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Gianluca Dettori racconta il suo percorso da Vitaminic a Dpixel

Gianluca Dettori, fondatore e presidente di Dpixel, racconta a Dialoghi Digitali la sua storia professionale, dai primi anni in Olivetti dove ha curato tutto il lancio di Italia Online fio al suo ruolo di venture capitalist e finanziatore di start-up innovative.
A cura di Fanpage Admin
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gianluca dettori

Gianluca Dettori, fondatore e presidente di Dpixel, società di venture capital nel settore hi-tech, domina le scene del business italiano della Rete da circa 14 anni. In questo periodo ha ricoperto posizioni dirigenziali in aziende come Olivetti e Lycos, ha dato vita insieme a Franco Gonella e Adriano Marconetto a Vitaminic, piattaforma per la distribuzione di musica digitale, fino a giungere ad oggi e al suo ruolo di venture capitalist, finanziatore di start-up innovative come quella di crowdsourcing di cui lui stesso entusiasticamente ci parla.

È una storia intensa ed affascinante quella che Gianluca racconta a Dialoghi Digitali, ricca di aneddoti, di incontri con personaggi importanti, dove l’innovazione e la capacità di cogliere nuove opportunità giocano costantemente un ruolo fondamentale.

Vorrei incominciare parlando un po’ degli esordi della tua storia professionale. Innanzitutto ti chiedo che tipo di studi hai fatto…

Ho fatto Economia a Torino. Prima, quando ero al liceo ho avuto la possibilità di fare un anno di studio in California, ho frequentato la quarta liceo negli Stati Uniti.

Quando sei approdato in Olivetti? E qual è stato il tuo percorso in azienda?

Sono arrivato in Olivetti nel 1995 e ho curato tutto il lancio di Italia Online. Li sono stato due anni: inizialmente ero assistente marketing e quando sono uscito ero direttore commerciale. Dopo l’esperienza in Olivetti sono stato poi assunto da Bertelsmann, dalla joint venture con Lycos per fare il lancio di Lycos in Europa. Eravamo in 7, io mi occupavo dell’Italia. Ero direttore generale. Poi ho fondato Vitaminic nel 98/99.

Prima sei stato Direttore Marketing e Vendite di Italia Online SpA, e poi Direttore Generale di Lycos. In che misura queste esperienze di respiro internazionale hanno determinato il passo successivo nella tua storia professionale, cioè la creazione di una start-up?

Si in effetti in quegli anni avevo molti amici in questo settore, molti lasciavano le società per creare delle start-up. Ad esempio un mio amico aveva lasciato l’Olivetti e aveva fondato una grossa community che si era poi quotata in borsa. In effetti il contesto internazionale agli inizi della mia carriera è stato molto utile. Si può dire che in Olivetti l’hanno anche inventato il venture capital per molti aspetti.

Vitaminic è stata realizzata insieme a Franco Gonella e Adriano Marconetto: vi conoscevate da tempo, eravate amici?

Si dai tempi dell’università; con Frank ci eravamo conosciuti all’università, lui era stato il mio tutor, il mio professore sul seminario sui nuovi media che c’era all’università di Torino. Con Frank dopo l’università ci siamo persi di vista e poi ci siamo rincontrati a Milano. Lui mi ha presentato Adriano che al tempo era direttore commerciale della Robe di Kappa, direttore marketing e comunicazione della Kappa. Una sera chiacchierando è venuta fuori quest’idea, ne abbiamo discusso, abbiamo deciso di provarci e abbiamo dato vita a Vitaminic.

Il progetto Vitaminic ha in qualche modo a che vedere con la tua passione per la batteria?

L’idea di fare Vitaminic risale comunque ai tempi di Lycos. Con Lycos che era un motore di ricerca noi avevamo ovviamente questa possibilità di vedere le ricerche che venivano fatte dagli utenti, perché vendevamo la pubblicità collegata alle ricerche. Ad un certo punto era saltata fuori la parola “mp3” in cima alla lista e non sapevo nemmeno cosa fosse. Poi ho indagato, ho scoperto cos’era l’mp3. E da musicista, se vuoi, questa cosa ti viene subito: posso creare musica, sbatterla su un file e distribuirla. E da qui è nata l’idea di creare una piattaforma per i musicisti per distribuire musica, che era Vitaminic.

Ci racconti l’incontro con Elserino Piol per Vitaminic?

