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Soldi veri per video virali. Jukin Media e il business dei gattini

Prima in assoluto ad aver trovato la maniera di fare affari con i virali, la società americana in 6 anni è diventata un colosso dentro e fuori da YouTube comprando agli utenti i loro incidenti o video clamorosi.
A cura di Gabriele Niola
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I video dei gattini esistono da ben prima di internet ma da quando esiste la rete (e specie da quando esiste YouTube e poi i social network) sono diventati un genere a sè, l’UGC, trionfi di views che non si traducono in denaro. Gatti, animali strani, bambini, performance clamorose di atleti del campionato di calcio ghanese, incidenti di ballo, esperimenti chimici finiti male, skaters che falliscono oppure si salvano per il rotto della cuffia, incidenti stradali in Russia, risse in metropolitana che finiscono in commedia e via dicendo, sono tutti i video fatti da non professionisti solitamente senza volerlo, clamorosi per caso, impossibili da realizzare appositamente, amatissimi ma non tramutabili in un business. Piacciono moltissimo, forse è ciò che piace di più in assoluto, ma nessuno può realizzarne a comando, nessuno ne conosce la ricetta e dunque nessuno li “monetizza”. Almeno fino a che non è arrivato Jukin Media che di questi video ha fatto il cuore dei suoi affari.

L’impero fondato nel 2009 acquisisce circa 150 video a settimana. Li acquisisce nel senso che li trova, ne intuisce il potenziale, chiede ai legittimi proprietari di firmare un accordo per la cessione dei diritti (o per la condivisione di questi, a seconda dei casi) e poi li paga. Jukin Media paga gli utenti per avere i loro video fatti casualmente ma potenzialmente interessanti. Con questo patrimonio di video acquisiti ogni settimana ha organizzato una library in cui sono ordinati, categorizzati e facilmente ritrovabili. Da lì parte. Jukin infatti li assembla insieme, monta e confeziona per poi venderli a chiunque ne abbia bisogno, cioè a chiunque abbia bisogno di visibilità, di attirare attenzione online.

I suoi clienti oscillano dalle case pubblicitarie alle testate, dai canali televisivi fino a portali come AOL. Tra i nomi cui è associato in affari spuntano Yahoo!, il Tribune, The Telegraph, Playboy e la Hearst corporation (che comprende una ventina di quotidiani locali statunitensi, circa 40 settimanali e mensili come Marie Claire, Esquire o Cosmopolitan). I fornitori invece sono le persone comuni a cui, come detto, o paga una cifra per acquistare video e diritti di sfruttamento in eterno oppure propone un contratto di condivisione dei diritti. In ogni caso Jukin diventa il gestore di quel video, lo inserisce nella sua libreria e cerca di farlo rendere come può. Questo comprende anche perseguire chi glieli rubi. Su YouTube qualsiasi riutilizzo delle loro clip non fa che portare guadagno a loro tramite la tecnologia Content ID (la stessa che individua i brani musicali e ogni volta che compaiono in un video indirizza i proventi delle pubblicità vicine a quel video agli artisti che ne detengono i diritti), sulle altre piattaforme invece fanno valere la loro proprietà a colpi di avvocati. E quest’attività da sola è buona parte del loro lavoro quotidiano.

Da tre anni infine Jukin Media è anche sbarcato su YouTube in prima persona, con Jukin Video, canale che ha poi filiato molti altri canali parenti più “tematici” (FailArmy, PRNK, Peolpe are awesome e il nuovo e promettente Droned out). Jukin diventa quindi MCN, gestisce più canali e monetizza in primis anche le views di YouTube, propagando da sè molti dei video della sua libreria (uno dei primi fu il famosissimo incidente in motoscafo visto da dentro). Prima realizzava dei montaggi e basta ora ha anche dei presentatori e uno studio tutto greenscreen e grafiche. Un rapido giro nei video passati sul canale mostra alcune delle clip più virali degli ultimi mesi (la sua top100 dei migliori viral del 2015 è l’unica del genere che vale la pena guardare) mentre un’occhiata agli ultimi che sono stati postati svela i più virali che vedremo domani.

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