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Così Facebook ha fatto pressioni sui politici europei contro le leggi sulla privacy

Una enorme operazione di lobbying nei confronti di alcuni dei principali politici internazionali con l’obiettivo di controllare e addolcire la normativa sulla privacy entrata in vigore lo scorso anno, il GDPR. È quanto svelato da un documento interno altamente confidenziale pubblicato da Computer Weekly e Observer.
A cura di Marco Paretti
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Una enorme operazione di lobbying nei confronti di alcuni dei principali politici internazionali che, soprattutto in Europa, ha colpito commissari UE, premier e ministri con l'obiettivo di controllare e addolcire la normativa sulla privacy entrata in vigore lo scorso anno, il GDPR. È quanto svelato da un documento interno altamente confidenziale pubblicato da Computer Weekly e Observer, inviato dal manager di Facebook Marne Levine il 27 gennaio 2013 ad un gruppo interno chiamato "Public Policy" e a Elliot Schrage, che al tempo era il responsabile delle relazioni esterne del social network. Il documento rappresenta un rapporto sulla presenza dell'azienda al World Economic Forum appena conclusosi a Davos, un importante punto di incontro che si è svolto durante le discussioni europee in merito al GDPR.

Il file di 14 pagine inviato da Levine cita i contatti che la delegazione di Facebook ha avuto con nove politici e i commenti sugli esiti di questi incontri che puntavano a spingere queste figure a collaborare per controllare e modificare la normativa altrimenti dannosa per l'espansione dell'azienda guidata da Mark Zuckerberg. Più volte il manager del social network definisce queste persone "amici di Facebook". Tra questi c'è, per esempio, Viviane Reding, al tempo commissaria europea per la Giustizia, definita "l'architetto del Regolamento sulla privacy" ma con la quale "non abbiamo una buona relazione" perché "ha notato che siamo troppo aggressivi nel profilare gli utenti".

Discorso diverso con l'allora primo ministro irlandese Enda Kenny, che, forte degli "investimenti importanti fatti in Irlanda" e la presenza del quartier generale a Dublino, si è dimostrato più collaborativo. "Enda Kenny sarà il presidente dell'Unione Europea per i prossimi sei mesi" spiega Levine. "Questo significa che avrà la possibilità di influenzare la riforma della direttiva europea sui dati". Kenny, che in seguito alla pubblicazione del documento è finito al centro di forti polemiche, si è detto in grado di influenzare fortemente il regolamento sulla privacy nonostante il ruolo neutrale dell'Irlanda.

Vengono definiti positivi nei confronti dell'azienda anche Michel Barnier, Neelie Kroes, Fleur Pellerin e Christian Paradis. Joaquin Almunia, commissario alla Concorrenza, aveva invece assicurato l'assenza di denunce formali o informali contro Facebook. "Almunia è interessato a sviluppare una relazione con noi, preferisce discutere le questioni prima che diventino indagini" spiegava Levine. Infine, l'ex cancelliere dello scacchiere britannico George Osborne avrebbe effettuato delle richieste ben precise, cioè che "Facebook faccia sostanziali investimenti finanziari nella Tech City, l'hub delle compagnie digitali vicino a Londra, e vuole più programmi di training nelle scuole inglesi". Osborne ha inoltre aiutato a lanciare il libro della direttrice operativa di Facebook, Sheryl Sandberg, sulla presenza femminile nel mondo del lavoro. Un libro che, secondo il documento, veniva percepito come uno strumento di lobby a favore di Facebook, soprattutto agli occhi dei legislatori donne.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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