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Blocco dei siti per violazione della privacy, arriva il sì della Corte UE

La Corte di Giustizia europea sentenzia su una causa molto attesa, ponendo per la prima volta alcuni limiti alle facoltà dei giudici di bloccare siti web che contengono materiale protetto dal diritto d’autore ed imponendo alcuni vincoli relativi ai diritti degli utenti e dei provider internet.
A cura di Dario Caliendo
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Dalla corte di Giustizia europea arriva una sentenza, molto attesa, su una causa che vede contrapposte  l'UPC Telekabel Wien (un internet provider austriaco) e le case cinematografiche Wega e Constantin Film Verleih, in merito ad un'ingiunzione da parte della Magistratura austriaca secondo la quale il provider avrebbe dovuto impedire l'accesso ad un sito da cui a quanto pare sarebbe possibile scaricare o vedere in streaming contenuti coperti da diritto d'autore.

Giunta l'ingiunzione, il provider ha provato a opporsi rivolgendosi alla Corte di Giustizia europea sostenendo di non avere alcun rapporto commerciale con il sito incriminato e che non sarebbe mai stato dimostrato che i suoi utenti abbiano agito in modo illecito, aggiungendo inoltre che le diverse misure di blocco sarebbero tecnicamente aggirabili e molto onerose.

Secondo la Corte però "non è necessario un rapporto particolare tra il soggetto che commette la violazione del diritto d'autore e l'intermediario nei confronti del quale può essere emessa un'ingiunzione", e "non è necessario neppure dimostrare che gli abbonati del fornitore d'accesso consultino effettivamente i materiali protetti accessibili sul sito Internet del terzo". Insomma, nulla da fare per UPC Telekabel Wien, che si è trovata costretta ad oscurare il sito Kino.to tramite un "sequestro preventivo del sito", una modalità da tempo comune anche in Italia. Un'esempio lampante sono il maxi sequestro preventivo eseguito qualche giorno fa dalla Guardia di Finanza, che si è rivelato un vero e proprio flop, affiancato dalle le grandi critiche da parte dell'associazione Aiip contro gli ordini di blocco basati sugli indirizzi IP in quanto gravosi e tali da danneggiare il normale funzionamento della rete

Il futuro della giurisprudenza in materia

La sentenza della corte di Giustizia europea impone per la prima volta dei limiti alla libertà d'impresa del provider ed ai diritti degli stessi utenti: secondo quanto ha sentenziato la Corte quindi, i Giudici, nell'emanare un blocco, lascerebbero ai provider la facoltà di decidere in che modalità eseguirlo, in base alle risorse già disponibili all'azienda in modo da non danneggiare l'operatore stesso.

Per quanto riguarda il rispetto dei diritti degli utenti invece, la Corte chiede che il blocco riguardi solo i contenuti effettivamente lesivi del diritto d'autore, rendendo possibile agli utenti stessi l'accesso alle parti lecite del sito incriminato dall'ordine di sequestro: nella sentenza si legge, infatti che "i diritti fondamentali in parola non ostino ad una tale ingiunzione, alla duplice condizione che le misure adottate dal fornitore di accesso non privino inutilmente gli utenti di internet della possibilità di accedere in modo lecito alle informazioni disponibili".

Una decisione tecnicamente possibile, ma attuabile esclusivamente quando i siti incriminati non utilizzino server esteri (cioè mai) ed utilizzando una tecnologia denominata Deep Packet Inspection, che prevede l'ispezione da parte degli internet provider del traffico dei singoli utenti: una pratica dichiarata lesiva dei diritti di privacy in precedenti sentenze della Corte stessa.

In soldoni, con la sentenza di oggi la Corte di Giustizia europea chiarisce ogni dubbio circa la possibilità di oscurare i siti web che contengono materiale che viola il copyright, ma lo fa imponendo una serie di paletti come mai prima d'ora, complicando ulteriormente la situazione.

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