Superato lo stupore per l'incredibile cifra spesa da Facebook per acquisire WhatsApp, l'attenzione di gran parte dei quattrocentocinquanta milioni di utenti attivi giornalmente sulla piattaforma di messaggistica istantanea più diffusa al mondo si è immediatamente focalizzata sul problema della privacy, spingendo in molti ad utilizzare applicazioni alternative: una su tutte Telegram, una sorta di clone russo di WhatsApp, che in un solo giorno è riuscita a "rubare" a WhatsApp circa cinque milioni di utenti.
Per calmare le acque e per rassicurare gli utenti, Jan Koum (il CEO di WhatsApp) è intervenuto direttamente sulla questione, pubblicando un articolo nel blog ufficiale della piattaforma, nel quale ha parlato apertamente dell'acquisizione da parte di Facebook e dei nuovi termini sulla privacy.
"Dall’annuncio dell’imminente partnership con Facebook, siamo rimasti avviliti dall' attenzione che ha ricevuto la nostra" – scrive Koum – "Come azienda, siamo particolarmente felici di poter continuare ad offrire a più persone possibili la possibilità di connettersi con amici e persone care, non importa chi siano e dove vivano."
"Il rispetto per la vostra privacy è nel nostro DNA, abbiamo fondato WhatsApp sul principio di “sapere il meno possibile su di voi”: non dovete comunicare il vostro nome ed il vostro indirizzo email. Non sappiamo la vostra data di nascita. Non sappiamo il vostro indirizzo di residenza. Non sappiamo il vostro impiego. Non sappiamo cosa vi piace, cosa ricercate su Internet e non raccogliamo dati sulla vostra posizione. Nessuno di questi dati è stato mai messo insieme e conservato da WhatsApp, e non lo faremo mai […] Se la partnership con Facebook avesse comportato un cambiamento nei nostri valori, non l’avremmo fatta."
Cn questo intervento Jan Koum prova a porre fine alle tantissime polemiche nate dopo l'acquisizione da parte dell'azienda di Menlo Park, mettendo bene in chiaro che la partnership con Facebook non comprometterà la natura di WhatsApp, il cui scopo sarà sempre quello di "connettere le persone e dare loro la possibilità di comunicare senza alcun timore".
Volendo dare fiducia alle parole di Jan Koum però, resta comunque ancora non risolta una faccenda importantissima, della quale abbiamo parlato la settimana scorsa: da uno studio realizzato da uno sviluppatore tedesco è emerso che la versione per Android di WhatsApp sia facilmente vulnerabile. Sarebbe infatti possibile sviluppare un'applicazione in grado di accedere e decodificare il database dei messaggi situato nella scheda di memoria, e di inviare tutti i dati personali ad un server esterno.
Il discorso è chiaro. Se Facebook avesse davvero voluto leggere le conversazioni degli utenti di WhatsApp l'avrebbe fatto comunque, in un modo o nell'altro, magari risparmiando i diciannove milioni di dollari spesi.