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Covid 19

Cosa abbiamo imparato dal lancio dell’applicazione australiana contro il coronavirus

COVIDSafe è l’applicazione lanciata dal governo australiano per tracciare i casi di coronavirus nel paese. Nata dal flop di Singapore (dove l’adozione è stata troppo bassa), deve dimostrare che soluzioni di questo tipo possono essere efficaci anche senza violare la privacy degli utenti. In vista dello sbarco dell’app italiana, Immuni.
A cura di Marco Paretti
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La prova generale non è andata benissimo: TraceTogether, l'app utilizzata da Singapore per il tracciamento dei casi, si è rivelata un flop a causa della scarsa adozione da parte dei cittadini. Un elemento che la soluzione del governo australiano, COVIDSafe, vuole evitare con un martellamento importante per ricordare alle persone di scaricare e usare l'app. COVIDSafe nasce proprio dalle ceneri di TraceTogether (tanto che inizialmente aveva mantenuto lo stesso nome) e deve dimostrare che un'applicazione di questo tipo può essere utile. Perché attenzione: i paesi che hanno utilizzato app di questo tipo prima di Singapore lo hanno fatto con pesanti ripercussioni sulla privacy, utilizzando anche il tracciamento della posizione delle persone. Queste versioni, invece, utilizzano solamente il Bluetooth Low Energy (BLE) per registrare i contatti tra i cittadini. Lo stesso metodo che utilizzerà la nostra Immuni.

Come funziona COVIDSafe

Per questo osservare da vicino COVIDSafe è importante anche per noi, che tra qualche settimana ci ritroveremo a dover gestire un'applicazione molto simile. Il funzionamento è semplice: l'app utilizza il segnale Bluetooth Low Energy (una variante più "leggera" del normale Bluetooth) per registrare i contatti avvenuti a meno di 1,5 metri di distanza collegandosi agli altri smartphone che hanno l'app installata. Se lo scambio dura più di 15 minuti, il software registra la data, l'orario, la durata del contatto e la distanza, per poi immagazzinare questi dati nel telefono per 21 giorni, dopodiché vengono cancellati. Se un utente risulta positivo al coronavirus, però, il sistema può inviare una notifica a tutti gli utenti con cui ha avuto contatti contenente istruzioni su come agire.

Il funzionamento è del tutto simile a quello che caratterizzerà Immuni, che però ha ancora molti punti da chiarire nelle settimane che verranno. Nel caso dell'app australiana, invece, i test hanno già dimostrato che dal punto di vista della sicurezza il software sembra mantenere le promesse fatte dal governo. Le prime analisi da parte di sviluppatori indipendenti hanno dimostrato che l'app non comunica con nessun server remoto né trasmette dati all'esterno, l'unica comunicazione effettuata è un "handshake" verso un server: un modo per stabilire una comunicazione sicura senza scambio di dati, nulla di preoccupante. I dati vengono immagazzinati in un server posizionato nel paese, basato sugli Amazon Web Services e caratterizzato dalle più alte certificazioni di sicurezza. Pur trattandosi di un'azienda americana, il governo australiano ha assicurato che gli Stati Uniti non potranno accedere ai dati.  Anche nel caso di COVIDSafe, così come sarà per Immuni, il governo renderà pubblico il codice sorgente per permettere ad altri governi ed esperti di utilizzare e analizzare l'app alla ricerca di eventuali falle.

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Il problema con gli iPhone

Detto questo, l'applicazione non è esente da problemi ma, anzi, il lancio australiano ne sottolinea uno estremamente importante: un'applicazione di questo tipo senza il supporto annunciato da Apple e Google rischia di non funzionare a dovere. Il motivo è semplice: sulla carta il funzionamento tramite Bluetooth Low Energy è semplice ed efficace, ma nella pratica si scontra contro la rigidità di sistemi operativi come iOS. E infatti in Australia il primo grosso problema riscontrato è che l'app per iPhone smette di funzionare in alcuni casi. Se per esempio il telefono si trova in modalità di risparmio energetico, l'app non è più in grado di usare il BLE e l'app diventa inutile. Così come l'app deve essere attiva in background per poter funzionare, ma anche in questo caso iOS potrebbe mettersi di traverso se molte app provano a utilizzare contemporaneamente il Bluetooth. Insomma, il problema è che al sistema operativo di Apple il tracciamento non piace e per proteggere la privacy da invasioni indesiderate ha sempre reso difficile l'utilizzo in background di elementi come il Bluetooth. Ora il tracciamento è però necessario e voluto anche dalla stessa Apple, ma le app sono app e anche quella del governo australiano si deve scontrare con l'impostazione attuale di iOS.

La soluzione? Il tanto chiacchierato sistema annunciato da Apple e Google che prevede un'integrazione efficiente proprio di queste applicazioni governative, alle quali i sistemi operativi consentiranno di agire in background senza le limitazioni che caratterizzano gli altri software. Il problema è che questo sistema è stato annunciato ma non è ancora disponibile, elemento che ha reso il lancio australiano "zoppo". Il governo ha assicurato che nel corso delle prossime settimane l'implementazione del sistema integrato di Apple consentirà di gestire in maniera più semplice l'app e lo stesso dovrebbe valere per Immuni, che potrebbe essere lanciata dopo l'arrivo di questa novità. Ma per il momento COVIDSafe si affiderà a un metodo macchinoso: invierà una notifica push a tutti gli utenti chiedendogli di ricordarsi di aprire l'app.

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Quali dati chiede COVIDSafe

Al netto di questo, la procedura di avvio dell'app è relativamente semplice e richiede solamente una veloce registrazione. Una volta scaricata e aperta, COVIDSafe mostra una serie di informazioni sul suo funzionamento, tra cui il tracciamento dei contatti, l'utilizzo del Bluetooth Low Energy e la policy sulla privacy. Infine, attraverso un form è possibile indicare nome, età, CAP e numero di telefono. Per quanto riguarda i permessi, l'app chiede di accedere al Bluetooth, ai permessi sulla posizione e alla gestione della batteria. L'accesso ai permessi sulla posizione non significa che l'app registrerà i movimenti: si tratta di una funzione necessaria per l'utilizzo del Bluetooth su Android e iOS. Una volta effettuata la registrazione, l'app è pronta. A quanto pare non esiste un'opzione per effettuare il logout: l'unico modo per fermare la registrazione dei contatti è quello di eliminare l'applicazione.

Quanti utenti ha l'app (e quanti deve averne)

Ora resta da capire l'altra grande incognita, la stessa che ha portato al flop dell'app di Singapore: il tasso di adozione. Perché un'applicazione di questo tipo sia efficace deve essere adottata dalla maggior parte della popolazione: nel caso dell'Italia, si parla del 60% degli italiani, per un totale di circa 36 milioni di utenti. Un dato mai visto per un'app, ma che rappresenta un elemento fondamentale per l'efficacia di questo sistema. In Australia l'adozione iniziale è stata buona: un milione di download nelle prime 5 ore, 2,44 milioni nelle prime 24 ore. La quota ottimale fissata dal governo australiano si attesta sul 40 percento della popolazione, circa 11 milioni dei 25,67 milioni di cittadini. Infine, l'ultimo elemento fondamentale è quello dei tamponi: come abbiamo già sottolineato, le applicazioni di tracciamento sono inutili se le persone non sanno di essere positive. All'adozione di questa soluzione tecnologica, quindi, va per forza di cose associato un incremento della procedura di test in tutto il paese.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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