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L’Unione Europea accusa Google: “Con Android impone le proprie app”

La Commissione europea ha formalizzato l’accusa di abuso di posizione dominante nei confronti di Google, ufficializzando quelle che fino ad ora erano state solo indiscrezioni derivanti dalle molte indagini che l’Ue ha avviato nei confronti del colosso americano.
A cura di Marco Paretti
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La Commissione europea ha formalizzato l'accusa di abuso di posizione dominante nei confronti di Google, ufficializzando quelle che fino ad ora erano state solo indiscrezioni derivanti dalle molte indagini che l'Ue ha avviato nei confronti del colosso americano. Lo ha annunciato il commissario per la concorrenza Margarethe Vestager, spiegando che "le pratiche dell'azienda sono contrarie al diritto europeo in termini di libera concorrenza". L'Ue concretizza quindi le accuse verso Google, dopo oltre un anno di indagini che hanno toccato tutti i business principali dell'azienda, dal motore di ricerca al sistema operativo Android.

È proprio l'indagine su quest'ultimo aspetto ad aver dato il colpo di grazia al colosso americano. Nelle ultime ore alcune indiscrezioni avevano riportato il fatto che Big G fosse finito nuovamente nel mirino della Commissione a causa degli accordi – definiti scorretti – proposti ai produttori di smartphone per mantenere i propri servizi e applicazioni all'interno dei dispositivi, arrivando così nelle mani di tutti i consumatori. Una pratica che, secondo la Vestager, impedisce alle aziende di scegliere liberamente quali applicazioni installare all'interno dei terminali in fase di sviluppo.

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"La nostra considerazione preliminare è che Google stia abusando della sua posizione dominante" ha spiegato la Vestager durante una conferenza stampa. "Le pratiche dell'azienda implicano il fatto che i produttori non sono liberi di scegliere quali servizi installare nei loro device, ostacolando in questo modo tutti i suoi competitor". Non è però solo Android ad essere finito al centro delle accuse della Commissione: anche lo stesso motore di ricerca è sotto indagine dallo scorso aprile, quando l'Ue aveva sollevato dubbi sull'eventuale concorrenza sleale portata avanti da Google. In questo caso l'accusa formale della Commissione UE riguardava la violazione delle regole comunitarie sull'antitrust per il fatto che Google potrebbe essere in grado di deviare il traffico web dei suoi rivali verso i suoi servizi.

Bruxelles ha ora il potere di obbligare Google a modificare il proprio modello di business e di applicare multe fino anche al 10% del fatturato annuale. Si parlerebbe di un pagamento pari a circa 14 miliardi di dollari. In seguito alla decisione della Commissione, l'azienda di Mountain View avrà la possibilità di appellarsi alla Corte di giustizia o tentare la strada delle negoziazioni. Quello posto dall'Ue rappresenta un pericolo enorme per Google, che dai servizi presenti sugli smartphone – e dalle pubblicità che li caratterizzano – ricava circa 20 miliardi di dollari. Se davvero la Commissione obbligherà Big G a modificare il suo approccio agli smartphone, i ricavi dell'azienda potrebbero risentirne profondamente. Soprattutto in Europa, dove i terminali Android costituiscono circa l'80 percento del mercato mobile.

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Google ha risposto alle accuse attraverso un post pubblicato sul blog ufficiale, dove spiega che il suo modello di business "consente di mantenere bassi i costi di produzione aumentando la flessibilità, offrendo ai consumatori un controllo senza precedenti sui dispositivi mobile". L'azienda ha inoltre specificato che gli accordi stretti con i produttori sono volontari e puntano a mantenere consistenza all'interno dell'ecosistema Android. "Offriamo Android gratuitamente e sosteniamo i costi di produzione attraverso i ricavi generati nei nostri servizi e applicazioni" ha spiegato. Google ha 12 settimane di tempo per rispondere alle accuse dell'Ue.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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