Lo ha fatto davvero: Google ieri ha presentato un iPhone, con tanto di funzionalità care da ormai anni al dispositivo lanciato per la prima volta nel 2007 da Steve Jobs. Ieri, invece, sul palco della conferenza stampa di Mountain View c'era Sundar Pichai, CEO di Google e promotore del futuro dell'azienda composto da smartphone, intelligenze artificiali e realtà virtuale. Quello nelle sue mani, come da previsioni, era Pixel, il primo smartphone sviluppato direttamente da Google in collaborazione con HTC. In verità gli smartphone erano due, una versione "liscia" con schermo da 5 pollici e una XL con display da 5,5 pollici. Insomma, come gli iPhone 6/6S/7 e le rispettive versioni Plus.
Se le differenze si fermassero qui ci sarebbe poco da discutere, ma le somiglianze vanno ben oltre la semplice dimensione, arrivando a sfociare persino nelle funzionalità. È un paradosso, perché negli ultimi anni siamo stati abituati a vedere Apple rincorrere funzioni e caratteristiche introdotte da Google, forse in maniera più grezza e accennata, ma pur sempre in anticipo. Ieri, invece, la conferenza di Big G sembrava voler riproporre alcune delle caratteristiche che la mela ha spinto più di tutte nel corso degli ultimi keynote: dalla fotocamera con HDR e stabilizzazione ad un assistente virtuale che, sebbene possa effettivamente offrire di più sul lungo termine, non si discosta molto da Siri, soprattutto nella versione integrata in iOS 10.
Anche solo osservando i nuovi Pixel è impossibile non paragonarli agli iPhone 6S e 6S Plus: stessa scocca in alluminio, stesse linee dedicate alle antenne e stesso look rotondeggiante, con i bordi smussati. I colori e la parte frontale, invece, ricordano l'iPhone 5C. Certo, i tocchi differenti ci sono, ma le somiglianze sono altrettanto notevoli. È forse comprensibile – d'altronde la stessa Apple sta indugiando su questo design da ormai tre anni – ma assistere alla conferenza di ieri restituiva un'inaspettata sensazione straniante: se da un lato ci siamo abituati a constatare che le (grandi) aziende cinesi cercano di avvicinarsi sempre più al design degli iPhone senza scadere (troppo) nel plagio, è la prima volta che vediamo un atteggiamento simile da parte di Google.
Che, peraltro, pare non volersi limitare alla copia dei top di gamma di Cupertino. Il visore Daydream View, per esempio, ricorda sotto molti aspetti il Gear VR di Samsung nonostante rappresenti l'evoluzione "seria" del Cardboard di Google. È in tessuto, sfrutta un meccanismo di blocco differente e si basa su un ecosistema tutto suo, certo, ma è innegabile che il funzionamento sia del tutto simile a quello proposto dall'azienda sudcoreana: si inserisce uno smartphone compatibile che, di fatto, diventa lo schermo sul quale visualizzare gli elementi a 360 gradi. Un'altra somiglianza? Il Daydream View sarà offerto con tutti i preordini dei Pixel, come il Gear VR con i Galaxy S7 e S7 Edge.
Il terzo e ultimo dispositivo annunciato sul palco della conferenza è stato Google Home, un dispositivo da installare in casa e in grado di rispondere ai nostri comandi vocali. Vi suona familiare? Dovrebbe, visto che l'approccio è lo stesso di Amazon Echo, il device presentato da Amazon quasi due anni fa e già alla sua seconda versione. Entrambi possono rispondere alla nostra voce ed effettuare ricerche o svolgere compiti, con la versione di Google caratterizzata da un prezzo più basso e da potenzialità almeno in teoria più avanzate, anche grazie all'integrazione del nuovo assistente virtuale. Quindi, alla fine della giornata, Google ha lanciato un iPhone, un Gear VR e un Echo.