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Foxconn, il lato oscuro della Mela

Mentre nel “Primo Mondo” i prodotti Apple sono diventati ormai uno status symbol, un simbolo di progresso e benessere economico, nei paesi dove vengono assemblati i devices i lavoratori sono sottoposti a condizioni di vita disumane, con percentuali di suicidi drammatiche. Ecco cosa si nasconde dietro al luccicante mondo del “sogno” di Cupertino.
A cura di Angelo Marra
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Prima di introdurre un argomento spinoso e controverso come questo, occorre fare almeno due precisazioni per amor di cronaca. In primo luogo Apple, come qualsiasi altro grande produttore informatico, non realizza i prodotti che vende all'interno dei propri stabilimenti ma si affida a partner di terze parti, non avendo quindi, almeno in teoria, una relazione diretta con gli operai delle catene di montaggio.

In secondo luogo bisogna precisare che la politica adottata da Cupertino nei confronti delle aziende fornitrici e i rapporti che quest'ultime hanno con gli operai sono i medesimi, al netto delle dovute differenze, di quelli adottati da tutti gli altri produttori. Addentrarsi pertanto nel “lato oscuro della Mela” non vuole essere certo una crociata contro un obbiettivo particolare, in questo caso il gigante informatico, ma nell'osservare le condizioni di vita e di lavoro di chi produce i famosi smartphone e tablet la contraddizione con il lusso che caratterizza il mondo di Apple appare ancora più stridente.

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Questo mese è stato di sicuro uno di quelli che rimarranno nella storia di Cupertino, non solo per la triste scomparsa del fondatore Steve Jobs, ma anche per il lancio del nuovo iPhone 4S, l'ultimo gioiello tecnologico prodotto dall'azienda della mela. Il modello di punta, quello dotato di 64Gb di memoria interna, ha un prezzo di 850 dollari, piazzando il nuovo melafonino tra i devices più costosi della categoria. Del resto si sa, acquistare un prodotto made in Cupertino grava sempre in maniera maggiore sul portafoglio rispetto ad altri modelli equivalenti, ma ci consente di entrare nel “magico mondo Apple”, un mondo chic fatto di stile e tecnologia.

Peccato che questo universo dorato abbia dietro di sé un'altra faccia tutt'altro che opulenta, dove non c'è lusso e non c'è progresso, e l'unica “tendenza” diffusa è raccapricciante: il suicidio.

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Parliamo della Foxconn, gigante taiwanese che fornisce hardware per i big dell'industria informatica mondiale e nei cui stabilimenti prendono vita tutti gli i-devices più amati al mondo. Le fabbriche della Foxconn sono sparse in mezza Cina e contano centinaia di migliaia di operai e più volte sono finite nel mirino delle organizzazioni per i diritti umani a causa delle condizioni atroci in cui lavorano gli operai, nonostante il fatturato dell'azienda, nella sola prima metà del 2011, sia stato di 943 milioni di dollari.

Non si parla soltanto di stipendi al di sotto della fame, ma di condizioni alienanti, impossibilità di socializzazione e fortissime pressioni da parte dei capi. Il triste epilogo di una situazione così drammatica è purtroppo diventato consuetudine e il numero dei suicidi tra i dipendenti è in costante crescita. Una situazione inaccettabile che più volte è stata portata all'attenzione dell'opinione pubblica, con tantissime denunce da parte delle associazioni umanitarie.

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L'ultimo caso salito agli onori della cronaca è di due anni fa, quando Sun Dayong, un giovane laureato che lavorava nel reparto logistico della Foxconn, è stato accusato da un'indagine interna di aver sottratto l'ultimo modello dell'iPhone. Pur dichiarandosi più volte innocente, secondo le testimonianze di alcuni amici, Sun si sarebbe lamentato in seguito di essere stato picchiato e umiliato da parte di una squadra di sicurezza dell'azienda. Poche ore più tardi, dopo aver lasciato un angoscioso messaggio alla fidanzata, Sun si è suicidato lanciandosi dal dodicesimo piano del palazzo in cui viveva. Nell'sms inviato alla ragazza, il 25enne aveva scritto “Ho avuto dei problemi. Non dire niente alla mia famiglia”.

