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UK, solo il 35% dei genitori a favore dei filtri anti-porno in rete

L’idea del Governo di Sua Maestà di filtrare per legge i contenuti a luci rosse sul web si è risolta in un nulla di fatto dopo la bassa adesione dei cittadini sull’argomento. A pesare sulla scelta il timore per la limitazione delle libertà in rete.
A cura di Angelo Marra
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Il Regno Unito dice "sì" al porno in rete, o perlomeno boccia l'ipotesi di un filtro per limitare la navigazione nei meandri dell'erotismo virtuale. Tutto parte da una campagna promossa dalla parlamentare conservatrice Claire Perry che da mesi porta avanti una battaglia per l'approvazione di una legge che imponga dei filtri automatici per i contenuti hard in tutto il regno di Sua Maestà. Secondo la proposta della Perry, gli utenti potranno poi richiedere in seguito lo sblocco dei filtri per ogni singolo servizio oscurato.

L'idea – inutile dirlo – ha subito trovato l'ostracismo dei cyber attivisti, che ne hanno immediatamente condannato la connotazione liberticida ma il governo Cameron ha voluto procedere comunque ad una consultazione pubblica per conoscere il parere dei cittadini inglesi.

La risposta delle famiglie però è stata ben diversa da quella prevista, tanto che la stessa parlamentare promotrice dell'iniziativa si è definita "delusa e frustrata" per l'esito della consultazione. Solo il 35% delle risposte infatti sono state di approvazione all'iniziativa mentre la stragrande maggioranza dei cittadini si è mostrata contraria a dei filtri preventivi, pur riconoscendo la necessità di tutelare i più piccoli da contenuti non adatti.

Non ci sarà quindi per gli ISP la tanto annunciata "black list" dei siti da vietare in terra inglese, anche se la Perry ha invitato comunque i provider ad adoperare qualsiasi strumento possibile (dalla verifica anagrafica al celebre "parental advisory") per scongiurare il rischio che i giovani internauti finiscano incautamente su siti per adulti.

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