Come la serie di Halo è stata influenzata dalla Guerra al Terrorismo statunitense
Videogiochi e apparato politico-militare hanno da sempre uno stretto rapporto. Basti pensare al primo prototipo videoludico, Tennis for Two, realizzato nel 1958 da William Higinbotham, fisico che aveva partecipato al progetto Manhattan sulla bomba atomica. Quelli erano gli anni della Guerra Fredda e persino una simulazione virtuale di una partita a tennis poteva essere un'arma per ribadire la superiorità tecnologica statunitense su quella sovietica. Con la diffusione del videogioco tra il pubblico di massa e con il progressivo sviluppo che ha investito il medium negli anni, tale rapporto è diventato sempre più evidente, soprattutto in titoli ambientati in contesti bellici. Poco importa se tali contesti siano di pura fantasia e non reali: l'influenza della cultura militare USA riesce a inserirsi perfettamente, forse anche inconsciamente, all'interno di opere di intrattenimento videoludiche, come accade nella serie di Halo, icona della storia di Xbox.
La serie appartiene al genere Sci-Fi, perché racconta di un futuro lontanissimo in cui i Covenant, alieni uniti da una forte fede religiosa, invadono i pianeti del Comando Spaziale delle Nazioni Unite (UNSC). Per porre fine a questa minaccia, viene assoldato Master Chief, un super soldato biopotenziato. Il primo capitolo sviluppato da Bungie, Halo: Combat Evolved, venne lanciato nel 2001, lo stesso anno dell'attentato alle Torri Gemelle, evento da cui ebbero inizio le guerre in Afghanistan (2001) e in Iraq (2003). Una coincidenza che andrà a influenzare l'estetica della serie negli anni avvenire.
Come riportato da Andrew Liptak di Polygon, Halo ha assorbito la narrazione militare del tempo, attraverso la riproposizione di armature, armi ed equipaggiamenti utilizzati dai Marines durante la Guerra al Terrorismo. Lo afferma lo stesso Josh Holmes, creative director di Halo 4: "Siamo influenzati dalla nostra esperienza nel mondo reale, per questo volevamo portare una prospettiva più realistica su come sarebbe lottare contro una forza aliena ostile. […] Abbiamo cercato di aggiornare il linguaggio di progettazione per l'UNSC e trarre ispirazione dalle moderne attrezzature militari per aiutare i giocatori". Il ricorso ad elementi tratti dalla realtà è diffuso all'interno dei videogiochi, perché permettono di dare un senso di familiarità a chi gioca. Un po' come accade in Assassin's Creed II, che presenta edifici storici non ancora costruiti all'epoca in cui è ambientato il gioco, ma che sono stati comunque inseriti per far capire al pubblico internazionale di operare all'interno di Firenze.
Non stupisce quindi il richiamo ad armi e armature utilizzate realmente dai Marines in una serie fantascientifica come Halo. Un richiamo sempre più attento e fedele grazie alla potenza tecnologica delle console Xbox susseguitesi nel tempo: "La maggiore potenza di motori [grafici] e console ha cambiato drasticamente i nostri budget riservati a poligoni e texture usati in tutte le risorse del gioco, consentendoci di creare contenuti a risoluzione molto più elevata e con maggiori dettagli", dichiara a Polygon Marcus Lehto, art director di Bungie. Ecco quindi l'attenzione per minuzie come fibbie, indumenti, cinghie, borse e armi all'interno di Halo. Persino Matthew Callahan, ex veterano della guerra in Afghanistan, sostiene che i conflitti combattuti dagli Stati Uniti in Medio Oriente permeano la cultura popolare americana. Adesso bisogna vedere come Halo Infinite, nuovo capitolo della serie in arrivo il prossimo 8 dicembre su Xbox Series X|S e PC, reinterpreterà nuovamente tale influenza.
In generale, questo discorso non riguarda solamente la serie di Halo, ma l'intero settore dell'intrattenimento. Già Matthew Brummer, in un articolo del 2016 pubblicato su The Diplomat, riporta come l'apparto politico-militare statunitense abbia un'influenza, tramite anche rapporti di consulenza diretta, sui cinecomics e sui videogiochi sparatutto, tra cui Call of Duty. Anche il giornalista Ed Halter, nel suo libro From Sun-Tsu to Xbox, si sofferma su questo rapporto, che dura da decenni e che condiziona gli immaginari collettivi, rendendo la guerra, le armi e la lotta contro l'altro pura normalità. Elementi che fanno parte della cultura americana sin dalla narrazione western, ma che con i conflitti moderni trovano nuova linfa espressiva.