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Brunetta si schiera con Agenda Digitale, ma sottolinea: siamo già i primi in Europa

Il ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta difende l’iniziativa di Agenda Digitale, ma puntualizza. “Quanto ad Agenda Digitale siamo i primi in Europa”. Qualcuno se n’era accorto?
A cura di Anna Coluccino
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Il ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta, a differenza di quanto fatto da Paolo Romani nei giorni scorsi, difende l'iniziativa di Agenda Digitale dalle pagine del suo blog e dichiara: «Questo appello e la sua pubblicazione rappresentano un fatto molto positivo, testimoniando la volontà, e allo stesso tempo la necessità, di una collaborazione tra tutti coloro che hanno a cuore l’innovazione nel nostro Paese. Il riferimento temporale ai prossimi 100 giorni, richiamato nell’Appello, sottolinea inoltre la necessità di uno sforzo caratterizzato dalla rapidità e dalla straordinarietà dell’intervento». Insomma, quella che per Romani era una richiesta "incomprensibile e contraddittoria" per Brunetta diventa lodevole e condivisibile, segno che le voci sono diverse e molteplici, anche all'interno del governo.

Questo significa che Agenda Digitale ha centrato il problema con straordinaria precisione: esistono due anime, due mondi, due diversi sguardi sul futuro, posizioni che prescindono dal colore politico e che attengono, piuttosto, al modo in cui si guarda al futuro e allo sviluppo economico del paese. Ci sono quelli che credono che l'avanzamento tecnologico non sia altro che un fattore collaterale alla crescita economica, qualcosa a cui occorre prestare un'attenzione relativa, e quelli che sono assolutamente convinti del fatto che l'azzeramento del digital divide sia non solo prioritario, ma urgente. Tremendamente urgente.

Brunetta, però, non sottolinea solo la condivisibilità delle opinione espresse dai fautori di Agenda Digitale, ma ci tiene a precisare che il suo impegno per la digitalizzazione della PA è stata immediato ed ininterrotto: «Posso assicurare che il mio impegno e quello delle strutture […] si è profuso da subito con la velocità di un centometrista, pur sapendo che la corsa della riforma della PA e della sua modernizzazione richiede una sforzo da maratoneti». Inoltre, il ministro per la pubblica amministrazione ricorda che il suo operato è stato non solo oggetto di un Case Study -“Modernising the Public Administration – A Study on Italy”- ma che il piano per il digitale presentato dall'Italia ha ricevuto non pochi plausi da parte della Comunità Europea, compreso il commissario Neelie Kroes che, a dicembre, quando ha visionato l’agenda, ha affermato: “State facendo un lavoro eccellente”. Il punto però è un altro, o meglio, sono due.

Innanzitutto, il fatto di avere un buon progetto sulla carta serve davvero a poco se poi, nella pratica, le buone idee non vengono adeguatamente supportate, dal punto di vista finanziario, da quello stesso governo che le aveva prodotte. Proprio ieri, infatti, la stessa Neelie Kroes si è espressa a favore dell'iniziativa “Diamo all’Italia una strategia digitale” perché, evidentemente, ha rilevato un innegabile stagnamento nell'evoluzione di quel piano che pure aveva approvato. In secondo luogo, se è vero che l'iniziativa privata è fondamentale, così come sottolineato anche dai promotori di Agenda Digitale, è anche vero che non si può delegare a loro tutto ciò che resta da fare, perché parliamo di un lavoro abnorme che, senza l'intervento pubblico, rischia di essere portato avanti a singhiozzo e in maniera poco uniforme. Ci vuole una banca nazionale di innovazione, ci vuole un progetto chiaro, definito, cadenzato sul breve e sul lungo periodo, ma -soprattutto- ci vuole consapevolezza: nel 2011, avere una congrua, completa ed esaustiva Agenda Digitale non è un lusso, è una priorità per qualunque nazione desideri rimanere competitiva. In questo senso, affermare che sulla progettualità digitale siamo i primi in Europa è pura propaganda, e non fa bene all'obiettivo finale che tutti dicono di condividere: fare di più, fare meglio, non cullarsi su presunti risultati avanguardistici. Se anche fossimo i primi in Europa, a cosa servirebbe se i cittadini italiani continuano a vivere nella sostanziale arretratezza tecnologica? Questo presunto avanzamento non ha permeato la società civile, è rimasto meramente progettuale, e non è appuntandoci una bella medaglietta al petto che risolveremo il problema.

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