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Nasim Najafi Aghdam, la youtuber vegana che ha sparato nella sede di YouTube

Si chiama Nasim Najafi Aghdam, aveva 39 anni ed era un’attivista vegana. È la youtuber che nella mattinata di ieri – tarda serata italiana – ha aperto il fuoco all’interno della sede di YouTube a San Bruno, in California.
A cura di Marco Paretti
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Si chiama Nasim Najafi Aghdam, aveva 39 anni ed era un'attivista vegana. È la youtuber che nella mattinata di ieri – tarda serata italiana – ha aperto il fuoco all'interno della sede di YouTube a San Bruno, in California. Lo hanno rivelato le autorità locali, diffondendo l'immagine della donna residente a San Diego e confermando che la responsabile si è uccisa dopo aver colpito tre persone, una delle quali è attualmente in condizioni critiche. Un quarto dipendente dell'azienda si sarebbe ferito alla caviglia mentre fuggiva dalla scena della sparatoria. Aghdam, da tempo molto critica nei confronti della piattaforma di condivisione di filmati, aveva pubblicato diversi messaggi e video nei quali accusava l'azienda di "filtrare" i suoi contenuti impedendogli di ottenere visualizzazioni.

"Vengo discriminata e filtrata su YouTube e non sono la sola" affermava in un video ora ripubblicato dalla NBC. "I miei vecchi video ottenevano molte visualizzazioni, ma ad un certo punto hanno smesso di fare numeri. Questo perché mi stanno bloccando". Al momento i profili YouTube, Facebook e Instagram della Aghdam sono stati disattivati, mentre resta online la sua pagina su Dailymotion, un altro portale di condivisione video. È attualmente attivo anche il suo sito web, dove, oltre ai link verso i suoi profili social, sono presenti diversi contenuti critici nei confronti della piattaforma, accusata di impedirgli di fare visualizzazioni.

Di origini iraniane, viveva dal 1996 negli USA

La famiglia di Aghdam, originaria dell'Iran, si è trasferita in California nel 1996. Da qualche tempo la donna viveva a San Diego, a casa della nonna. Per questo motivo i suoi video non erano solo in inglese ma anche in farsi e in turco, così come sul suo sito web le critiche nei confronti della piattaforma sono state scritte nelle tre lingue parlate dalla donna. Non era musulmana né suprematista bianca. Secondo il padre, nessuno in famiglia era al corrente del fatto che la figlia possedesse una pistola. "Forse ne ha comprata una" ha spiegato ai giornalisti.

Cosa pubblicava su YouTube

La donna era particolarmente attiva su tutti i suoi canali social, soprattutto su YouTube dove pubblicava regolarmente un grande numero di video ogni settimana all'interno di quattro canali: uno inglese e tre in farsi e turco. Contenuti che, secondo la responsabile della sparatoria, hanno smesso di generare visualizzazioni per una supposta scelta arbitraria del portale, che nel corso degli ultimi anni ha dovuto gestire un grande numero di polemiche derivanti proprio dalle scelte di gestione della monetizzazione e dei canali più piccoli. Il suo canale più popolare aveva 11.000 iscritti. Su Instagram il suo profilo più utilizzato, dove si definiva "atleta, artista, comica, poeta, modella, cantante, conduttrice, attrice e produttrice", contava 55.000 seguaci, secondo la donna tutti reali. La maggior parte dei contenuti pubblicati da Aghdam riguardavano la cultura vegana e l'esercizio fisico, oltre a diverse denunce di maltrattamenti contro gli animali portate avanti mostrando immagini crude di violenze. Proprio queste ultime, non consentite dalle politiche di YouTube, potrebbero aver contribuito alla demonetizzazione e la parziale deindicizzazione dei suoi video.

Le polemiche e la scomparsa

La famiglia ha denunciato la scomparsa della figlia lo scorso sabato. Secondo il padre, Aghdam era particolarmente arrabbiata contro YouTube per la demonetizzazione dei suoi video. "Continuava a lamentarsi del fatto che YouTube le avesse rovinato la vita" ha spiegato il fratello, Shahran Aghdam. La polizia l'ha ritrovata lunedì addormentata in macchina a Mountain View, nella Silicon Valley. Ora le autorità stanno investigando il movente della sparatoria, anche se appare chiaro che sia legato alla frustrazione della donna nei confronti della piattaforma all'interno della quale pubblicava i suoi video. "Attualmente non ci sono prove che la donna conoscesse le vittime della sparatoria o che specifici individui siano stati presi di mira" ha spiegato la polizia di San Bruno in una nota.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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