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Lo smartphone si scalda? È colpa del chip (e delle particelle)

Il problema del surriscaldamento è diffuso in tutti i device, dai PC ai tablet, e deriva in gran parte dai chip che li caratterizzano. I ricercatori del MIT hanno scoperto perché.
A cura di Marco Paretti
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computer memory chip

L'ingresso sul mercato e la conseguente evoluzione degli smartphone ha portato con sé un fenomeno collaterale che in molti trovano fastidioso: spesso, smanettando per diverso tempo sul dispositivo, questo si scalda rendendo problematico tenerlo in mano. Il problema del surriscaldamento è ovviamente diffuso in tutti i device, dai PC ai tablet, e deriva in gran parte dai chip che li caratterizzano e che negli ultimi anni sono stati composti da un numero di transistor sempre più alto. È qui che avviene lo scontro tra elettroni e fotoni, le particelle che trasportano il calore.

Perché, quindi, i dispositivi si surriscaldano? Secondo i ricercatori del MIT, la causa sarebbe da ricercare proprio in questi scontri microscopici: da un lato i fotoni provano ad allontanare il calore, disperdendolo, mentre dall'altro le interazioni con gli elettroni ne impediscono il corretto trasporto del calore. Un elemento negativo per il surriscaldamento ma positivo per componenti come i generatori termoelettrici, che proprio dal calore riescono a generare energia e migliorare le prestazioni. Il problema è che man mano che l'evoluzione dei chip avanza, questi sono caratterizzati da sempre più transistor che, di conseguenza, comportano una maggiore presenza di elettroni e una più difficoltosa dissipazione del calore trasportato dai fotoni.

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In realtà l'interazione tra elettroni e fotoni non è una novità, ma i ricercatori si sono sempre concentrati sull'effetto opposto: nei semiconduttori come il silicio, utilizzato per i transistor, i fotoni possono influenzare negativamente la conduzione elettrica proprio perché in grado di ostacolare il flusso di elettroni. Allo stesso modo, sottolineano ora dal MIT, gli stessi fotoni vengono bloccati dagli elettroni nel loro processo di trasporto del calore, provocando una forte diminuzione nella dissipazione, che prima veniva attribuita ad eventuali difetti di fabbricazione. La concentrazione che comincia a creare seri problemi tra elettroni e protoni è quando i primi superano i 1019 elettroni per centimetro cubo, valore a volte inferiore a quello che caratterizza alcuni dei transistor attualmente utilizzati nei dispositivi.

Un problema che in futuro, quando i chip si faranno sempre più piccoli, potrebbe diventare ancora più grave e che già oggi provoca un surriscaldamento chiaramente notabile da tutti gli utenti. La soluzione potrebbe essere costituita dai wide bandgap semiconductors, un materiale semiconduttore che consente ai device di operare ad un voltaggio, frequenza e temperatura maggiori rispetto a semiconduttori come il silicio. Proprio a causa delle sue particolari proprietà, il nuovo materiale potrebbe consentire di disperdere con più efficacia il calore, ottenendo come risultato un surriscaldamento minore.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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