Come andranno le cose ormai è noto. L'arrivo del nuovo digitale terrestre, che richiederà lo switch off dell'attuale standard televisivo DVB-T a favore del DVB-T2 ed avverrà entro il 2022, renderà obbligatorio a tutti gli italiani (e i cittadini dell'Unione Europea) di sostituire tutte le TV e i decoder non compatibili, con modelli più moderni e in grado di decodificare il nuovo segnale. E nonostante si tratti di un cambio generazionale piuttosto drastico, gli effetti che porterà con sé non saranno così clamorosi come è avvenuto meno di dieci anni fa con il passaggio dalla TV analogica al digitale terrestre.
Ma avverrà per un motivo ben preciso. Su input dell'Unione Europea e stabilito nel Decreto Ministeriale 19 giugno 2019 del Mise, le emittenti televisive nazionali dovranno liberare la banda di frequenze dei 700 MHz per renderla disponibile agli operatori telefonici, che dovranno aggiornare tutte le proprie infrastrutture e renderle compatibili con il 5G. La nuova tecnologia di rete mobile ultra veloce che funziona, guarda caso, proprio su questa pregiata banda.
Così il 5G ha scalzato la TV tradizionale
Ma cosa cambia in termini pratici? Per riuscire a comprendere la "TV del futuro", è necessario analizzare la questione su due piani ben specifici. Per le trasmissioni televisive tradizionali, cambierà poco e niente: i canali disponibili continueranno ad essere sempre gli stessi (il mercato non verrà ampliato come è successo 10 anni fa) e le trasmissioni continueranno ad andare in onda come se nulla fosse successo. Certo, grazie all'attivazione della codifica MPEG-4 nell'ultimo quadrimestre del 2021 molte più emittenti avranno la possibilità di trasmettere anche in 4K (una risoluzione molto difficile da gestire con l'attuale codifica video, molto meno performante), ma milioni di italiani dovranno vivere il disagio di iniziare a sostituire il proprio televisore o il proprio decoder, anche usufruendo del cosiddetto Bonus TV, un incentivo con il quale lo Stato contribuirà all'acquisto di un nuovo dispositivo.
Insomma, a guardarla così, con il prossimo switch off del digitale terrestre non cambierà nulla. In realtà però, c'è un altro lato della medaglia che ancora in pochi stanno valutando con cognizione di causa, ed è un fattore fondamentale per riuscire a capire in pieno la strada che presto intraprenderà la TV. L'arrivo del 5G, cioè delle reti cellulari ultra veloci, aprirà a milioni di italiani le porte della banda ultra-larga in mobilità. Perché se l'attuale rete 4G è più che sufficiente per navigare il web ed accedere ai social network, non si può dire lo stesso per l'accesso ai contenuti on-demand, già disponibili è vero, ma poco utilizzati dalla stragrande maggioranza delle persone proprio per il tempo di attesa che in alcuni casi bisogna sopportare.
Ed è proprio questo che sarà la TV del futuro. L'arrivo del 5G e dei contenuti on demand istantanei sui dispositivi mobili, "costringerà" le emittenti televisive a modificare sostanzialmente l'asset delle trasmissioni che certo, continueranno ad esistere, ma saranno affiancate da piattaforme sempre più ricche di contenuti accessibili sempre e in ogni luogo, il che avrà un forte impatto anche sulle dirette: con il 5G tutti potranno accedere a contenuti in alta definizione in pochi istanti, e le emittenti televisive (Rai e Mediaset comprese) dovranno "modernizzarsi" e renderli disponibili. Un assaggio di questa "modernità" lo stiamo già avendo con Mediaset Play e Rai Play, per non parlare della prima trasmissione televisiva esclusivamente in streaming messa in onda da Fiorello o di DAZN, la piattaforma di streaming per lo sport. Ecco, basti pensare a questi due esempi, e ai problemi di qualità e di lag di cui hanno sofferto inizialmente (soprattutto su dispositivi mobili), per capire come con l'arrivo del 5G potrebbe rendere le cose più fruibili e con meno compromessi.
