62 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Virus Stuxnet, Barack Obama dietro l’attacco hacker all’Iran

Secondo il NewYork Times il virus che ha infettato migliaia di computer sarebbe in realtà un progetto della Casa Bianca per danneggiare i siti nucleari iraniani, sfuggito poi dal controllo. I retroscena di una spystory di altissimo livello, giocata sul filo della tecnologia.
A cura di Angelo Marra
62 CONDIVISIONI
virus-stuxnet-barack-obama-dietro-l-attacco-hacker-all-iran

La storia che stiamo per raccontarvi sembra uscita direttamente da un romanzo di Ken Follett. Dietro al virus Stuxnet che nel 2010 ha infettato decine di migliaia di computer, anche negli Usa, si nasconderebbe un progetto americano ed israeliano per colpire le centrali nucleari in Iran. A sostenerlo non è qualche sito di controinformazione appassionato di dietrologia, ma l'autorevole NewYork Times, che alla vicenda ha dedicato un lungo articolo.

Bush e il progetto top secret Olympic Games

Per comprendere bene la storia occorre fare un passo indietro tornando alla discussa presidenza di Bush Jr. Dopo lo scandalo sulle bugie sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein la credibilità della Casa Bianca in tema di nucleare è ai minimi storici e le due situazioni di conflitto in Iraq e Afghanistan hanno attirato sui vertici americani una valanga di critiche. È il momento meno opportuno per denunciare con forza il programma di riarmo iraniano ma Israele come sempre preme per un intervento armato per bloccare in anticipo Ahmadinejad e i suoi folli progetti atomici, dichiarandosi disposto ad intervenire anche senza il supporto degli Usa. Un altro conflitto in Medio Oriente, per giunta di tale portata, è un evento da impedire in ogni maniera, ma la determinazione dei sionisti è alta e occorre convincerli a desistere. L'unica maniera per gli Stati Uniti è quella di mostrarsi attivi nel trovare soluzioni alternative al conflitto per dirimare la questione ma le sanzioni economiche si rivelano praticamente inutili, visti i rapporti commerciali di molti paesi occidentali proprio con l'Iran.

Ed è qui che entra in ballo il progetto Olympic Games.

Secondo il NYT a provare a risolvere l'impasse arriva il generale James E. Cartwright che ha costituito un unità speciale hacker e che ha una proposta per la Casa Bianca: provare con un attacco informatico piuttosto che convenzionale. Non si tratta però di un semplice progetto di furto di dati o di spionaggio; i risultati degli attacchi devono essere fisici, i danni al progetto di riarmo nucleare devono essere procurati concretamente. Da sempre la CIA intercetta le forniture meccaniche all'Iran, sostituendole con difettose, per rallentare i suoi settori industriali ma qui si tratta di un tipo di attacco del tutto nuovo. Bush non è particolarmente convinto dell'idea ma in assenza di altre opzioni da il via libera al progetto, denominato Olympic Games. Si tratta di un'impresa tutt'altro che semplice e gli ostacoli da superare sono tantissimi. In primo luogo occorre accedere alla rete interna del sito di Natanz ma quest'ultimo è fisicamente separato dal resto del mondo e la sua rete interna non è collegata a quella mondiale. Inoltre il virus ha bisogno di essere testato, eventuali fallimenti possono mandare a monte l'intera operazione e il tutto deve avvenire senza la possibilità che gli iraniani possano risalire agli americani.

I primi test e l'intervento di Israele

La prima fase dell'operazione diviene quindi la conoscenza della rete di Natanz ed il suo funzionamento. Per fare ciò, in collaborazione con la tedesca Siemens viene sviluppato un virus spia in grado di inserirsi nell'intranet del sito nucleare in maniera invisibile e di rimanere silente in attesa di istruzioni. Sviluppato il worm, occorre testarlo; per fare ciò viene ricostruita una copia della centrale nucleare iraniana nel pieno del deserto del Tennessee, all'interno del quale il virus comincia la sua fase di sperimentazione. Alla ricostruzione della copia collaborano anche alcuni generali dell'esercito pakistano e vengono utilizzati macchinari appartenuti in passato alle centrali di Gheddafi. I primi risultati non sono particolarmente brillanti ed è qui che entra in gioco Israele che comincia a collaborare con il progetto mettendo a disposizione i migliori esperti informatici. Il suo intervento si rivela decisivo; nei test il virus risulta invisibile e rimane silente per alcune settimane, dopodiché, in maniera sempre diversa quindi imprevedibile, altera i parametri di funzionamento dei macchinari, portandoli letteralmente alla distruzione.

