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Apple, l’Unione Europea è pronta a un’indagine formale per gli sconti fiscali in Irlanda

L’Unione Europea tiene d’occhio il colosso di Cupertino e lavora per stabilire una serie di regole certe per dare fine ad una “complessa ragnatela di entità off shore” presente tra Irlanda, Olanda e Lussemburgo.
A cura di Dario Caliendo
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L'accoglienza irlandese relativa elle tasse è ormai celebre quando quella relativa ai suoi pub, e a quanto pare se ne stanno rendendo conto alcuni degli organi governativi più importanti. Dopo Francia e Italia, che hanno provato a introdurre una Web Tax per evitare ai big del tech di fornire prodotti e servizi nei rispettivi paesi, pagando una quantità di tasse sensibilmente inferiore rispetto a quella che pagherebbero nel caso in cui avessero una sede legale per ogni nazione.

L'ultima notizia relativa a questo scottante argomento arriva direttamente dalla Dublino, dove la televisione nazionale ha anticipato l’apertura di una vera e propria inchiesta formale su Apple da parte dell'Unione Europea capitanata da Joaquin Almunia, per analizzare il sistema di società finanziarie a cui il gigante di Cupertino affida i propri ricavi e con cui ridurrebbe al minimo le tasse pagate, sfruttando una serie di buchi relativi al sistema delle imposte in Europa:  l'azienda di statunitense, come tutti gli altri big del web e della tecnologia, ha concentrato contabilmente nell'isola gran parte delle somme economiche del suo giro d'affari, non solo a livello europeo, per poter usufruire delle agevolazioni garantite dall'attuale legislazione irlandese.

Una sorta di paradiso fiscale legalizzato in cui, nonostante le diverse contestazioni provenienti da paesi europei ed extracomunitari che denunciano una concorrenza sleale, l'imposta di riferimento offerta alle imprese è del 12,5 percento: una logica ben mirata, il cui scopo è quello di attirare le grandi multinazionali e creare posti di lavoro, che riserva a certe imprese globali ulteriori sconti, fino ad arrivare a pagare un aliquota inferiore al 2 percento.

Che Bruxelles tenga d'occhio Cupertino e i giganti della tecnologia non è una novità. Apple, Google, Amazon, Facebook ed eBay hanno collocato le proprie sedi fiscali in realtà fiscali ben studiate, finendo per pagare una somma di tasse relativamente sotto proporzionata ai miliardi prodotti vendendo i servizi nei paesi della Comunità europea (in Italia, ad esempio, le cinque aziende hanno pagato nel 2013 poco più di 11 milioni di euro in imposte).

E' da settembre che l'Unione Europea studia i comportamenti del produttore dell'iPhone in una serie di Paesi, ma ad attirare l'attenzione dell'Antitrust Europeo sono state le accuse provenienti da oltreoceano, dove il Senato Statunitense ha imputato l'Irlanda di consentire un ricco movimento di raggiro fiscale, possibile non solo grazie al governo di Enda Kenny, ma grazie ad una "complessa ragnatela di entità off shore" presente anche in Olanda e in Lussemburgo.

Insomma, appare ormai palese che l'Unione Europea sia interessata a stabilire una serie di regole fiscali certe e valide per tutte le nazioni della Comunità. Il progetto dovrebbe partire nel 2015 ma, evidentemente, i tempi potrebbero essere abbreviati.

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