Scoperto il segreto degli UDID iOS sottratti da Anonymous
Svelato, almeno in parte, il mistero dei dati di 12 milioni di proprietari di device Apple scoperti da Anonymous nelle mani dell'FBI. Secondo quanto denunciato dal gruppo di hacker i dati infatti sarebbero stati sottratti dal pc di un super agente del Federal Bureau, l'ennesima prova per i pirati del controllo minuzioso che le autorità americane applicherebbero sui loro cittadini, "spiandoli" attraverso la tecnologia di tutti i giorni, oltre ad una palese dimostrazione della stretta collaborazione tra i big della tecnologia come Apple ed il governo statunitense.
Aldilà del complottismo più elementare, il fatto che l'FBI possieda informazioni personali così numerose sui possessori di iPad e iPhone lascia indiscutibilmente qualche dubbio circa il loro possibile utilizzo, ma dopo qualche giorno il mistero sembra essere stato chiarito. Nelle scorse settimane sia Cupertino che l'agenzia americana avevano dichiarato la loro totale estraneità e l'assenza di qualsivoglia collaborazione, smentendo di fatto quanto affermato da Anonymous, il che però non aveva chiarito l'origine dell'ormai celebre file "NCFTA_iOS_devices_intel.csv", che contiene davvero le informazioni contestate dai pirati informatici.
Ora sembra che il mistero sia stato chiarito, dopo che una piccola e semisconosciuta casa editrice della Florida ha affermato di aver confrontato i dati pubblicati da Anonymous con quelli presenti nei propri database, rilevando una corrispondenza del 98%. La Toad Blu, attraverso le parole del suo AD Paul DeHart, ha affermato infatti di essere stata contattata da un ricercatore che aveva scovato numerosissimi collegamenti all'azienda tra le informazioni pubblicate in rete da Anonymous; a seguito della segnalazione, attraverso un confronto con le informazioni che la Toad Blu possiede, è stato possibile scoprire l'origine della "lista".
Come mai una piccola casa editrice americana possiede tutte queste informazioni sui dispositivi iOS? Il motivo è presto detto: la Toad Blu, pur essendo poco conosciuta, fornisce tecnologia ad oltre 6000 differenti editori per la costruzione di servizi editoriali mobili, con oltre 100 milioni di pagine visitate ogni mese. Come numerosissimi altri sviluppatori, nonostante la Apple lo sconsigli categoricamente, la Toad Blu ha immagazzinato milioni di UDID dei propri clienti per tenere traccia degli utenti, memorizzare le informazioni aggiuntive, conoscere l'ubicazione e i collegamenti con i social media.
Nient'altro che strategia di marketing attraverso l'utilizzo dei codici univoci dei prodotti della Mela e delle informazioni personali degli utenti ad esso collegati (dati non certo sottratti ma che gli utenti scelgono liberamente di condividere). I vertici della casa editrice hanno ammesso di non essersi resi conto del furto di informazioni e soltanto dopo che Anonymous ha reso nota la notizia hanno scelto di rivolgersi alle autorità.
Ciò escluderebbe l'ipotesi che il file possa essere finito sul computer dell'agente dell'FBI dopo l'avvio delle indagini e che solo in seguito sia stato rubato dal team di hacker, una versione dei fatti che smentisce le accuse dei pirati informatici e smonta le teorie sull'esistenza di un "Grande Fratello" targato Cupertino. Quel che è certo però è che l'episodio porta con sè inevitabilmente numerosi interrogativi circa il possesso e la gestione di una tale mole di informazioni private dei consumatori, a prescindere che a detenerli sia l'FBI, un team di pirati informatici o le solite aziende di marketing.