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Google Drive e i vecchi problemi di Privacy Policy. Confronto con Dropbox, Skydrive e iCloud

Con il lancio del nuovo servizio cloud di Google ritornano i problemi legati alla Privacy Policy unica adottata da Mountain View per tutti i servizi. Messi a confronto i sistemi basati sulla nuvola, in termini di trattamento dei dati va male anche con Apple, Dropbox e Skydrive i più sicuri.
A cura di Angelo Marra
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Sono in molti ad interrogarsi in merito alla privacy degli utenti ora che i big della tecnologia si stanno sempre più orientando verso la tecnologia cloud che permette di abbandonare gli hard disk tradizionali per conservare e condividere documenti direttamente online. L'ultimo ad arrivare è stato Google con il suo Drive e con esso sono tornate in auge le polemiche per la Privacy Policy unica adottata da Mountain View per tutta la galassia dei suoi servizi, da Google+ a Gmail, compreso naturalmente il neonato servizio cloud. Già in passato su BigG erano piovute critiche per aver regolamentato tanti servizi diversi tra loro con un unico documento, che per forza di cose risulta a tratti troppo vago e poco definito.

Una scelta poco felice che ha scatenato le ire persino dell'Europa, che ha chiesto a Google di non applicare il nuovo regolamento, richiesta puntualmente disattesa da parte di Mountain View che ha parlato di “preoccupazioni eccessive”. Ora naturalmente si teme che la sete di dati del motore di ricerca possa in qualche maniera “attingere” informazioni e materiale da quello che gli utenti decidono di condividere tramite il servizio di hosting. Un dubbio che, osservando i Termini di Servizio di Google, sembra tutt'altro che infondato:

Quando carica o invia in altro modo dei contenuti ai nostri Servizi, l’utente concede a Google (e a coloro che lavorano con Google) una licenza mondiale per utilizzare, ospitare, memorizzare, riprodurre, modificare, creare opere derivate (come quelle derivanti da traduzioni, adattamenti o modifiche che apportiamo in modo che i contenuti dell’utente si adattino meglio ai nostri Servizi), comunicare, pubblicare, rappresentare pubblicamente, visualizzare pubblicamente e distribuire tali contenuti. I diritti che concede con questa licenza riguardano lo scopo limitato di utilizzare, promuovere e migliorare i nostri Servizi e di svilupparne di nuovi. Questa licenza permane anche qualora l’utente smettesse di utilizzare i nostri Servizi (ad esempio nel caso di una scheda di attività commerciale aggiunta a Google Maps).

In realtà Google non è l'unico che si assegna la “licenza mondiale” sui file che gli utenti caricano o condividono. Basta dare un occhio alla policy di Apple per trovare un passaggio identico (il grassetto è nostro):

However, by submitting or posting such Content on areas of the Service that are accessible by the public or other users with whom you consent to share such Content, you grant Apple a worldwide, royalty-free, non-exclusive license to use, distribute, reproduce, modify, adapt, publish, translate, publicly perform and publicly display such Content on the Service solely for the purpose for which such Content was submitted or made available, without any compensation or obligation to you.

Non solo, nei termini di servizio di iCloud Cupertino si riserva addirittura la possibilità di “previsualizzare, spostare, rifiutare, modificare e/o rimuovere” i contenuti, qualora non rispettino il regolamento interno. Insomma, sembra che con Apple e Google i dati sul servizio cloud siano tutt'altro che al sicuro. Situazione diversa per quello che riguarda altri due servizi molto popolari, Dropbox e lo Skydrive di Microsoft. Per quello che riguarda il primo, è nato esclusivamente come piattaforma di storage, pertanto la sua policy non sembra “contaminato” da interessi legati ad altri servizi:

By using our Services you provide us with information, files, and folders that you submit to Dropbox (together, "your stuff"). You retain full ownership to your stuff. We don't claim any ownership to any of it. These Terms do not grant us any rights to your stuff or intellectual property except for the limited rights that are needed to run the Services, as explained below.

Dropbox dichiara quindi di non voler alcun diritto sul materiale condiviso dagli utenti, comprese eventuali licenze, e da questo punto di vista Microsoft con il suo Skydrive sembra essere ancora più chiara, specificando che:

Except for material that we license to you, we don't claim ownership of the content you provide on the service. Your content remains your content. We also don't control, verify, or endorse the content that you and others make available on the service.

Sebbene tutti e quattro offrano servizi di ottima qualità la questione dell'utilizzo dei dati condivisi dall'utente può essere un elemento discriminante di gran peso nella scelta del cloud storage da utilizzare. Google ed Apple offrono in più l'integrazione con tutti gli altri servizi e i diversi devices ma la loro politica convince ben poco in termini di riservatezza dei contenuti mentre Dropbox e Skydrive sembrano aver compreso maggiormente la filosofia che si nasconde dietro all'utilizzo dei servizi "su nuvola".

Cosa ne pensate? Siete preoccupati per la vostra privacy?

Update – La risposta di Google a Tech Fanpage

Google Italia ha contattato la nostra redazione in merito alla questione della privacy policy del nuovo servizio di cloud storage, assicurando che la proprietà intellettuale dei file caricati sul sistema rimarrà esclusivamente nelle mani degli utenti.

A tal proposito Google ci ha rilasciato la seguente dichiarazione:

"Come dicono chiaramente i nostri termini di servizio ‘quello che vi appartiene resta vostro'. Voi siete i proprietari dei vostri file e controllate con chi li condividete, in modo chiaro e semplice. I nostri Termini di servizio ci consentono di fornirvi i servizi che desiderate, cosi che se decidete di condividere i vostri documenti con qualcuno o di aprirli con un dispositivo diverso siete in grado di farlo."

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