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La saga delle email di Sarah Palin

L’ex-governatore dello Stato dell’Alaska, ed ex candidato repubblicano alla vice-presidenza Usa, è coinvolto in uno scandalo sull’uso improprio di canali privati per svolgere affari di Stato.
A cura di Vito Lopriore
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Sarah-Palin

Sarah Palin, nominata dall’ex-candidato alle elezioni presidenziali John McCain alla vice-presidenza del Partito Repubblicano ed ex-governatore dello stato dell’Alaska, è coinvolta in uno scandalo sullo scambio di email durante il suo mandato di governatore. Nella scorsa settimana, infatti, lo Stato dell’Alaska ha rilasciato 24.199 pagine di email dell’ex governatore, inviate e ricevute durante il suo lavoro d’ufficio. Si tratta anche di materiale richiesto durante la campagna elettorale del 2008, che ha portato Barack Obama alla Casa Bianca e, visto che le problematiche tecniche rispetto al rilascio sono state superate, saranno disponibili in formato cartaceo. Dopo la digitalizzazione saranno consultabili online e ricercabili in un database.

Gli impiegati dello Stato distribuiranno sei box a una dozzina di rappresentanti dei media tra cui Mother Jones, testata giornalistica online, una delle prime ad averne fatto richiesta nel 2008. La notizia è dunque sui giornali e sui siti dei giornali che, includendo lo scanning di migliaia di email, completano la ricerca di informazioni sulla Palin. Questa saga ha avuto inizio con una richiesta risalente a quasi tre anni fa.

Mother Jones è una organizzazione no-profit specializzata in report investigativi sulla politica e sulla giustizia sociale in America. Ha diversi canali di diffusione: una rivista bimestrale nazionale e un sito Web. La finalità principale è quella di un giornalismo intelligente e senza paura per mantenere le persone sempre informate, strumento ritenuto indispensabile alla democrazia; si legge in una nota “Perché siamo davanti a un tempo nuovo. Perchè il giornalismo non è finanziato o legato a corporazioni. Perché vogliamo ottenere risultati; perché stiamo ampliando la nostra copertura di indagine mentre il resto dei media sta scendendo a compromessi. Perché si può contare su di noi per non fare prigionieri, non avere dogmi e dire le cose come stanno, essendo anche divertenti”.

Quando John McCain ha scelto Sarah Palin come sua assistente, i giornalisti si sono interessati alla candidata vice-presidente quasi sconosciuta all’opinione pubblica americana. Un cittadino attivista dell’Alaska, Andrée McLeod, ha usato le cosidette leggi open-record dello Stato per richiedere le email mandate e ricevute da due collaboratori della Palin durante molti mesi del 2008. Le leggi open-record americane prevedono che sia gli impiegati pubblici, sia gli stessi politici e sindaci (considerati allo stesso modo dipendenti pubblici) debbano usare mezzi istituzionali per gli affari riguardanti la collettività e la città in genere. Ciò significa che un governatore, per esempio, non può parlare di affari riguardanti l‘attività di governatore dal proprio cellulare o da un account di email privato, perché questo potrebbe sfuggire a un sistema di registrazione interno della città, o dello Stato, a cui si deve obbligatoriamente essere soggetti. Questo sistema di registrazione permette ai giornalisti e sopratutto ai cittadini di sapere cosa fanno i dipendenti pubblici nell’orario d lavoro, in modo che tutto sia chiaro e trasparente.

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McLeod ha sospettato che i due impiegati stessero violando le regole durante il loro ufficiale orario di lavoro. L'ufficio del governatore ha consegnato quattro scatole grandi di email, parti delle quali sono state usate da McLeod come base per il deposito di una denuncia etica. Molta parte dei documenti però sono stati trattenuti dall'ufficio del governatore: 1.100 email non sono state rese pubbliche perché definite “executive” (del dirigente) dunque proteggevano la comunicazione tra Palin e i suoi collaboratori su questioni di politica. Successivamente si è scoperto che il soggetto di molte delle email trattenute non era relativo a questioni di politica: molte si riferivano infatti ad avversari politici della Palin oppure ad altri noti giornalisti della’Alaska.

Le conseguenze del caso sull'opinione pubblica americana

Così si è materializzato il problema. Nuovi report hanno rivelato che la Palin ha usato un account di email privato Yahoo per condurre affari di Stato (questo account è stato subito rimosso). E’ stato chiesto all’ufficio della Palin se sono state raccolte email relative agli affari: Lida Perez, la direttrice amministrativa dell’ufficio del governo dell’Alaska, ha replicato “Non siamo in grado di accedere alle registrazioni da caselle di posta elettronica non statali in quanto non siamo il proprietario dell'account o clienti dei fornitori”.

La protesta, a questo punto, riguarda l’uso privato e improprio di account nella possibilità della violazione delle regole dello Stato. E’ stata richiesta la rinuncia al pagamento delle spese per la ricerca negli indirizzi di posta elettronica (erano stati chiesti circa 960 dollari per quello di ogni collaboratore, che sono circa 68); giorni dopo ci sono state altre notizie circa l’uso della Palin di un secondo account privato per comunicare con un piccolo circolo di membri dello staff – complicando lo sforzo di recuperare le email.

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Lo Stato ha accettato che non siano dovute le spese per la ricerca, pur rilevando che le spese di copia vengono a costare tra i 7.000 e i 13.000 dollari (Mother Jones, msnbc.com e ProPublica hanno accettato di coprire questi costi per condividere i documenti e sviluppare congiuntamente l’archivio online). Ma ora il problema principale è il tempo necessario per revisionare tali messaggi.

Per le persone che vogliono seguire le email in real time rispetto alla loro diffusione pubblica, molte organizzazioni e siti americani (oltre a Mother Jones) stanno facendo live-blogging per semplificare il processo: MSNBC.com, un canale aperto di Live Blog che mette a disposizione anche documenti PDF per 189 pagine di email, il Live blog del sito Atlantic, ProPublica (che pubblicherà le citazioni favorite anche sul proprio canale Tumblr), e le testate online dei giornali: The Guardian, che sta provvedendo a una copertura live, il New York Times, che propone la visualizzazione delle email sul proprio sito e il Los Angeles Times che ha implementato insieme un archivio e un box dove gli utenti possono effettuare delle ricerche.

Siccome lo Stato dell’Alaska ha deciso di presentare i file digitali in stampe, il processo di scanning dei documenti e di tagging per l’indicizzazione nel database sta creando una community di ricerca sul progetto, formata dai soggetti citati in precedenza. Con l’hashtag #palinemail si possono ricercare gli insight e cercare le keyword di ricerca per leggere altri documenti. Chissà cosa verrà fuori dalle ricerche e dove porteranno l’opinione pubblica americana le scoperte sul contenuto delle email di Sarah Palin, visto il passaparola online e offline di migliaia di utenti e i molti commenti sui siti di informazione.

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