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Opinioni

Amazon sulle condizioni lavorative: “Ecco quello che il New York Times non vi ha detto”

“Quello che il New York Times non vi ha detto”. Inizia con questa frase la risposta di Amazon all’articolo della testata americana che aveva svelato condizioni lavorative impossibili e discriminatorie, sollevando un polverone mediatico attorno ad un’azienda spesso criticata dal punto di vista del lavoro.
A cura di Marco Paretti
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"Quello che il New York Times non vi ha detto". Inizia con questa frase la risposta di Amazon all'articolo della testata americana che aveva svelato condizioni lavorative impossibili e discriminatorie, sollevando un polverone mediatico attorno ad un'azienda spesso criticata dal punto di vista del lavoro. Il duro contrattacco di Amazon parte dalla citazione, ormai famosa, di Bo Olson, ex dipendente che durante un'intervista con il Times aveva affermato di aver "visto piangere alla propria scrivania praticamente ogni persona con cui ho lavorato". Iniziando da queste due affermazioni Jay Carney, Vice Presidente per gli affari aziendali di Amazon, attacca la testata americana due mesi dopo la pubblicazione dell'articolo.

"Ecco cosa non vi è stato detto sul signor Olson: la sua breve esperienza in Amazon è terminata dopo che un'indagine ha svelato i suoi tentativi di truffare i venditori falsificando i registri" ha spiegato Carney. "Quando è stato messo davanti alle prove, ha ammesso tutto e si è licenziato". Secondo il manager dell'azienda, l'articolo del Times è stato volutamente basato solo su testimonianze di persone chiaramente in contrasto con il colosso dell'e-commerce, scegliendo di non raccontare ogni aspetto della vita lavorativa nonostante i rapporti tra giornalisti e Amazon siano stati costanti per oltre sei mesi.

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La risposta di Carney continua citando alcuni dei lavoratori che si sono prestati a raccontare al Times la loro vita all'interno dell'azienda, chiarendo gli elementi non presenti nell'articolo. Elizabeth Willet ha affermato di essere stata discriminata attraverso lo strumento di valutazione interno, ma secondo Carney ha ricevuto solo tre valutazioni positive, mentre Dina Vaccari, spiega il manager, non è stata costretta a non dormire per quattro giorni ma ha scelto di farlo volontariamente.

"Ce ne sono altri. Se una storia ha due facce, i lettori meritano di conoscerle entrambe" continua Carney. "Le regole base del giornalismo dicono che i fatti vanno controllati e le fonti esaminate". L'articolo, secondo le intenzioni iniziali dei giornalisti del Times, doveva riguardare tutti gli aspetti della cultura lavorativa di Amazon e non, come dichiarato da uno degli autori durante le interviste, "un pezzo sugli aneddoti di ex dipendenti scontenti". "Eppure l'articolo pubblicato è proprio questo" conclude Carney. "Presentando tutti i dettagli relativi ai casi in questione abbiamo chiesto al Times di correggere il pezzo, ma non è stato fatto". Così l'azienda ha deciso di scriverne su Medium.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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