Crisi Huawei, anche Intel e Qualcom chiudono i rapporti: stop alle vendite di chip alla Cina
La battaglia economica che gli Usa hanno deciso di intraprendere con la Cina, a suon di dazi, comincia ad sortire i primi e visibili effetti anche nel settore tecnologico. La notizia diffusa da Reuters, secondo cui Google è pronta a revocare la licenza per l'uso del sistema operativo Android all'interno dei dispositivi del colosso cinese Huawei, ne è proprio un primo effetto concreto. La politica dei dazi introdotti dagli Usa e la conseguente "lista nera commerciale", all'interno della quale ci sono aziende da "colpire duramente", come appunto Huawei, ci mette di fronte al fatto che di guerra economica si tratta. E, come se non bastasse, a stretto giro, in tempi davvero brevissimi dalla decisione presa da Mountain Views, arrivano anche altre aziende americane che si dicono pronte a seguire l'esempio di Google. E si tratta di aziende, secondo quanto riporta Bloomberg, del calibro di Intel, Qualcomm e Broadcom, ossia i tre principali di chip al mondo.
Crisi Huawei: stop alle vendite di chip USA alla Cina
Da quello che trapela in queste ore, e da quando riportato da Bloomberg, i dipendenti dei principali produttori di chip statunitensi, Intel, Qualcomm e Broasdcomm, sono stati avvisati della decisione di congelare gli loro accordi di fornitura con Huawei. Sembra quindi che, anche in questo caso, la decisione sia da considerarsi immediata.
Intel fornisce a Huawei chip server e processori per la sua linea di notebook, mentre Qualcomm, nella strategia del colosso di Shenzhen è meno importante, restando relegata alla fornitura di modem e altri processori. Huawei è ben riparata dalle conseguenze della decisione di Qualcomm. Sempre Bloomberg riporta che Huawei avrebbe già considerato una eventualità come la decisione delle aziende americane di revocare le forniture, e lo ha fatto accumulando chip di fornitori americani che dovrebbero garantire la produzione per qualche mese, un lasso tempo sufficiente per capire se la misura attuale va considerata come una tattica per spaventare o, invece, una decisione permanente da parte del governo statunitense.
In effetti, bisognerà capire come evolveranno i prossimi giorni e, soprattutto, bisognerà capire come reagirà la Cina di fronte a questa decisione che altro non è, al momento, che il tentativo da parte dell'amministrazione Trump, di indurre le autorità di Pechino a sedersi attorno al tavolo per riprendere le trattative.