A Clubhouse serve più moderazione: può fomentare disinformazione e odio online
Se i social network ci stiano unendo o dividendo è una domanda che in molti si stanno ormai ponendo da anni, e le stesse domande andranno prima o poi affrontate anche in Italia per quel che riguarda il social network del momento — ovvero Clubhouse. La piattaforma basata sulle conversazioni audio in tempo reale sta raccogliendo recensioni entusiastiche da parte di chi è già al suo interno, ma il fatto che da noi sia arrivata soltanto di recente non deve portare a ignorare critiche che le vengono mosse all'estero già da alcuni giorni, o addirittura settimane e mesi: in effetti stando a osservatori, giornalisti e ricercatori la natura di Clubhouse nasconde il potenziale per il diffondersi di incitazioni alla violenza e alla divisione, e i gestori dovranno prendere la minaccia sul serio per evitare che la situazione sfugga loro di mano.
Clubhouse come gli altri social
In generale la natura doppia delle piattaforme di comunicazione online è nota da tempo. Social come Facebook e Twitter rendono più facile metterci in contatto, ma nel farlo amplificano legami a specifici gruppi di appartenenza discriminando chi non ne fa parte, rafforzano convinzioni fino a trasformarle in dogmi e diffondono informazioni che si propagano sulla base del loro impatto emotivo anziché della loro veridicità. Clubhouse — è la denuncia di chi ne sta seguendo lo sviluppo negli Stati Uniti prima e nel resto d'Europa poi — non fa eccezione, e anzi presenta aspetti che la mettono maggiormente a rischio rispetto ad altre destinazioni online.
I temi controversi
La piattaforma è nata a marzo del 2019 negli Stati Uniti con regole ben precise: oltre a un sistema a inviti che non è ancora stato abolito, prevede il divieto di diffondere all'esterno (registrandoli o trasmettendoli in tempo reale) gli audio generati all'interno delle stanze. Questo ha reso difficile parlare e descrivere il social nei mesi della sua nascita, ma ha anche fatto in modo che chi sostiene posizioni razziste, antisemite e generalmente violente o intolleranti si sentisse più protetto nel discuterne all'interno dell'app; la denuncia è arrivata dall'imprenditrice e ricercatrice Sarah Szalavitz, ma negli scorsi mesi diversi incidenti e le conseguenti reazioni hanno costretto gli sviluppatori dell'app a parlare apertamente del fenomeno.
La posizione dei gestori
In un intervento pubblico sul tema datato ottobre 2020 i gestori di Clubhouse hanno dovuto chiarire la propria posizione in merito a fenomeni come razzismo, suprematismo, incitamento all'odio e antisemitismo, assicurando di avere un piano per la moderazione e la rimozione dei contenuti violenti in grado di adeguersi all'ingrandimento della comunità. Nelle poche settimane successive però Clubhouse ha raddoppiato il numero degli utenti ed è sbarcata in Europa e in oriente, dove fenomeni simili rischiano di ripetersi anche in virtù del fatto che le lingue parlate — moltiplicandosi — richiederanno ai tecnici dell'app uno sforzo maggiore per la moderazione dei contenuti.
La sfida per il futuro
Da noi la situazione è ancora lontana dal trasformarsi in come viene descritta oltreoceano, ma i prodromi non mancano. La comunità di utenti italiani è in aumento e la moderazione delle stanze è lasciata a due soli elementi: il primo sono i moderatori dei ritrovi, che altro non sono che semplici utenti della piattaforma; il secondo sono i pulsanti per la segnalazione dei contenuti, che vanno azionati sempre dagli utenti e che rimandano a un team di impiegati del gruppo incaricato di verificare la validità delle segnalazioni.
Le dimensioni di questo team non sono note, ma la sfida che li attende in tutto il mondo è dura: occuparsi di migliaia (presto decine di migliaia) di stanze con utenti che parlano decine di lingue diverse. Il tutto in tempo reale e senza neanche prendere in considerazione il tema delle fake news — che non violano i termini d'uso del servizio ma che, diffuse a mezzo social, hanno già dimostrato altrove di poter creare danni su scala macroscopica.