Il caso di Dayong purtroppo non è stato né il primo né l'ultimo e l'azienda taiwanese è finita nell'occhio del ciclone. China Labor Watch, un'organizzazione che si occupa proprio di monitorare le condizioni di lavoro delle fabbriche cinesi, ha dichiarato che la gestione della Foxconn è “disumana e priva del rispetto fondamentale dei diritti umani”.Un giornalista freelance, in visita in alcuni stabilimenti, si è visto rifiutare il permesso di filmare le catene di montaggio per questioni di “segreto industriale”, mentre i vertici dell'azienda licenziavano i suicidi come “delusioni d'amore”.

Il produttore di hardware, messo sotto accusa, non ha potuto più fingere di ignorare il problema e si è adoperato per risolverlo. Ha scelto però di farlo nella maniera più macabra possibile. Invece di avviare un piano modernizzazione delle condizioni degli operai e di alleviare l'enorme pressione del menagement, ha reagito al problema istallando intorno ai propri edifici una lunga rete che costeggia la costruzione, per evitare che i dipendenti decidano di buttarsi giù.

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Non finisce qui. Nei contratti che i poveri disgraziati firmano con la multinazionale, il produttore ha inserito la clausola di “non togliersi la vita e non farsi del male”, oltre alle t-shirt con la scritta “Amiamo Foxconn” e “Amiamo Terry Gou” (CEO Foxconn).

Naturalmente anche Apple è stata accusata più volte di non controllare che le proprie aziende fornitrici rispettassero condizioni di lavoro dignitose e umane, ma non sembrava interessata ad andare oltre a qualche blando comunicato ufficiale in cui si impegnava ad una maggiore pressione. Nei primi mesi dello scorso anno però, la situazione è precipitata, con undici tentativi di suicidio di cui nove tragicamente riusciti, tanto da costringere persino il CEO di Foxconn ad ammettere la tragicità degli eventi, minimizzando comunque il numero dei decessi rispetto al numero elevato di dipendenti.

Servizio di Al Jazeera sui suicidi alla Foxconn

(Eng)

Intanto negli Usa venivano indette persino manifestazioni contro Apple, rea di richiedere forniture eccessive alla Foxconn, portando quest'ultima a calcare la mano sugli operai. Cupertino ha deciso così di reagire in maniera più energica e concreta, inviando ispettori in tutte le aziende fornitrici a verificare che gli standard fossero rispettati.

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Il risultato delle indagini, pubblicato in un rapporto chiamato Apple Supplier Responsibility 2011 Progress Report, ha rivelato condizioni di lavoro ben al di sotto del disumano. Oltre 10 impianti avevano assunto più di 100 lavoratori bambini, centinaia di lavoratori ammalati a causa dell'utilizzo di sostanze chimiche nocive durante la lavorazione, militarizzazione interna, ritmi di lavoro di 14h giornaliere per un totale di 109 euro mensili, tassi di suicidio oltre il limite del tollerabile.

Apple ha dichiarato di aver interrotto i legami con alcuni fornitori inadempienti e di averne costretti altri a rispettare condizioni di vita dignitose. Nel suo rapporto, per ciò che riguarda il problema delle morti volontarie, gli ispettori di Cupertino hanno lodato la Foxconn per aver inserito un gruppo di psicologi aziendali a supporto degli operai e per aver istallato le famose reti antisuicidio, che “oggettivamente hanno salvato delle vite”.

Dopo lo scandalo sembra che le cose siano leggermente cambiate, ma le condizioni sono ancora ovviamente lontanissime dagli standard occidentali e la catena di suicidi non arriva a fermarsi. Dall'inizio dell'anno siamo già a quota 3, il che porta ad un numero totale di 18 in pochi anni, il tutto per consentire ai giovani occidentali di “Pensare differente”.

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