Bocciato l’Emendamento Fava, la SOPA italiana torna al mittente
Diciamoci la verità, erano pochi a dubitarne. L'emendamento a firma Fava che prevedeva l'obbligatorietà per gli ISP di rimuovere i contenuti sotto richiesta di soggetti terzi (oltre alla magistratura, come avviene attualmente) aveva ben poche possibilità di poter passare.
Qualche illusione l'onorevole leghista doveva essersela fatta quando il suo emendamento aveva ottenuto l'ok da parte della Commissione Politiche Comunitarie, ma la bocciatura in Parlamento era quasi scontata e puntualmente è arrivata decisa con 365 voti contrari e 57 a favore.
I motivi sono diversi. Ad influire sul voto dei parlamentari dev'esserci stato sicuramente il caos negli Stati Uniti dopo che il repubblicano texano Lamar Smith aveva presentato al Congresso il SOPA, un disegno di legge molto simile ritirato dopo un clamoroso sciopero online e le proteste accorate degli utenti americani.
Con un tempismo unico nel suo genere, Fava, dall'alto della sua competenza come Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, ha deciso contemporaneamente di tentare una mossa simile anche nel nostro Paese.
Peccato che nella foga all'onorevole leghista sia sfuggito un particolare di non poco conto, ovvero la mancanza nel suo emendamento della sezione riguardante gli eventuali accertamenti giudiziari o amministrativi in fase preliminare, fondamentali per stabilire se effettivamente un determinato contenuto debba essere o meno rimosso. In parole povere, una proposta fatta male, a prescindere dall'opinione sulla questione della responsabilità degli ISP.
A favore dell'emendamento perduto si è schierata, oltre alla Lega naturalmente, anche Confindustria Cultura Italiana, che nelle parole del Presidente Pollo ha parlato della bocciatura come di un “potenziale incentivo all'illegalità”, auspicando un deciso intervento dell'AgCom in materia.
A plaudere per una volta la scelta della Camera è invece la rete, con l'Associazione Agorà che parla dell’”ennesima sconfitta della strategia della repressione rispetto ai nuovi modelli di fruizione e creazione dei contenuti abilitati dalla Rete”.