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Dopo Facebook e Twitter, Obama parla in diretta dalla sede di LinkedIn

Il social president si accinge a far visita alla sede di LinkedIn. Da lì dialogherà, con i dipendenti del social network e gli utenti connessi, sul tema dell’occupazione e della creazione di nuovi posti di lavoro. Obama, ormai, abita nel cyberspazio in mezzo ai “comuni mortali”. O almeno è così che vuole essere visto.
A cura di Anna Coluccino
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social president

Dovrebbero soprannominarlo il social president oppure -seguendo uno stilema già fin troppo abusato- lo si potrebbe definire president 2.0… O qualcosa del genere.

Comunque lo si nomini, l'evidenza racconta di un Barack Obama che non perde occasione per sottolineare l'importanza che attribuisce a web e nuove tecnologie, sia in ottica finanziaria che in ottica socio-evolutiva; un Obama che quotidianamente si spertica in lodi all'ingegno statunitense, che organizza cene con i tech guru, visita le sedi delle aziende più blasonate e sceglie di discutere dei temi più scottanti. Ed ecco che così come lo scorso aprile scelse Facebook e il suo ambizioso creatore come interlocutori preferenziali per dialogare della crisi economica, oggi il social president è atteso nella sede di LinkedIn per una chiacchierata su uno dei temi più drammatici e cogenti del momento: l'occupazione, la creazione di nuovi posti di lavoro.

Per l'inquilino della Casa Bianca la comunicazione e l'innovazione vengono prima di tutto. E coccolare gli inventori del nuovo mondo, coloro che -ogni giorno- lo plasmano, definendo mode e rivoluzioni sociologiche, creando desideri e curiose dipendenze,  è un obiettivo prioritario. E proprio in vista delle presidenziali, sempre più vicine e incerte considerando la profonda crisi economica che ancora non accenna a lasciare lo coste nordamericane (come non lascia quelle europee, ma questa è un'altra storia…), Obama intensifica le sue attività web-based .

Barack Obama siede sulla poltrona statunitense in un momento molto particolare della storia, un momento in cui a dominare il pianeta dal punto di vista socio-economico sono strumenti assunti a idolo, a copia-carbone dell'immaginario collettivo; strumenti che non solo vanno tenuti in considerazione, vanno (passatemi il termine) venerati nel senso più pieno della parola: dal punto di vista della strategia politica (perché è di questo che stiamo parlando, sia chiaro) occorre trattare i social network con reverenza e rispetto. Perché venerando i social network -in fondo- non si fa altro che venerarne sì gli inventori, ma soprattutto si venerano coloro che ogni giorno ne fanno uso e che sono felici di assistere alla discesa del presidente degli Stati Uniti dall'Olimpo della Casa Bianca all'agorà virtuale in cui tutti i comuni mortali si riuniscono. È una delle poche occasioni storiche, insomma, in cui è la montagna che sembra andare da Maometto.

Ovviamente non si parla di reale volontà di ascoltare tutti, di reale vicinanza della politica al destino degli elettori e ai loro bisogni, non parliamo dell'effettiva incidenza della volontà delle persone sulla politica made in USA, queste sono valutazioni che non affronterò certo in questa sede, ma si parla (lo ribadisco) di strategia politica. Una strategia che -finora- si è rivelata vincente.

A differenza di altri politici, Obama non ha dimenticato i social network il giorno dopo la sua elezione. Anzi, ha persino "prestato" alla sconfitta Hillary Clinton l'uomo che ha contribuito alla sua elezione –Alec Ross– consapevole di quanto fosse importante mostrare che ogni reparto del governo fosse disposto all'ascolto diretto delle istanze popolari, azzerando le distanze e offrendo la percezione di una politica che non inizia e finisce tra le mura dei palazzi governativi, ma si apre al confronto costante.

Almeno in potenza.

Obama sa benissimo di dovere ogni cosa -elezione compresa- alla strategia di comunicazione che ha adottato e oggi tenta di ribaltare i pronostici sfavorevoli alla sua rielezione proprio attraverso la riproposizione di quella strategia. E fa di più. Non si limita a "servirsi" delle piattaforme sociali, ma va a stringere la mano ai creatori di quelle piattaforme, li investe della responsabilità di aiutare il governo a rilanciare economicamente gli States e tiene i suoi town hall in diretta dalle sedi dei social network.

Del resto, ascoltando le parole del CEO di LinkedIn, Jeff Weiner (così come -all'epoca- quelle di Zuckerberg) è evidente come questa investitura a cavaliere-salva-patria venga accettata con orgoglio ed entusiasmo. Più che le parole di un CEO di un'azienda che si occupa di social networking sembra infatti di ascoltare il discorso di un senatore, di un governatore o di un qualunque uomo politico:

Si tratta di uno dei nostri obiettivi più urgenti come nazione: la creazione di posti di lavoro e opportunità economiche. Recentemente ho condiviso i miei pensieri sull’argomento: in particolare, il crescente divario tra il talento e opportunità, e ciò che noi possiamo fare per contribuire a colmare i 3,2 milioni di posti di lavoro persi negli Stati Uniti. Non riesco a pensare ad un modo migliore per espandere quella conversazione che aprirla alla partecipazione di milioni di persone interessate a contribuire a risolvere i nostri problemi di disoccupazione.

Naturalmente, dall'impegno degli imprenditori nel "salvataggio" della nazione non possono che venire cose buone. Non c'è niente di meglio per risolvere una crisi come quella che stiamo attraversando della genuina voglia dei semplici cittadini di aiutare la nazione. Ammesso che il desiderio di aiutare non sia ancorato a logiche di do ut des. Se così fosse, l'impegno di Obama nel cercare di far sentire tutti utili e indispensabili al progresso degli USA è ammirevole e, soprattutto, potrebbe rivelarsi decisivo in questa fase della storia.

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