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STOP SOPA, da Google a WordPress, ecco i big che hanno aderito allo sciopero

I grandi della rete scendono in piazza contro il disegno di legge sulla pirateria online al vaglio del Congresso. C’e’ chi come Wikipedia ha oscurato il sito, altri come Google hanno messo un banner di protesta contro la proposta, mentre Twitter si defila dalla protesta.
A cura di Angelo Marra
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Come annunciato ieri alcuni dei più importanti nomi del web si sono uniti per protestare contro la SOPA, (Stop Online Piracy Act), la legge presentata da Lamar Smith al Congresso degli Stati Uniti che vorrebbe imporre agli ISP la responsabilità penale per i contenuti ritenuti illegali (cioè che violano le leggi sul copyright, ulteriormente inasprite dal disegno di legge stesso), con la possibilità addirittura di offuscare l'intero sito anche di fronte alla minima irregolarità.

Oltre a migliaia di utenti che protestano contro l'ennesimo tentativo di limitare la libertà in rete sono scesi in campo anche grandi nomi del calibro di Google, Wikipedia e WordPress.

PROTECT IP / SOPA Act Breaks the Internet

Video ufficiale della protesta contro il disegno di legge SOPA al vaglio del Congresso degli Stati Uniti

Riuniti nell'associazione NetCoalition, creata ad hoc per opporsi al disegno di legge di Smith, i big hanno proclamata uno sciopero online per la giornata di oggi, a cui hanno aderito molti nomi più o meno famosi (almeno in Italia).

Vediamo insieme le reazione nel mondo della rete.

Wikipedia

STOP SOPA da Google a WordPress ecco i big che hanno aderito allo sciopero2

Come vi avevamo anticipato ieri, la versione in inglese della celebre enciclopedia online non sarà accessibile per 24 ore. Al posto della grafica tradizionale, un messaggio su sfondo nero recita:

 WE NEED YOU TO PROTECT FREE SPEECH ONLINE

The Wikipedia community has authorized a blackout of the English version of Wikipedia for 24 hours in protest of proposed legislation — the Stop Online Piracy Act (SOPA) in the U.S. House of Representatives, and the PROTECTIP Act (PIPA) in the U.S. Senate — that, if passed, will harm the free, secure, and open Internet. These bills endanger free speech both in the United States and abroad, setting a frightening precedent of Internet censorship for the world.

Today we ask you to take action.

Google

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Anche BigG si oppone al SOPA, anche se il motore di ricerca ha deciso di non chiudere i battenti come Wikipedia, ma di pubblicare sulla schermata più famosa al mondo un messaggio chiaro che recita “Tell Congress: Please don't censor the web!”, con un link che porta alla pagina di spiegazioni del perchè Mountain View come gli altri si oppongono alla legge liberticida. Inoltre il celebre Doodle è coperto da un'evidente etichetta nera che ne oscura il testo.

WordPress

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La famosa piattaforma blog ha deciso invece di seguire le orme di Wikipedia oscurando del tutto il sito anche se l'acceso è rimasto garantito. Sulla home page campeggia comunque il medesimo messaggio contro la SOPA oltre a diversi form per poter scrivere al Congresso e manifestare il proprio dissenso.

Mozilla

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Anche Mozilla e la sua famiglia in prima fila per lo sciopero anti SOPA. La home page di default di Firefox riporta anch'essa la scritta STOP CENSORSHIP, oltre al canonico link per avere tutte le informazioni sulla protesta.

La lista dei big non finisce certo qui. Tra chi ha deciso una drastica chiusura del sito a chi ha semplicemente manifestato il proprio appoggio all'iniziativa, sono numerosi i siti (quasi tutti americani ovviamente) che si sono aggiunti all'appello. Tra questi troviamo anche Boing Boing, MineCraft, Reddit, Cheezburger Network, MoveOn.org, TwitPic, Minecraft.net, Riot Games, Epic Games, 38 Studios, Red 5 Studios, Imgur, Tor Project, Miro, Oreilly.com, Good Old Games, Free Press, Mojang, XDA Developers, Destructoid e Good.is.

Il caso Twitter

Nonostante la buona causa e l'ampia partecipazione di nomi di grosso calibro, Twitter ha deciso di non aderire l'iniziativa. Con un tweet pubblicato due giorni fa, il CEO della piattaforma di microblogging Dick Costolo ha affermato: “Chiudere un business globale in reazione a una politica di una singola nazione, è folle”.

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Pur essendo contrario al disegno di legge, Twitter preferisce delegare quindi ad altri la protesta, sposando piuttosto la filosofia del business is business, di certo un atteggiamento poco coraggioso rispetto ai suoi colleghi.

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