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Perché la banda ultra-larga in Italia va a rilento: inutilizzati 3 miliardi già stanziati

Dall’ultimo rapporto Infratel sono emersi preoccupanti ritardi di copertura in banda ultra-larga da parte degli operatori Italiani: le infrastrutture attive sono il 78 percento di quelle promesse al Governo e nonostante i 3 miliardi di euro già stanziati, la seconda fase del piano approvato dall’esecutivo Renzi non è ancora partita.
A cura di Dario Caliendo
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Tra le rige dell'ultima consultazione Infratel emerge un quadro piuttosto preoccupante per la banda larga in Italia: gli operatori telefonici stanno costruendo un numero di reti a banda ultra-larga sensibilmente inferiore a quanto promesso, e i 3 miliardi di di euro stanziati dall'esecutivo Renzi risultano ancora inutilizzati. Insomma, in una classifica europea che vede il Bel Paese da sempre in difficoltà in tema banda ultra-larga, e nonostante il recupero degli anni scorsi, l'Italia rischia di accumulare nuovi ritardi per le infrastrutture digitali.

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Secondo l'azienda che, sotto il controllo del Ministero dello Sviluppo economico, si occupa del piano banda ultra larga con cui l'Italia costruisce le reti con i fondi pubblici in zone in cui gli operatori non hanno intenzione di investire, mancherebbero ben 3 milioni e 200 mila numeri civici alla copertura promessa dagli operatori telefonici, nelle zone indicate al Governo in cui si sarebbero dovute attivare connessioni in banda ultra-larga con investimenti privati.

La seconda fase del piano banda ultra-larga va a rilento

E nonostante il piano proceda come previsto, con i bandi pubblici gestiti da Infratel che al 2021 non prevedono "buchi" di copertura, per portare a termine l'obiettivo dell'Italia di completare l'attivazione delle infrastrutture in banda ultra-larga ad 1 Gigabit nelle aree grigie, è necessario dare il via alla "fase due" del piano che, però, è rimasta ferma con questo Governo.

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I 3 miliardi di euro disponibili, tra i quali sono inclusi anche voucher a incentivo per l'acquisto di abbonamenti, sembrano non essere sufficienti per dare un'accelerata ai lavori di questa seconda fase, che vanno talmente a rilento da richiedere una interlocuzione con la Commissione europea per evitare il rischio che tutto questo si trasformi come aiuti di Stato alle aziende.

E ad accorgersi che è palesemente arrivato il momento di velocizzare i tempi è Luigi Di Maio, che proprio nei giorni scorsi ha annunciato una convocazione per le Regioni, con lo scopo di avviare nel minor tempo possibile la seconda fase del piano banda ultra-larga.

Il 5G è la possibile soluzione al problema

Il problema di fondo sta nello scarso utilizzo della tecnologia 4G in Fixed Wireless Access (FWA), ossia una tecnologia wireless utilizzata dagli operatori molto meno di quanto promesso al Governo, per portare le connessioni veloci soprattutto nelle zone suburbane e le aree grigie. È chiaro, però, che se l'obiettivo del piano banda ultra-larga è quello di aumentare la diffusione delle connessioni a 1 Gigabit nel territorio italiano, la tecnologia 4G potrebbe rivelarsi insufficiente per lo scopo, soprattuto in termini di costi e banda disponibile.

Il futuro della banda ultra-larga in Italia potrebbe dipendere invece dal 5G in FWA, una tecnologia ormai più che rodata e già utilizzata negli Stati Uniti, dove Verizon riesce a garantire connessioni wireless da 1 Gigabit anche nelle zone in cui non sono presenti infrastrutture FTTH che permettono la connessione alla rete in fibra ottica direttamente nell'appartamento o nell'ufficio.

Tra i player italiani più attivi nell'uso del 5G in FWA, ci sono Fastweb e Vodafone, che hanno annunciato l'arrivo di offerte 5G in Fixed Wireless Access in alcune delle principali città italiane. Ma, considerando che l'arrivo del 5G in gran parte delle zone d'Italia (e non solo nelle 5 principali città) potrebbe dover richiedere almeno altri due anni, probabilmente i residenti nelle aree suburbane e delle zone grigie, dovranno aspettare ancora qualche anno per poter usufruire di tutti i vantaggi della banda ultra-larga.

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