È stato molto divertente perché Elserino innanzitutto aveva sentito parlare di me, o meglio si era informato quando aveva visto che andavo a parlargli, perché nel mio curriculum ovviamente c’era l’email e dal momento che lui era stato l’amministratore delegato della capogruppo si era informato su di me ecc ecc… Quando sono andato a parlargli di Vitaminic è stato molto divertente, lui è stato molto schietto. Mi ha detto: “ Mi sembra una roba molto interessante. Mi sembra che voi siete delle persone molto presentabili, il progetto mi sembra molto ambizioso però francamente non ci ho capito un tubo. Non ho assolutamente capito di cosa state parlando, musica, artisti, case discografiche.” Perché Piol era stato per tanti anni in Olivetti, ha fatto computer mainframe ma di case discografiche ecc, ne sapeva ben poco.

Però la combinazione volle che suo figlio Alessandro che vive a New York e lavora negli Stati Uniti e si occupa di venture capital da tanti anni, in quel tempo stesse lavorando a un’operazione di venture capital su una società che era abbastanza simile a Vitaminic, anche se era più uno store di musica che faceva la vendita dei brani famosi, e quindi conosceva perfettamente il settore. Combinazione quel giorno era in ufficio. Elserino disse: “Parlate con mio figlio, se lui vi da l’ok allora per noi va bene investire.” Da lì abbiamo incominciato a lavorare con loro e poi alcuni mesi dopo abbiamo chiuso il primo contratto in cui hanno finanziato la società.

Ripensando a quell’incontro, oggi che sei anche tu un venture capitalist, cos’è, secondo te, che ha maggiormente colpito Piol del progetto che gli hai presentato, quali doti hai sfoderato per convincerlo?

Credo che molto sia dipeso dal fatto che eravamo un gruppo ben architettato; non ero solo, eravamo in tre e le mie esperienze si sommavano a quelle degli altri: Adriano lasciava la Robe di Kappa come direttore commerciale, Frank faceva il consulente di marketing strategico per grosse società media. Insomma il fatto che avessimo lasciato le nostre rispettive aziende per fare questa nuova società era importante, eravamo un team di professionisti. Io, nello specifico, erano quattro anni che lavoravo nel settore internet e ai quei tempi ero un veterano, oggi è diverso, sono passati tanti anni. A quei tempi insomma avevo esperienze molto valide. E poi l’idea era molto ambiziosa, era molto giusta. A ritroso sembra facile dirlo, ma ai tempi non era assolutamente ovvia. Era un progetto pionieristico, ma era il tipico progetto da venture capital che solo con il venture capital può essere fatto. E noi abbiamo avuto la fortuna di trovare chi ci ha creduto. Con il risultato che Vitaminic è un’azienda grossa, ancora oggi quotata in borsa.

Cosa significa fare venture capital?

Significa fare fondamentalmente la stessa cosa che ha fatto Elserino Piol. Significa cercare società o persone che hanno delle idee interessanti e importanti, che hanno voglia di fare una crescita molto rapida. Venture capital non finanzia aziende che hanno piccole ambizioni per tutto il meccanismo che sottostà all’investimento. Venture capital fa un investimento ad alto rischio. Non si prestano i soldi alle società. Si sottoscrivono a mezzo di capitale, i soldi vanno nelle casse della società per finanziare un progetto. Quindi consiste in questo, nell’investire in progetti ad altissima crescita e in settori molto innovativi. Tipicamente ci sono delle opportunità di mercato che si creano molto rapidamente, guarda internet in questi ultimi anni, la sua crescita è avvenuta nel giro di poco più di 10 anni.

Prima di Dpixel assieme a Paolo Ainio avevi in mente di realizzare un progetto. Le cose poi sono andate diversamente, Ainio ha preso la strada industriale/finanziaria con il progetto Banzai, mentre tu hai avviato con Franco Gonella Dpixel, società di venture capital in ambito hi-tech. Ti va di raccontarci come sono andate le cose?

Io ho co-fondato con Paolo e Andrea Banzai, poi sono entrati una serie di investitori. La differenza è che Banzai anziché fare l’investitore compra società e le aggrega in un grosso gruppo internet e oggi è il più grosso gruppo internet italiano indipendente. E quindi è un progetto diverso da Dpixel, è un progetto di integrazione di società, di realtà esistenti, di property internet. Invece Dpixel è tutto un’altra cosa e rappresenta gli intenti iniziali che avevamo. Per questo inizialmente abbiamo deciso di fondare Banzai poi io ho preso la strada di Dpixel perché mi sembrava più in linea con quello che volevo fare. Non avevo voglia di fare un’altra azienda ma volevo finanziarne altre. Banzai è un bellissimo progetto, c’è dentro della gente in gambissima.

