"Qualcuno sarà mai in grado di raggiungere il re del cellulari?". Siamo nel novembre 2007 e sulla copertina dell'ultimo numero di Forbes capeggia questa domanda, appena sotto il nome di un brand che tutti riconoscono: Nokia. Un miliardo di utenti in tutto il mondo, dispositivi di ogni tipologia e fascia di prezzo, oltre la metà del mercato assicurata sotto la propria ala. Cosa può andare storto? Come può cadere un'azienda così forte tanto da diventare un fenomeno culturale? Quando quasi tutto il mondo possiede un tuo prodotto, cosa può farlo scivolare via dalle sue mani? La risposta nel 2017 è tanto semplice quanto complessa, perché se sappiamo che 10 anni fa la chiave di svolta ha preso il nome di iPhone, oggi la situazione è solo in parte simile a quella dell'epoca d'oro dei cellulari.
Il "re del mobile", come lo definiva Forbes, nel 2007 era nel pieno delle forze: con oltre il 50 percento del mercato nelle sue mani l'azienda finlandese sembrava inarrestabile, così come apparentemente lo erano Research In Motion e i suoi BlackBerry, fulcro del mondo business e aziendale. La copertina di Forbes è stata solo l'ultima celebrazione di questo primato. E mentre il CEO di Nokia sfilava fieramente in camicia e giacca con un 6555 all'orecchio, qualche mese prima un 52enne in girocollo saliva su un palco per presentare un telefono controcorrente e totalmente nuovo. Il risultato? Re e regina sono caduti in pochi anni.
La sicurezza, forza e anche un pizzico di arroganza hanno contribuito a generare una risposta all'annuncio del primo iPhone che ha quasi rasentato lo scherno. Lo descrive perfettamente un estratto del libro "Losing the Signal: The Untold Story Behind the Extraordinary Rise and Spectacular Fall of BlackBerry" riferito alla presentazione dell'iPhone e, in particolare, alla presenza sul palco di del CEO di Cingular Wireless, poi divenuta AT&T:
Il giorno dopo il keynote Mike Lazaridis, uno dei fondatori di BlackBerry, mise il co-CEO Jim Balsillie davanti al filmato di Steve Jobs.
"Jim, voglio farti vedere questo" gli disse, aprendo il video della presentazione dell'iPhone. "Hanno inserito un browser completo su quella cosa. Gli operatori non ci hanno mai fatto inserire un browser completo nei nostri prodotti".
Il primo pensiero di Balsillie fu che RIM stava per perdere AT&T come cliente.
"Apple ha avuto un accordo migliore" disse Balsillie. "Non ci è mai stato consentito questo. Il mercato Usa sarà più difficile".
"Questi ragazzi sono davvero forti" rispose Lazaridis. "Questo è differente".
"È tutto ok, staremo bene" concluse Balsillie.
Le ultime parole famose, in tutti i sensi possibili. Agli occhi di una realtà come Research In Motion l'iPhone non rappresentava una minaccia, tuttalpiù uno sfizio che qualche utente poteva togliersi. "La batteria si consumava velocemente e la tastiera virtuale era un'idea terribile" sosteneva Larry Conlee, COO di RIM.
Eppure tutti sappiamo com'è finita.
Apple ha lanciato l'iPhone e ogni anno lo ha migliorato. Poi, nel 2008, ha fatto esplodere una seconda rivoluzione con l'apertura dell'App Store. Il risultato? I colossi mobile dalle copertine di Forbes sono passati a dover raccogliere le briciole. Nokia è stata fatta a pezzi, comprata, venduta, riacquisita e di nuovo fatta a pezzi. BlackBerry è passata dal controllare quasi il 30 percento del mercato ad avere solo l'1 percento, precipitando da ricavi pari a 1,9 miliardi di dollari a perdite da 5,8 miliardi di dollari. In 5 anni re e regina sono stati completamente spazzati via dal mercato. E ora che Apple, Samsung e Huawei sono i nuovi re, la domanda resta sempre la stessa: qualcuno sarà mai in grado di raggiungerli?
Il mercato è imprevedibile, ma qualche elemento per decifralo lo abbiamo. Partendo prima di tutto da quello che è stato il più grande errore del 2007: l'aver sottovalutato Apple e il nuovo fenomeno degli smartphone. L'aver definito la tastiera terribile, il form factor bello ma inutile, la batteria troppo scarsa. L'iPhone troppo di nicchia per poter competere con i grandi. Oggi questo errore si ripeterebbe? Forse, ma le aziende hanno dimostrato che quando si presenta un possibile competitor la strategia si è trasformata in qualcosa di molto più accogliente rispetto al rifiuto di 10 anni fa. Se sul mercato si affaccia una tecnologia potenzialmente "pericolosa" la si acquisisce, come successo più volte negli ultimi anni. Oppure, se questa non vuole essere acquisita, la si cannibalizza.
Basti pensare alla sfida Facebook/Snapchat: prima c'è stato il tentativo di acquisizione, poi la più spudorata copia da parte dei prodotti di Zuckerberg che però ha portato al primato nel campo delle "Storie", dove Instagram ha superato persino il loro ideatore Snapchat. Oggi quella copertina rappresenta un ottimo esempio di un settore sempre in crescita e totalmente imprevedibile com'è quello tecnologico, dove dimensioni, numeri e clienti non importano se non c'è innovazione. Ma allo stesso tempo suggerisce che chiunque in un decennio può arrivare a volare ancora più in alto. Nel 2017 in copertina ci sarebbe Tim Cook con un iPhone, tra 10 anni chissà. Ma i grandi, gli apparentemente invincibili, potrebbero aver imparato dagli errori dei loro predecessori.