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Opinioni

La (finta) magia di Netflix

L’algoritmo che governa i consigli di Netflix, il popolare servizio americano di streaming, è talmente preciso che i suggerimenti proposti ai vari utenti riescono sempre a colpire nel segno. In realtà l’azienda si avvale di informazioni e tecniche ben conosciute e utilizzate in altri ambiti tecnologici: il Big Data. Ma è davvero tutto così perfetto?
A cura di Marco Paretti
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C'è chi la chiama magia. L'algoritmo che governa i consigli di Netflix, il popolare servizio americano di streaming, è talmente preciso che i suggerimenti proposti ai vari utenti riescono sempre a colpire nel segno. In realtà l'azienda si avvale di informazioni e tecniche ben conosciute e utilizzate in altri ambiti tecnologici: il Big Data. Lo fa con due obiettivi principali. Il primo è quello di proporre sempre contenuti interessanti agli utenti, scelti in modo che possano adattarsi perfettamente alle preferenze dei singoli. In questo modo si spinge al cosiddetto "binge watching", una vera e propria overdose di puntate di serie TV.

Il secondo obiettivo, forse ancora più importante, è quello di creare degli show televisivi basati completamente sul Big Data ottenuto attraverso la piattaforma. Se infatti c'è una cosa che Netflix ha subito capito è che i dati raccolti dai suoi utenti sono l'elemento principale di tutto il suo business. Esattamente come Facebook e Amazon, l'azienda basa molte delle sue manovre sulla raccolta e la comprensione delle abitudini degli iscritti. Da questo modo di pensare sono nate alcune delle serie più interessanti degli ultimi anni, tra cui House of Cards e Orange is the new black. Questi show sono stati "modellati" basandosi sui dati raccolti da milioni di utenti sparsi per il mondo. Dati che riguardano qualsiasi elemento dell'esperienza: cosa guardiamo, quando lo facciamo, la nostra valutazione e persino quando riguardiamo determinate scene.

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L'algoritmo che governa il tutto è considerato così efficiente che, quando sono iniziati i lavori per House of Cards, l'azienda ha contattato Kevin Spacey dicendogli: "Crediamo in te. Abbiamo controllato i dati, ci dicono che la nostra audience guarderà questa serie. Non abbiamo nemmeno bisogno di un episodio pilota". Non c'è da stupirsi, quindi, se qualcuno ci vede del soprannaturale. Il fatto di poter costruire una serie sull'enormità di dati costantemente a disposizione dell'azienda può essere considerato come la gallina dalle uova d'oro del nostro tempo. Ma è davvero così?

Basta dare uno sguardo alle produzioni di Netflix per capire che, in effetti, forse non tutto è perfetto. House of Cards e Orange is the new black sono effettivamente due serie di grande successo: due stagioni a testa, con la prima che si accinge ad iniziarne una nuova. Un maestoso Kevin Spacey e una divertente Taylor Schilling. Dall'altra parte, però, sono presenti Derek, Arrested Development e Marco Polo, tre serie prodotte dall'azienda e dal successo buono, ma non entusiasmante come quello delle prime due. Forse l'argoritmo non è poi così infallibile come si pensa o, meglio, c'è un componente umano che, fedele alla nostra natura, ogni tanto sbaglia.

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Questo elemento, secondo Tim Wu del The New Yorker, è Ted Sarandos. Produttore cinematografico e Chief Content Officer di Netflix, Sarandos ha confermato che l'algoritmo, per generare un risultato, deve passare attraverso il giudizio di una persona. "È importante sapere quali dati ignorare" ha commentato "In pratica è un 70/30, dove settanta è l'algoritmo e trenta il giudizio umano. Ma quest'ultimo deve avere sempre la priorità". Non esiste nessuna macchina in grado di "generare" un prodotto come House of Cards, piuttosto è possibile dare vita a queste serie mettendo i dati nelle mani giuste. Quelle, cioè, di un curatore che sia capace di dare vita ad un prodotto non solo in grado di attirare a sé milioni di spettatori, ma di farli entusiasmare a tal punto da fargli spargere la voce in maniera autonoma. E questo Netflix lo sa bene.

E in Italia? Forse a breve anche gli appassionati del Bel Paese potranno lasciarsi entusiasmare dall'algoritmo dell'azienda. Secondo alcune indiscrezioni, Netflix avrebbe già stretto accordi con Telecom per uno sbarco in Italia. Da qualche mese gli incontri tra l’AD di Telecom Marco Patuano e quello di Netflix Reed Hastings si sono intensificati, elemento che potrebbe portare all’arrivo di Netflix anche da noi nel corso del 2015. Non che ora gli italiani non lo stiano utilizzando, dopotutto tramite degli stratagemmi nemmeno troppo complicati è possibile godersi tutta l’offerta del servizio anche in Italia, ma poterlo fare senza tanti tecnicismi sarà sicuramente più comodo. L'arrivo di Netflix rappresenterebbe una bella svolta dal punto di vista della qualità dei servizi in streaming. Se ora un catalogo in media contiene 3 mila contenuti tra serie TV e film, quello di Netflix arriva fino ad 8 mila, un grande passo in avanti per i nostri standard. Peraltro non si parla (solo) di film vecchi, ma anche di nuove uscite e serie TV appena terminate. Su Netflix infatti uno show viene pubblicato appena va in onda il finale di stagione. Il 2015 sarà l’anno di Netflix.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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