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“Ascolta e condividi”: adesso le fake news si diffondono anche con messaggi audio

Conoscevamo già le difficoltà di applicazioni come WhatsApp nel combattere la diffusione delle fake news virali, grazie anche alla crittografia, se questi poi vengono realizzati mediante messaggi audio le cose si complicano ulteriormente, rendendo ancora più difficile verificare le segnalazioni.
A cura di Juanne Pili
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Su WhatsApp le fake news si sono evolute: non bastano solo i messaggi scritti, ma un ruolo importante lo giocano ormai anche quelli audio. Sono già molto diffuse infatti le bufale inoltrate mediante messaggi vocali. La più eclatante è stata forse quella che nel giugno scorso annunciava la morte di Diego Armando Maradona. Il diretto interessato non l’ha presa certo con filosofia. Difficile non resistere alla tentazione di condividere un messaggio che annuncia la morte di un Vip, in nome del cattivo costume in base al quale “nel dubbio condivido”. La novità sta nella natura orale dei messaggi audio divenuti virali su WhatsApp.

Perché non possiamo fare a meno dei messaggi audio

La piattaforma di messaggistica di Facebook con oltre 1 miliardo di utenti non può ormai fare a meno dei messaggi audio, divenuti un modo molto popolare per scambiare informazioni – specialmente se possono essere indiscrete – in modo da non lasciare alcuno scritto suscettibile di essere fotografato, per poi venire diffamati in un secondo momento. Anche altre piattaforme di messaggistica come Messenger e iMessage prevedono i messaggi vocali, ma non hanno ancora la diffusione che vanta WhatsApp. La sicurezza di poter scambiare questi contenuti coperti dalla crittografia ha fatto il resto, tanto che lo stesso Maradona avrebbe messo una “taglia” pari a 10.000 dollari nella speranza – piuttosto vana – che qualcuno riesca a identificare l’autore del finto necrologio diffuso a suo danno; ma ci sono cose che non hanno prezzo, come la sicurezza dei messaggi protetti dalla crittografia, tanto da creare imbarazzi anche agli stessi creatori di WhatsApp.

Un fenomeno difficile da combattere

Crittografia e formato audio sono una combinazione perfetta, tanto più che è estremamente difficile spiarli, anche ammettendo la possibilità di prendere il controllo remoto del microfono integrato nei dispositivi. Così è molto difficile verificare i messaggi virali su WhatsApp. Stando ai dati della società, il 90% dei messaggi viene inviato tra due utenti, rendendo più facile che questi vengano presi per veri, rispetto a quando vengono visti in “galleria”. Da questo punto di vista è stato già fatto un passo avanti, introducendo l’opzione “Media Visibility”, nella speranza di arginare il più possibile la viralità dei messaggi scambiati tramite chat e gruppi. Questo è molto importante se teniamo conto del fatto che la natura stessa di WhatsApp impedisce un concorso degli algoritmi nella diffusione dei contenuti. Molto dipende dall’attività degli utenti.

Promuovere il fact checking miglior soluzione

Nelle recenti elezioni messicane e indiane il problema dei messaggi audio virali su WhatsApp ha assunto una dimensione che va a toccare la propaganda politica, con annesse fake news volte a orientare l’elettorato. I governi hanno risposto alla minaccia con appositi servizi online, come “Verificado 2018” in Messico. D’altro canto WhatsApp non poteva far finta di niente, annunciando una nuova etichetta che indicherà quando un messaggio è stato inoltrato da un altro utente. L'etichetta verrà applicata a livello globale su tutti i formati: testo, immagini, video e audio. Ma la sfida più grande ritenuta centrale anche dagli amministratori, sarà quella di promuovere il più possibile il fact checking, ovvero una maggiore sensibilità verso la verifica delle fonti, premiando quelle più corrette. Non sarà proprio una passeggiata.

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