Facebook prende in giro gli utenti e cambia la Privacy Policy
Da qualche settimana il social network per antonomasia si prepara a raggiungere l'incredibile traguardo di un miliardo di iscritti. Certo, al conteggio vanno sottratti profili falsi, abbandonati o doppi, ma sicuramente il servizio offerto da Palo Alto ha dalla sua qualche centinaio di milioni di utenti reali; solo Mark Zuckerberg sul suo profilo è seguito da oltre 12 milioni di persone, grazie alle quali, di amicizia in amicizia, può praticamente raggiungere qualsiasi persona sulla piattaforma. La domanda quindi nasce spontanea: è mai possibile che in 4 giorni il post ufficiale di Facebook in cui il sito annuncia il cambiamento dei termini di privacy e trattamento dei dati personali non abbia raggiunto i 7000 commenti?
Il numero non è a caso, è il “traguardo” scelto proprio da Palo Alto, oltre il quale il social network si sarebbe impegnato a consultare TUTTI i suoi iscritti in merito a questa piccola rivoluzione nella privacy policy. In effetti l'argomento è abbastanza spinoso e in questo periodo sembra essere la bestia nera dei big che operano in rete, a partire da Google che sulla questione è in guerra aperta con l'Europa da settimane. Auspicabile quindi che agli utenti sia concesso di esprimersi sulla materia, cosa che il team di Palo Alto ha prontamente fatto, con un post ufficiale pubblicato sulla piattaforma. La conditio sine qua non perchè il suffragio venisse esteso a tutto il mondo degli iscritti era però che il post superasse i 7000 commenti, un traguardo risibile per un sito che vanta quasi un miliardo di utenti.
Eppure, incredibile ma vero, i commenti sono stati poco meno di un migliaio. Nasce quindi il sospetto che Palo Alto abbia fatto passare la notizia un po' in sordina, quanto basta per venire ignorato in una piattaforma dove le assurdità più incredibili ed inutili ricevono centinaia di migliaia di like, commenti e condivisioni. D'altro canto da sempre il social network bianco e blu ha introdotto novità in corso d'opera in barba all'opposizione degli utenti, che a prescindere da ogni novità puntualmente tornano a popolare la piattaforma in maniera caprina, al massimo borbottando qualche malumore e lanciando qualche imprecazione nei confronti del povero ingegnere di Harvard.
Nel caso in questione non vengono inserite novità particolarmente rilevanti ma il modus operandi di Facebook fa capire in quale – scarsa – considerazione vengano tenuti gli utenti, a cui si finge di voler concedere un potere che in realtà sono ben lungi dall'avere. Emblematico il punto 14.4 del documento sulla nuova privacy policy (rinominata tatticamente data-use policy); se per qualsiasi servizio online, attraverso l'iscrizione si aderisce ai termini e al regolamento interno (dopo averne preso visione, of course), ora su Facebook è sufficiente l'utilizzo per confermare di essere d'accordo con le norme che lo amministrano, anche se queste mutano durante il tempo senza alcuna approvazione da parte degli utenti (se non il loro continuare ad usufruire del servizio stesso).
È un passo ulteriore verso la facebookcrazia, dove vige il motto “siete tutti liberi di fare quello che diciamo noi”. Per il resto nel documento vengono esplicitati alcuni passaggi già previsti dalla piattaforma ma mai messi nero su bianco, come la possibilità per le app utilizzate dai nostri amici di godere dei medesimi privilegi degli amici stessi, come l'accesso alle nostre informazioni (anche se l'app non la utilizziamo personalmente). Risibile anche il “diritto all'oblio” offerto da Facebook per i suoi utenti; se le app sono obbligate dalla piattaforma a rimuovere ogni informazione sugli utenti che ne fanno richiesta, lo stesso comportamento non è dovuto dal social network, che in caso di abbandono si limita a sospendere l'account senza rimuoverlo davvero e continuando a conservare le informazioni caricate in precedenza. Per la serie “fate come dico, non fate come faccio”.