I primi attacchi e lo sbando degli iraniani

Il virus è quindi pronto ed occorre ora immetterlo nella rete del sito di Natanz. Impiegati, tecnici, addetti alle pulizie, tutto lo staff del sito diventa una potenziale spia inconsapevole. Finalmente dopo vari tentativi gli americani riescono a penetrare nel sistema (uno degli autori del virus ha dichiarato “c'è sempre un idiota che fa poca attenzione alla pedrive che ha in mano") e dopo un po' di tempo il worm comincia a produrre i risultati sperati. Siamo nel 2008 ed improvvisamente alcune centrifughe iraniane cominciano a dare segni di malfunzionamento; gli arabi non sospettano neanche lontanamente che i guasti siano dovuti ad un intervento esterno e ritengono invece che si tratti di problemi legati alla cattiva qualità dei macchinari oppure semplici errori umani. Errori pagati anche con la vita, secondo quanto riportato dal quotidiano americano. Tra l'altro la diversa modalità con cui il virus esegue i suo attacco rende difficile individuare il problema e gli iraniani sono nel panico. La produzione delle centrifughe viene quindi sospesa e i tecnici devono sezionare tutti i 164 macchinari collegati per individuare la falla. Si tratta solo dei primi di una lunga serie di attacchi previsti ma negli Usa avviene il cambio di inquilino alla Casa Bianca; Bush raccomanda fortemente a Barack Obama di proseguire con gli attacchi informatici e il neopresidente non si fa pregare

Obama ossessionato dalla guerra informatica

Quando Barack Obama è stato eletto, nei primi mesi del suo mandato ha dimostrato una particolare vicinanza alle nuove tecnologie, sia nel loro utilizzo sia in alcune delle battaglie politiche che ha condotto. Dalle rivelazioni fatte dal NewYork Times sembra che Obama non sia attratto solo da Twitter e dai social network, la sua vocazione 2.0 la dimostra anche per quello che riguarda questioni strategiche come quella iraniana. A differenza del suo predecessore crede fortemente nella opzione informatica e sotto la sua presidenza gli attacchi aumentano in maniera esponenziale. I successi del resto giustificano questa strada, anche se l'Iran dimostra una capacità di recupero superiore alle aspettative. Gli iraniani però cominciano a mangiare la foglia; il virus viene scoperto e debellato ma gli Usa rispondono con una versione 50 volte più complessa di qualsiasi altro worm presente in rete. La guerra sembra quindi proseguire ma un incidente nel 2010 rischia di mandare tutto all'aria.

Stuxnet, il virus impazzito

Gli Usa e gli israeliani avevano speso mesi per trovare una maniera per penetrare il sistema della rete di Natanz ma non avevano preso in considerazione il pericolo opposto, ovvero che il virus potesse uscire dalla rete locale e diffondersi su quella planetaria. Succede così che un tecnico collega il suo laptop alla rete di Natanz e, tornato a casa, lo collega ad internet ed il gioco è fatto. Gli americani sono i primi ad essere presi dal panico per questo effetto collaterale e la faccenda finisce direttamente sulla scrivania della Stanza Ovale. Obama è naturalmente furibondo; per quanto motivata da “nobili” ideali, se la guerra informatica messa su dagli Usa diventa di dominio pubblico rischia di diventare un precedente per qualsiasi altra nazione. Tra i falchi dell'Amministrazione però si insinua il dubbio che a causare la fuoriuscita del virus siano stati gli israeliani che avrebbero mutato parte del codice nel tentativo di raggiungere una zona particolare delle centrifughe il cui malfunzionamento avrebbe danneggiato pesantemente gli iraniani. Fatto sta che in poche settimane il virus si diffonde il tutto il mondo, infettando migliaia di computer persino negli stessi Stati Uniti. Nel frattempo però, in una sola settimana interrompe l'attività di oltre 1000 centrifughe, un risultato che chiaramente ha soddisfatto l'amministrazione americana.

Si tratta certamente del primo attacco informatico di tale portata operato da un governo nei confronti di un paese ostile, anche se l'ausilio della tecnologia è stato fondamentale nello spionaggio ad esempio dei membri di Al Qaeda o nel danneggiamento dei sistemi di difesa della Libia di Gheddafi. In questo caso però si tratta certamente della prima volta in cui un virus informatico viene utilizzato per creare danni fisici, distruggendo nel concreto parte dei macchinari usati in Iran per lavorare l'uranio. Una “novità” che apre a scenari sempre più preoccupanti e finora relegati alle spy stories o ai racconti di fantascienza.

62 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views