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Esercito, laser e cecchini: perché nessuno è riuscito a fermare due droni in un aeroporto

Polizia ed Esercito, laser e jammer, cecchini ed esperti informatici. In queste ore l’aeroporto di Gatwick si sta lentamente riprendendo da un blocco totale che è sembrato inevitabile nonostante l’enorme dispiegamento di forze che da ieri mattina hanno provato a mettere fine non ad un attacco terroristico, ma al volo di due droni.
A cura di Marco Paretti
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Polizia ed Esercito, laser e jammer, cecchini ed esperti informatici. In queste ore l'aeroporto di Gatwick, il secondo più grande del Regno Unito, si sta lentamente riprendendo da un blocco totale che è sembrato inevitabile nonostante l'enorme dispiegamento di forze che da ieri mattina hanno provato a mettere fine non ad un attacco terroristico, ma al volo di due droni. Per quasi due giorni l'avvistamento ripetuto di droni pilotati da piloti sconosciuti ha messo in allerta l'intero aeroporto, portando ad un blocco totale dei decolli e atterraggi e a un dirottamento degli aerei in volo verso altri aeroporti.

L'utilizzo dei droni, che nel Regno Unito – come in molti altri paesi – non può avvenire entro 1 chilometro da un aeroporto, sembra essere stato un tentativo volontario di creare disagi ai voli, ma senza legami ad un attacco terroristico. Se catturato, il pilota (o i piloti) potrebbe dover scontare fino a 5 anni in prigione. Il problema, ormai ovvio, è che nonostante l'immenso dispiegamento di forze e tecnologie i responsabili non sono stati individuati. E i droni hanno continuato a volare imperterriti per ore, apparendo a singhiozzo nei pressi dell'aeroporto inglese.

È uno dei primi casi in cui le tecnologie di contrasto nei confronti dei piccoli velivoli diventati sempre più diffusi negli ultimi anni è stata messa alla prova in un contesto estremamente serio. Il problema è che non è stato possibile nemmeno eliminare i droni dal cielo, nonostante i molti mezzi a disposizione di polizia ed esercito. Inizialmente l'idea è peraltro stata quella di utilizzare i cecchini per sparare al drone e distruggerlo, un'opzione poi non attuata per il problema dei proiettili vaganti. In teoria l'esercito sta sviluppando anche a laser e jammer in grado di isolare il drone dal suo controllore e costringerlo a cadere a terra, ma anche questi strumenti si sono rivelati inutili nel caso di Gatwick perché ancora sperimentali.

L'individuazione del responsabile, invece, è stata resa impossibile dalle apparizioni a singhiozzo dei droni che non hanno consentito alle autorità di tracciare il segnale radio, un'operazione attuabile solamente quando il segnale è continuo. Anche l'individuazione preventiva dei droni è complessa e al limite dell'impossibilità tecnica; c'è chi ha proposto una combinazione di radar, videocamere e sensori di frequenze radio, ma per il momento restano semplici suggerimenti. L'aiuto più grande potrebbe venire dagli stessi produttori di droni, che all'interno dei dispositivi possono inserire dei blocchi geolocalizzati. DJI, invece, sta testando una tecnologia in grado di individuare i droni a 10 miglia di distanza.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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