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Usi troppo lo smartphone? Metti a rischio i rapporti con la tua famiglia

L’abuso della tecnologia potrebbe rendere difficoltosa la distinzione tra la realtà e la finzione, compromettendo anche i rapporti interpersonali e familiari. È questo quanto emerso da una ricerca realizzata dall’Associazione nazionale Di.Te. che evidenzia come oltre il 30% dei giovani non pratichi alcuna attività con la propria famiglia, per colpa delle distrazioni digitali.
A cura di Dario Caliendo
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Sempre più ragazzi vivono con il cellulare sempre tra le mani. Giocano, chattano con gli amici, scorrono i feed dei social network. E pare che non ne possano proprio farne a meno. È una triste realtà, della quale ormai tutti si sono resi conto, ma per la quale sempre meno genitori tentano di trovare una soluzione, spesso perché sono loro stessi ad avere i medesimi atteggiamenti. È così come potrebbe sembrare scontato mettere in risalto questo modo di vivere sempre più diffuso, potrebbe sembrare altrettanto scontato il risultato a cui porta: sempre meno ragazzi e ragazze parlano o fanno attività con i propri genitori.

Sempre più giovani si "ritirano in rete"

A mettere in risalto (statisticamente) il problema è una nuova ricerca condotta dall'Associazione nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, cyberbullismo, gap) presentata in occasione della terza Giornata nazionale sulle dipendenze tecnologiche e il cyberbullismo e realizzata in collaborazione con il portale Skuola.net, con la quale è stato confermato un trend sempre più in crescita, grazie ad una serie di interviste condotte con 10.000 ragazzi di età compresa tra i 10 e i 21 anni.

È così è uscito fuori che il 31,83% degli intervistati (ossia circa 1.800.000 adolescenti se si rapporta la percentuale con i dati nazionali) hanno sostenuto che la tecnologia sottrae tempo alle attività di condivisione familiare, come cucinare assieme, fare sport o giocare. "I mezzi tecnologici consumano le energie. Anche i genitori sono ipercoinvolti da questi strumenti." – ha commentato Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net – "Il nostro cervello, che è una sorta di computer naturale, ha una capacità di attenzione, di risposta agli stimoli e di memoria limitata. Se siamo assorbiti dagli input dei device e dalla rete, presteremo poca attenzione al resto. Anche ai figli".

E questa triste realtà, porta con sé un problema palese: se i giovani hanno sempre meno esperienze reali, avranno anche meno ricordi da portare dentro sé nella vita. Ed è dello stesso parere anche Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te, che spiega come "Ci stiamo privando di due aspetti importanti della crescita: l’esperienza e il ricordo. Le due chiavi che ci hanno permesso di evolvere negli anni. Soprattutto con l’arrivo degli smartphone, abbiamo optato per fare più esperienze digitali che reali, affidando i ricordi agli album archiviati nelle memorie dei cellulari, la memorizzazione delle password a un’app, giusto per fare qualche esempio. I figli, oltre a fare poche esperienze con i genitori, conoscono pochissimo della storia delle loro radici. E questo non aiuta a creare legami profondi".

Ed è chiaro che condividere sempre meno esperienze nella vita reale, potrebbe rendere anche più fragili i rapporti con le altre persone, o addirittura azzerare del tutto i (veri) legami profondi: a dichiararlo è il 5,91% degli intervistati (cioè quasi 350.000 adolescenti se si rapporta la percentuale alla popolazione generale), che ha confermato di non aver avere amici nella vita reale. Mentre il 13.28% degli adolescenti intervistati è convinto che i suoi veri amici siano quelli che frequentano online.

"Sentire di non avere amici nella vita reale può condurre all’isolamento sociale. Tema che non dobbiamo sottovalutare, anche perché molti ragazzi si sentono non adeguati, e il 20,95% del giovani, più di 1.200.000 ragazzi se rapportati ai dati nazionali, si sente dire dai genitori che non vale niente" – ha aggiunto Giuseppe Lavenia – "L’adolescenza è una fase delicata: se facciamo poche esperienze, se non coltiviamo ricordi e memorie, e se le parole che riceviamo in questo momento di vita sono giudicanti e poco motivanti, allora il rischio è quello di rifugiarsi in luoghi considerati più sicuri e dove non ci si sente giudicati".

Si trascorre troppo tempo online, soprattutto la notte

A quanto pare le funzioni Benessere digitale di Google e Tempo di utilizzo di Apple, per quanto giuste e sacrosante non hanno molta influenza sugli adolescenti, che passano sempre più tempo utilizzando lo smartphone. Quasi il 33% degli intervistati ha dichiarato di trascorrere con lo smartphone almeno 3 – 4 ore, il 12,75% dalle 5 alle 6 ore e il 15,8% supera le 6 ore. I dati raccolti dallo studio, inoltre, evidenziano come il 14,35% dei ragazzi intervistati utilizza lo smartphone per 2-3 ore di notte, con un'altra conseguenza molto preoccupante: il 41,85% dichiara che ha spesso difficoltà a dormire.

"I ragazzi usano il cellulare di notte soprattutto per parlare con altri coetanei. Questo fenomeno si chiama vamping, e ha anche ripercussioni sul rendimento durante la giornata. Se si dorme poco si è meno attenti, meno reattivi" – ha spiegato Lavenia – "Chattano di notte, molto spesso, perché durante il giorno sono impegnati in altre attività. Questo ci deve far domandare dove sono i genitori. Gli adulti investono più sul futuro che sul presente dei ragazzi".

Il problema del cyberbullismo e del sexting

Infine c'è il problema del cyberbullismo e del sexting, due fenomeni indipendenti ma in un certo senso collegato tra loro. Il 44,97% degli intervistati ha ammesso di essere stato vittima di almeno un atto di bullismo, mentre il 17,12% ha ammesso di averne compiuto uno.

E le percentuali aumentano quando si parla di sexting: "tra i 13 e i 15 anni, scambia foto intime il 6% del campione, tra i 16 e i 18 anni fa sexting il 17,1% dei ragazzi, tra i 19 e i 21 il 41,7% e sopra i 21 invia e riceve foto intime il 21,4% dei giovani.

"Non sono in grado di comprendere quanto sia pericoloso inviare le immagini del loro corpo. – ha aggiunto Lavenia –  "Non danno più valore al corpo e sono distanti dalla percezione del pericolo".

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