il materiale informatico che l'azienda darà al nuovo cliente (e che verranno restituiti in caso di disdetta). Inoltre, alcune compagnie di Food Delivery chiedono ai ristoranti il pagamento di un canone mensile, che potrà variare in base ai metodi di pagamento accettati in fase d'ordine. Un ristorante che deciderà di accettare ordini solo con pagamenti digitali, ricevuti in concomitanza della conferma dell'ordine stesso, con Alfonsino potrebbe dover pagare un canone mensile di 5 euro. Cifra che potrebbe salire a 25 euro mensili, qualora dovesse decidere di accettare ordinazioni anche con pagamento in contanti.
Nell'ultimo caso, però, il ristoratore sarà tutelato nel caso in cui l'ordine non dovesse essere consegnato per motivazioni che esulano dalle responsabilità del driver: nel caso in cui un ordine venisse evaso, il fattorino effettuasse la consegna senza alcun intoppo, ma il cliente decidesse di non voler pagare la somma per qualsivoglia motivo, la cifra dell'ordine verrà comunque corrisposta al ristoratore, chiaramente al netto della tariffa.
Come fanno i ristoranti a guadagnarci?
Mentre nelle grandi città, si sta già iniziando a pensare alle "dark kitchen", cioè grandi cucine condivise da diversi ristoranti pensate per ottimizzare il lavoro della consegna a domicilio, nei piccoli paesi la situazione è molto differente. È piuttosto palese che, dati i costi reali di questi servizi, ad ottenere il maggiore giovamento dalla consegna a domicilio sono i ristoranti con un gran numero di vendite e principalmente quelli delle grandi città. Ma come fanno allora i ristoratori dei piccoli paesi a guadagnare utilizzando i servizi di Food Delivery? Anche in questo caso, la risposta è semplice: aumentando il prezzo dei propri piatti.
"Considerando la grande incidenza della tariffa del servizio di Food Delivery con il quale collaboro, che è del 25% + IVA" – ha raccontato a Fanpage.it il gestore di un noto locale ad Avellino – "ho dovuto alzare i prezzi del mio menu di circa il 15%. Certo, continuo a perderci e per me è più conveniente che la gente venga ad acquistare direttamente al ristorante" – continua – "ma solo in questo modo riesco a far quadrare i conti. Il gioco vale comunque la candela, perché il reddito degli ordini provenienti dalle applicazioni è aggiuntivo rispetto a quello della sala e, spesso, gli ordini vengono effettuati negli orari in cui il ristorante è più vuoto".
Insomma, in alcuni casi parte delle tariffe applicate dalle aziende di consegna a domicilio potrebbero andare a gravare sulle tasche di chi decide di acquistare tramite una delle applicazioni funzionanti in Italia. Tariffe, alle quali, generalmente va aggiunto il prezzo della consegna, fisso e univoco per ogni ristorante aderente.