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Stati Uniti, stop alle perquisizioni di smartphone e telefoni: ‘la polizia avrà bisogno di un mandato’

La Corte Suprema degli Stati Uniti d’America rivoluziona la privacy relativa agli smartphone di sospettati e arrestati, vietandone l’ispezione immediata in quanto “parte integrante della vita di chi li possiede”.
A cura di Dario Caliendo
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Negli Stati Uniti d'America arriva lo stop alle perquisizioni dei telefonini, anche in caso di arresto. A fare giurisprudenza sulla privacy dei cittadini statunitensi è una storica sentenza della Corte Suprema, il cui presidente dei Giudici Costituzionali, John Roberts, non ha dubbi: "un marziano arrivato sulla terra, potrebbe pensare che il telefonino è una componente importante dell'anatomia umana".

Prima di guardare i contenuti presenti in uno smartphone di un sospettato, la polizia dovrà quindi richiedere un mandato giudiziario ad hoc, proprio perché ormai telefoni e smartphone sono parte integrante della vita di tutti i giorni e contengono informazioni personali e riservate.

"Perfino la parola telefonino ormai è inadeguata, fuorviante." – aggiunge il presidente dei Giudici Costituzionali – "Li potremmo chiamare videocamere, videoregistratori, agendine personali, calendari, librerie, diari, album, televisioni, mappe, giornali". 

Si tratta di una sentenza importantissima, appoggiata da alcune delle più importanti testate giornalistiche americane tra le quali figura anche in New York Times, scese in campo per protestare contro i numerosi arresti dei cronisti nel corso delle manifestazioni di Occupy Wall Street nel 2011, certe che ai giorni d'oggi la confisca del cellulare sia un'atto che viola addirittura il diritto di cronaca.

In quella occasione il Dipartimento di Giustizia aveva provato a schierarsi a favore delle forze di polizia, portando avanti una tesi a dir poco dubbia, secondo la quale "analizzare i contenuti dello smartphone non è diverso dall'ispezionare le tasche, il portafoglio e la borsa di un un arrestato". Sarà, ma a quanto pare questa presa di posizione è stata bocciata dal più importante tra i Giudici Costituzionali negli Stati Uniti d'America, che ha aggiunto alla sentenza scritta: "Ormai il 90 percento degli americani possiede uno smartphone, e questi dispositivi contengono una trascrizione digitale di ogni aspetto delle loro vite, dai più banali ai più intimi, sono una parte pervasiva e onnipresente della vita quotidiana".

Gli smartphone sono un prolungamento della persona che lo possiede quindi, e come tali vanno tutelati dalle violazioni delle forze dell'ordine, ormai non più in grado di supportare la tesi secondo la quale "l'ispezione immediata del telefonino dell'arrestato potrebbe servire a preservare la sicurezza stessa degli agenti o addirittura a prevenire un delitto o impedire la distruzione di una prova di reato".

E a rendersene conto è lo stesso Roberts che ammette che la sentenza complicherà il lavoro delle forze dell'ordine proprio perché "i cellulari sono diventati uno strumento importante di coordinamento e comunicazione tra membri del crimine organizzato e possono fornire informazioni preziose per incriminare pericolosi delinquenti". Ma tutta via, conclude il Presidente dei Giudici Costituzionali, "la privacy ha un costo".

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