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Tim Berners-Lee, il creatore del web: “Facebook e Google hanno troppo potere”

L’informatico pensa ad alcune strategie per rendere il web un posto migliore. Al primo posto l’eliminazione del digital divide, poi alcune soluzioni per tutelare la campagna politica dei partiti online e per abbattere il problema delle fake news.
A cura di Enrico Galletti
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L'occasione è di quelle che contano: il web compie 29 anni e Tim Berners-Lee, il suo creatore, rende pubblica una lettera aperta che fa il punto sulla situazione di internet. Il 2018, per il web, è un anno importante, il primo in cui oltre il 50 percento della popolazione mondiale risulterà attiva e presente online. L'occasione per riflettere sugli obiettivi che il web, al momento del debutto, si era posto e su come questi ultimi siano cambiati nel tempo. "Siamo sicuri – si chiede Tim Berners-Lee – che l'altra metà del mondo voglia connettersi al tipo di web che abbiamo oggi?".

L'informatico pensa ad alcune strategie per rendere il web un posto migliore. Al primo posto colloca l'eliminazione del digital divide, con l'obiettivo di rendere internet accessibile a tutti gli utenti. "Essere offline oggi" spiega, "significa essere esclusi dall’opportunità di imparare e di guadagnare, di partecipare al dibattito democratico. Ci sono due miti che limitano la nostra immaginazione: che la pubblicità è il solo modello di business possibile e che sia troppo tardi per un cambiamento. Su entrambi i punti, dobbiamo essere un po’ più creativi". La sintesi dell'obiettivo che si pone rimarca un detto: "L'unione fa la forza". Se economia, tecnologia, politica, società civile e arte unissero le loro forze si potrebbero azzerare molte delle minacce più inquietanti del World Wide Web. In effetti, alla sua nascita (al Cern di Ginevra nel 1989), il web veniva immaginato come una grande piazza in cui condividere contenuti, collaborare a distanza per far fronte alle distanze geografiche. E oggi, cosa è cambiato? Il web ha migliorato notevolmente la vita delle persone. Ma resta traccia di degenerazioni, di falle, di usi impropri che ne hanno falsato l'obiettivo primo.

Condivisione

Al primo posto nelle parole del padre del web c'è il tema della condivisione. "Il modello di business di molti siti oggi offre contenuti gratuiti in cambio di dati personali" spiega. "Fondamentalmente non ci interessa che molte delle informazioni siano raccolte e condivise. Ma non vediamo l’inganno. Attraverso la collaborazione (o imposizione) delle società, i governi osservano sempre più ogni nostra mossa online e approvano leggi ‘estreme' che minano al nostro diritto alla privacy". Parole che fanno riferimento a un'inconsapevolezza radicata in quelle "condizioni sulla privacy" che accettiamo a spada tratta al momento delle condivisioni dei dati, spesso senza spendere tempo nella lettura di clausole e asterischi.

Disinformazione

Tim Berners-Lee si concentra anche sulla disinformazione. Si pensi ad esempio alle elezioni politiche americane dell'8 novembre. "Oggi molte persone raccolgono informazioni e notizie sul web, in particolare sui social e sui motori di ricerca. Questi siti guadagnano denaro quando clicchiamo sui link che ci mostrano. E scelgono cosa farci vedere in base a degli algoritmi che imparano attraverso i nostri dati personali che raccolgono continuamente. Significa che questi siti ci mostrano i contenuti su cui pensano che noi cliccheremo" ha spiegato. E spesso, queste informazioni si trasformano in fake news, al punto tale che nel "mare magnum" del web si arrivi a mettere in dubbio di continuo la veridicità dei contenuti.

Pubblicità politica

Al tramonto del 4 marzo è un tema che fa breccia anche in Italia. Una sfida che Berners-Lee non trascura è quella della pubblicità politica, che fa riferimento a internet come a una bacheca di democrazia che favorisce la libera circolazione di idee. "Il fatto che la maggior parte delle persone raccolga informazioni solo da alcune delle piattaforme, unito ai sofisticati algoritmi che si basano sulla raccolta dei nostri dati personali, si traduce in campagne politiche costruite sempre più sull’individuo e quindi con un target sempre più preciso. Una situazione impossibile da controllare". Il perché è presto detto. Si rischia di "indirizzare gli elettori verso siti di ‘fake news', per esempio, o non permettere loro di visionare i sondaggi. L’advertising mirato permette, in una campagna elettorale, di dire cose completamente diverse a gruppi diversi. Tutto ciò è democratico?". La domanda, ovviamente, è retorica.

Le soluzioni

Berners-Lee abbozza anche alcune soluzioni ai problemi di cui ha fatto cenno nella sua annuale lettera aperta. Al primo posto mette la cooperazione con le società che lavorano sul web. Ma in serbo ci sono anche ipotetiche vie di uscita dal problema delle fake news. "Dobbiamo incoraggiare soggetti come Google e Facebook a continuare i loro sforzi per combattere il problema e allo stesso tempo evitare di creare qualsiasi entità che decida ciò che è vero e ciò che non lo è" ipotizza Berners-Lee. E infine la questione politica, con la volontà assoluta di "chiudere ogni falla legislativa nella regolamentazione delle campagne elettorali politiche". Nuove soluzioni (e nuovi problemi) sono in divenire.

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