Quindi, il 5G ha scalzato davvero la TV tradizionale? Assolutamente sì, e non solo per una questione di frequenze, ma la costringerà ad evolversi. E, in un certo senso, costringerà un'evoluzione, anzi un cambiamento, anche per quanto riguarda gli investimenti pubblicitari: andando avanti per questa strada, gli spot pubblicitari trasmessi in TV saranno sempre più affiancati da campagne che dovranno essere inserite anche nei contenuti on demand o nelle dirette disponibili solo in streaming. Ed è un cambiamento che sta già accadendo.
In Italia si sostituiranno almeno 10 milioni di TV, ma non tutte sono da buttare
Con il passaggio al DVB-T2, il nuovo digitale terrestre, si calcola che circa 18 milioni di famiglie italiane si ritroveranno costrette a sostituire i propri apparati televisivi. Secondo Remedia, il consorzio che gestisce i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) è stimata una raccolta di circa 10 milioni di TV obsoleti.
Con una crescita a livello mondiale del 3-4% all'anno, i rifiuti tecnologici sono uno dei problemi più importanti per la cura dell'ambiente. È quindi importante capire se il proprio dispositivo è da sostituire o meno. In linea di massima, per riuscire a capire se la propria televisione o il proprio decoder sono compatibili con il DVB-T2, basterebbe controllare nel libretto delle istruzioni (o sull'imballo dell'apparecchio) la presenza della dicitura DVB-T2. Qualora non si avessero a disposizione queste informazioni, si potrà controllare la lista completa degli standard compatibili con il proprio dispositivo, controllando sul sito web del produttore o, magari, contattando l'assistenza tecnica.
È inoltre possibile collegarsi al sito di TivùSat, l'azienda partecipata dai principali operatori del settore, nel quale è possibile verificare se la TV o il decoder hanno il bollino Platinum, che segnala proprio la compatibilità con gli standard di nuova generazione. In generale, se si è acquistato l'apparecchio nel 2017 o in un anno successivo, assicurandosi che si trattasse di una serie prodotta nello stesso anno, non si dovrebbero avere particolari problemi: è proprio dal 2017 che i produttori hanno iniziato a vendere TV e decoder dotati di compatibilità con lo standard DVB-T2.
Come riciclare la vecchia TV
Il ricambio medio delle TV per le famiglie italiane non si esaurirà certo con l'anno in arrivo e potrebbe durare addirittura otto anni. Chiunque abbia la necessità di liberarsi del vecchio televisore o del vecchio decoder, ha però il diritto di consegnarlo al punto vendita nel momento dell'acquisto del nuovo apparecchio, usufruendo del servizio "Uno contro uno", oppure lo potrà portare nella più vicina isola ecologica del proprio comune di riferimento.
"In un contesto come quello di oggi fortemente influenzato dalla digitalizzazione e dal passaggio a uno stile di vita sempre più smart, è fondamentale essere presenti e vigili in tutte le tappe di questa rivoluzione tecnologica che si evolve sempre più rapidamente, con un inevitabile impatto sulla crescita dei rifiuti tecnologici a livello mondiale” – ha commentato Danilo Bonato, direttore generale Remedia – "Come consorzio nazionale ci rivolgiamo a tutti gli attori in campo, quindi anche ai cittadini, per accrescerne la consapevolezza e responsabilizzarli sul loro importante ruolo per realizzare una corretta filiera del riciclo, soprattutto quando si parla di elettrodomestici come i televisori, oggetti di larga diffusione che possono trasformarsi in rifiuti di difficile gestione. Conoscere diritti e possibilità a disposizione per la corretta raccolta del rifiuto è il primo passo per una gestione ecosostenibile dei Raee, puntando a limitare l’impatto ambientale che svolte tecnologiche di questo tipo possono provocare".
Portare avanti un corretto riciclo dei vecchi apparati televisivi è fondamentale. Basti considerare che da una TV si può recuperare l'89% dei materiali che, se riciclati ad opera d'arte, saranno riutilizzati in altri cicli produttivi.