Cito una tua frase: “Una buona idea in mano a un manager scadente non andrà da nessuna parte, un’idea mediocre in mano a un imprenditore molto in gamba farà delle cose incredibili…”: puoi farci un esempio di entrambi i casi?

Di buone idee ce ne sono tante, la lista è talmente lunga Per quel che riguarda le cattive idee posso dire che nel venture capital accade sempre questo: spesso la ragione principale per cui le operazioni non vanno bene è che il management team non riesce a fare tutte le cose che pensava o che abbiamo sbagliato tutti le nostre idee, il mercato non c’è e questo può succedere. Questo è stato il caso di Vitaminic, per molti punti di vista, dove il mercato è arrivato con 5 anni in ritardo rispetto alle previsioni. Di esempi negativi francamente non me ne vengono in mente. Mi vengono in mente quelli positivi, ad esempio Venere: il progetto inizialmente era di fare siti agli alberghi che a quei tempi era sicuramente avanti perché nessuno le faceva queste robe. Ma poi loro sono stati bravissimi a capire che era molto più interessante fargli il sistema di prenotazione quando non ce l’avevano. Sono diventati uno dei più grossi sistemi di booking di internet al mondo e se li è comprati Expedia.

Qual è stato l’ultimo incontro che ti ha stupito perché ti hanno presentato un progetto a cui non avresti mai pensato?

Quello più recente ti posso dire che tra l’altro abbiamo annunciato in questi giorni, anche sull’Espresso con un’intervista con l’amministratore delegato del progetto. Si tratta di un progetto di crowdsourcing, di una piattaforma che consente alle aziende di utilizzare le tecniche del crowdsourcing per gestire digitalmente i propri processi. È talmente avanzato che abbiamo deciso con l’imprenditore di aprire una società in Silicon Valley. La fabbrica tecnologica è però a Pisa perché lui ha studiato all’università di Pisa, è un guru di internet, fondatore di W3C in Italia. È un progetto veramente di altissimo livello, in grado di competere con quelli degli Stati Uniti. Un progetto bellissimo, una delle cose più rivoluzionarie che ho visto negli ultimi due anni.

"Il 5 marzo a Milano alle 11, presso “La PosteriaFranco Bernabè presenterà: “Working Capital: materia per le idee”, Un progetto di Telecom Italia nel quale Dpixel, nel ruolo di advisor, seleziona le startup che sottoporranno il proprio business plan e che vede la partecipazione di Paolo Barberis, Salvo Mizzi, Ivano Lo Bello e Riccardo Luna come moderatore della tavola rotonda: ci puoi parlare più approfonditamente di questo progetto?"

Lo presenterà Bernabè, per cui, diciamo, lo farei raccontare a lui la prossima settimana. Fondamentale è un progetto di corporate venture capital. Telecom intende investire sulle nuove idee e sull’innovazione particolarmente in ambito internet, nel web e anche nel mobile, tutte quelle cose che sono inoltre rivelanti con tutti quei mercati in cui Telecom opera. Questo progetto si chiama Working Capital e sarà direttamente Bernabè a parlarne, insomma noi siamo semplicemente gli advisor, abbiamo un ruolo, diciamo, che è quello di portare a Telecom le iniziative che noi riteniamo più interessanti in questo settore in Italia. È un progetto molto importante, molto ambizioso, soprattutto per il fatto che un’azienda come Telecom si mette a fare venture capital.

È un segnale non positivo, molto di più. Ci fossero anche i media come i grandi gruppi RCS che oggi hanno sicuramente bisogno di innovare in un mercato che sta cambiando radicalmente. Leggevo sul giornale che hanno chiuso altri due quotidiani negli USA. Tra la digitalizzazione da una parte e il calo del mercato della pubblicità di quest’anno, credo che questo è il momento per le grosse aziende di seguire esempi come quello di Telecom. Mi sembra un’ottima iniziativa. Noi siamo ben lieti di fare gli advisor di Telecom su questo progetto.

Vuoi aggiungere altro?

Ti ringrazio e salutami la splendida community di Ciaopeople, un giorno verrò a trovarvi.

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