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Trenitalia e MeetFS, i pericoli della social media strategy

L’iniziativa #meetFS che puntava ad avvicinare gli influencers della rete al mondo delle ferrovie italiane si è rivelato un boomerang, con gli utenti che hanno utilizzato l’hashtag per denunciare per l’ennesima volta tutti i disservizi dell’azienda.
A cura di Angelo Marra
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Ci sono due modi in cui si può vedere ciò che è successo tra Trenitalia e il mondo della rete e nello specifico di Twitter con l'iniziativa MeetFS. Si può da una parte premiare una grande azienda che apre al web e che crea un ulteriore canale per rimanere in contatto con i propri clienti ed istaurare una sorta di rapporto dialettico che dovrebbe avere come unica finalità la soddisfazione dei viaggiatori e servizi più a misura delle persone. Se tale dialogo però somiglia più ad un'iniziativa pubblicitaria, peraltro realizzata da un'azienda di certo non scevra da errori e pecche, esporsi ai feedback pubblici equivale ad un suicidio premeditato. Con la stessa potenza con cui celebra, la rete può anche uccidere se maneggiata in maniera errata, ed aprire un altro fronte di comunicazione con gli utenti dopo che tutti quelli preesistenti si sono da sempre dimostrati inutili (chiunque di voi è a conoscenza della situazione dei trasporti nel nostro paese) è sicuramente la maniera migliore per fare incetta di critiche ed offese.

GIOCARE CON IL FUOCO – Trenitalia ha voluto giocare con i social network dimenticando un passaggio fondamentale; da lei gli utenti non vogliono dialogo, vogliono treni puliti, puntuali e numerosi quel tanto che basta per non costringere le persone a delle condizioni di viaggio disumane e possibilmente economicamente accessibili. Se questi punti vengono a mancare non c'è dialogo che regga, con buona pace dei tentativi dell'azienda di dimostrarsi aperta ai “suggerimenti” della rete. I suggerimenti sono arrivati ma quasi tutti nella stessa direzione; dopo che l'hashtag #meetFS è stato lanciato Twitter è stato sommerso da centinaia di tweet, la maggior parte dei quali commentavano, con l'ausilio anche di immagini, le condizioni bovine in cui gli italiani sono costretti a viaggiare. C'è chi mostra passeggeri stipati come animali in treni super affollati, chi commenta la drammatica condizione igienica di stazioni e vagoni, chi denuncia i ritardi e i numerosi disservizi; non proprio quello che avevano in mente Moretti e soci quando hanno pensato all'iniziativa.

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SOCIAL MEDIA SUICIDE – È davvero incredibile che un gigante come Trenitalia possa essere incorsa in un fail di questa portata. Molte aziende italiane vivono ancora nel retaggio dei vecchi sistemi di comunicazione come radio e tv, strumenti con i quali è possibile affermare e diffondere qualsiasi verità con gli utenti relegati ad un ruolo passivo ed individuale che smarrisce ogni rimostranza nel mare magnum dell'insoddisfazione. La rete non è un media freddo ma caldo, anzi caldissimo, un luogo dove i passi falsi non sono consentiti, dove la bugia dura il tempo di uno schiocco di dita, dove le immagini di treni scintillanti e nuovi di zecca vengono immediatamente subissate da migliaia di scatti reali che dipingono una realtà decisamente diversa. La rete è una sfida, molto dura, che va affrontata perlomeno con la coscienza pulita; nessuna azienda naturalmente può essere immune da critiche o vantare il 100% di successo tra i propri clienti, ma se la totale mancanza di considerazione nei confronti dei passeggeri ha da sempre caratterizzato il servizio ferroviario italiano, non sarò certo un'iniziativa su Twitter a fare cambiare l'opinione agli italiani. Anzi, per una volta il viaggiatore insoddisfatto può rispondere alle pubblicità televisive che mostrano una compagnia moderna ed efficiente con il “suo” modo di vederla; dopotutto non era quello che Trenitalia stessa voleva?

DEMOCRAZIA PERICOLOSA – La compagnia ferroviaria per anni ha fatto leva sul regime di monopolio (solo recentemente interrotto dall'arrivo del concorrente Italo) per non modernizzare la propria rete e portarla allo stesso livello degli altri paesi europei, ha ignorato a lungo le proteste di poveri pendolari costretti ogni giorno a viaggiare in condizioni ottocentesche e adesso vuole che gli utenti si avvicinino alla compagnia tramite l'ausilio dei social network. Quello che mi chiedo è: davvero non se l'aspettavano? Davvero pensavano che le sardine sarebbero state liete di condividere con la rete la loro esperienza nella scatola di latta? Una buona social media strategy – può sembrare un'ovvietà ma a quanto pare non per tutti – non può naturalmente prescindere dalla capacità di un azienda di ascoltare i propri clienti e di fornirgli un servizio dignitoso ed adeguato alle aspettative. Il “metodo Goebbels” della bugia ripetuta più volte che diventa realtà si è dimostrato già in passato non applicabile alla rete, fatta non di spettatori lobotomizzati ma di persone vere che per una volta hanno la possibilità di dire la loro. Il bello della democrazia.

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