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Giorno della Memoria, il videogioco come strumento per non dimenticare la Shoah

Imagination Is the Only Escape, My Memory of Us e il futuro Through the Darkest of Times rappresentano la volontà crescente di game designer e creatori di usare il medium videoludico come strumento di raccolta e diffusione della memoria – e quindi di una coscienza – collettiva, affinché gli orrori del passato non si ripetano ancora.
A cura di Lorena Rao
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Se c’è un periodo storico particolarmente diffuso nei videogiochi, è quello relativo al nazismo. Dagli sparatutto come Sniper Elite, fino ai capitoli di Battlefield e Call of Duty: i più celebri titoli ambientati durante il secondo conflitto mondiale puntano al racconto squisitamente bellico, con riproposizioni della presa sovietica del Reichstag, degli Alleati in Italia, dello sbarco in Normandia. Vi sono poi titoli che pur non essendo propriamente storici, si addentrano nella critica, come fa la serie di Wolfenstein che, attraverso il "cosa sarebbe successo se…", mostra un mondo in cui a vincere è Hitler.

Negli esempi appena citati, la lotta al nazismo diventa uno spettacolo sì truce e brutale, ma anche adrenalinico, cinematografico, immersivo. Poco spazio viene dato ai civili, vere vittime del conflitto, che hanno dato origine a fenomeni come la Resistenza o hanno vissuto gli orrori dei campi di concentramento. Esistono tuttavia produzioni videoludiche piccole o indipendenti, decisamente più coraggiose nell’affrontare tematiche sensibili, che sfruttano le potenzialità del videogioco per andare oltre l’intrattenimento, e nutrire la memoria collettiva. In occasione della Giornata della Memoria, ricordiamo i titoli che raccontano la Shoah.

Quando il videogioco non era ancora maturo

Il primo caso risale al 2008. In quell’anno il game-designer francese Luc Bernard cerca di pubblicare su Nintendo DS e Nintendo WiiWare Imagination Is the Only Escape, un puzzle-game educativo il cui protagonista è Samuel, un bambino ebreo costretto a fuggire in Francia dopo che ha assistito alla morte della madre per mano dei nazisti. Come si può intendere dal nome, il fulcro del gioco è l’immaginazione del giovane protagonista, attraverso la quale veniamo a conoscenza delle paure e delle speranze di un bambino costretto a fuggire per via di una dittatura nazista. Lo stile artistico del gioco, unito alla fantasia di Samuel, rimandano ai toni fanciulleschi de "La vita è bella" di Roberto Benigni. Questo in linea teorica, perché Imagination Is the Only Escape non è mai stato pubblicato.

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Prima di firmare l’accordo con Nintendo, Luc Bernard rilascia un’intervista al New York Times. Ne viene fuori un articolo denigratorio, in cui si afferma che il videogioco non è il medium adatto per trattare temi come la persecuzione dei bambini ebrei durante il nazismo. L’articolo genera una pubblicità negativa tale da far naufragare la pubblicazione del titolo. Nel 2014 Bernard avvia una campagna di crowdfunding su Kickstarter, ma non raggiunge la cifra richiesta. Questo è quanto riportato da Rolling Stones nel 2016. Ad oggi Imagination is the Only Escape non ha mai visto la luce, ma la filosofia che ha spinto il suo ideatore avvalora la maturità e il coraggio del titolo: “Non puoi mai veramente capire l’orrore di qualcosa [come la Shoah] quando puoi studiarla a scuola” afferma Bernard – “Ma se in qualche modo puoi interagire con la sua storia – venirne coinvolto – inizia ad immergerti. Crei un legame, impari da essa”.

Qualcosa inizia a cambiare

Dal 2008 al 2018 il videogioco ne ha fatti di passi da gigante. Da tutti i punti di vista: economico, tecnologico, contenutistico. Eppure, riguardo il nazismo, è ancora una volta una piccola produzione ad avere la forza di raccontare tramite il videogioco la Shoah. Si intitola My Memory of Us, ed è sviluppato dal team polacco Juggler Games. In esso lo sterminio degli ebrei a opera della dittatura nazista assume la forma di una fiaba raccontata da un vecchio libraio a una bambina. Il barbuto signore narra di un mondo governato da robot pesantemente armati, che hanno avviato l’eliminazione dei “red folks”, ovvero gente vestita di rosso. Un elemento non secondario, dato che in questo caso il punto di riferimento cinematografico è "Shinder’s List" di Steven Spielberg.

My Memory of Us riprende le meccaniche da puzzle-game già viste in Valiant Hearts. Mentre però il titolo di Ubisoft rappresenta con grande sensibilità l’ingresso dell’uomo nella modernità brutale della Prima guerra mondiale, My Memory of Us utilizza il punto di vista dei bambini per rendere più potente la sua storia sull'olocausto. Un’esperienza dolce-amara, in grado di emozionare e commuovere, in cui è possibile sperare un lieto fine grazie all’ingenuità dei giovani protagonisti.

Non è ancora abbastanza

Sembra strano, ma dal 2018 al 2020 è difficile trovare un terzo esempio. Almeno, se si tenta ancora di cercare tra i block buster videoludici. Guardando ancora alle piccole produzioni, è possibile comunque avere una risposta grazie a Through the Darkest of Times, titolo atteso il prossimo 30 gennaio su PC, sviluppato dal team tedesco Paintbucket Games. Si tratta di uno strategico in cui organizzare la Resistenza tedesca durante l’ascesa del nazismo. La Shoah non sarà l’unico aspetto trattato nel gioco, il quale cercherà di immergere il giocatore in un’atmosfera cupa volta a far comprendere la perdita della libertà su base razziale, politica, religiosa. Imagination Is the Only Escape, My Memeory of Us e il futuro Through the Darkest of Times rappresentano la volontà crescente di game designer e creatori di usare il medium videoludico come strumento di raccolta e diffusione della memoria – e quindi di una coscienza – collettiva, affinché gli orrori del passato non si ripetano ancora.

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