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Tasse Apple, ecco la risposta di Tim Cook al Congresso americano

Il dirigente di Cupertino dipinge Apple come un’azienda immacolata che ha sempre pagano ogni dollaro di tasse. Chiede una riforma del sistema fiscale con un abbassamento delle imposte per le aziende.
A cura di Bruno Mucciarelli
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"Apple è campione nella difesa dei diritti umani. È un'azienda con principi e valori. E paga le tasse dovute, ogni singolo dollaro." Sono state queste le parole con cui ha esordito il grande dirigente, Tim Cook, alla seduta del Congresso americano che lo ha visto "imputato" assieme alla propria azienda dopo che erano stati contestati nella giornata di ieri, l'elusione, con metodi "furbeschi" anche se legali, di oltre 74 miliardi di dollari.

Il rapporto pubblicato dalla sottocommissione permanente d'indagine del Senato aveva infatti accusato l'azienda produttrice dei famosi iPhone, di aver creato una complessa rete di filiali "fittizie" all'estero, completamente vuote, senza dipendenti né sedi reali, pronte a produrre un'evasione da 25 milioni di dollari al giorno. In particolare le accuse erano state fondate su alcune filiali in Irlanda da cui Apple gestiva operazioni in Europa, Africa, Medio Oriente, India e Asia. Un pagliativo quello della scelta irlandese provocato dalla possibilità di avere lì aliquote ben più basse degli Stati Uniti, il 12% contro il 35%. Oltretutto essendo le stesse filiali con una sede vacante operativo in Cupertino, lo stato irlandese ha permesso ad Apple di poter gestire dagli Stati Uniti abbassando ancor più la percentuale addirittura raggiungendo un valore inferiore al 2%.

L'unità in Irlanda è stata progettata non per eludere le tasse, ma per vendere all'estero, dove il nostro gruppo realizza il 61% del fatturato totale. I 600 mila posti di lavoro che la nostra compagnia sostiene nel Paese, fanno di Apple il principale contribuente tra le grandi corporation Usa, avendo pagato 6 miliardi di dollari di tasse all'erario Usa nel suo ultimo esercizio fiscale, cioè 16 milioni al giorno. Il sistema fiscale sulle grandi aziende Usa, oggi non è al passo con l'avvento dell'era digitale e il rapido mutamento dell'economia globale.

Tim Cook, CEO Apple

Una risposta importante da parte del capo di Cupertino che in qualche modo accusa proprio la dirigenza americana di non aver messo a disposizione dei propri cittadini industriali un ben fatto sistema fiscale che permetta di poter investire come si vorrebbe nel paese. Di contro però, il senatore democratico Levin, ha voluto ribadire come "Apple è una grande azienda, ma nessun gruppo dovrebbe poter determinare da solo quanto paga di tasse utilizzando degli espedienti". Stesso discorso realizzato dal senatore repubblicano John McCain che ha rigidamente dichiarato che "l'uso di queste tattiche da parte delle società ha l'effetto di far salire le tasse degli americani normali e far aumentare il debito federale."

Una situazione che però non sembra essere solo di Apple. Secondo il senatore Rand Paul, uno dei leader del movimento Tea Party, la parte da sempre contraria alle attuali tasse americane, l'azienda di Cupertino è stata considerata come capro espiatorio di una situazione decisamente fuori controllo da parte del Congresso. Aziende come Microsoft, HP e altre ancora hanno agito proprio come la stessa Apple, evitando, in altri modi, di pagare le tasse americane portando quindi all'aumento del deficit del paese a stelle e strisce.

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