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Stati Uniti contro Huawei

La mossa del gigante: così Huawei ha dichiarato la sua indipendenza da Google

Un miliardo di dollari di investimento per convincere gli sviluppatori a rendere compatibili le proprie app con i Huawei Mobile Services, l’alternativa ai GMS di Google, e un App Store proprietario. Così Huawei vuole cercare di aggirare le conseguenze del ban USA, ma la strada da fare è tutta in salita.
A cura di Dario Caliendo
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Ormai era certo sarebbe dovuto accadere. A seguito della continua guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, Huawei è stata costretta a presentare la sua nuova serie Mate 30 senza i servizi Google e le Google Apps. Il che significa, in soldoni, che nonostante i nuovi smartphone dell'azienda siano animati da Android 10, non verranno venduti con Google Maps, Chrome, Gmail o il Play Store preinstallati, e allo stesso tempo non integreranno il Google Play Services, un componente fondamentale per il corretto funzionamento (anche) di alcune app di terze parti.

E, ammettiamolo, è una pessima notizia per uno smartphone top di gamma con le caratteristiche del Mate 30 Pro sul quale è pur vero che è presente l'App Gallery, un'app store proprietario dell'azienda, ma che avrà sicuramente un diverso appeal con i mercati esterni alla Cina da sempre molto diffidenti dagli App Store diversi da quello di Google. Ed è una bella gatta da pelare per Huawei, che avrebbe già pensato ad una soluzione, tentando di conquistare gli sviluppatori e cercando un'alternativa al Play Services di Google. Ma la strada da fare è ancora tantissima.

Perché il Mate 30 Pro non ha le app di Google

Huawei Mate 30 Google
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La baraonda che gira attorno al Mate 30 Pro e l'assenza delle applicazioni e dei servizi di Google è tutta una questione di licenze e di tempistiche. Tanto è vero che a breve ci saranno altri lanci di device Huawei, che verranno venduti con tutte le Google Apps. E il punto della situazione è molto semplice: dopo essere stata inserita nella lista nera del commercio degli Stati Uniti d'America, Huawei ha perso la facoltà di stipulare accordi commerciali per servizi o hardware con aziende statunitensi, il che ha reso praticamente impossibile all'azienda di ottenere la licenza dei cosiddetti GMS (Google Mobile Services), un pacchetto che viene preinstallato in praticamente tutti i dispositivi mobili in vendita fuori dalla Cina, e che include tutto il necessario per far funzionare le applicazioni e i servizi di Google.

Ma se il Mate 30 Pro è animato da Android 10, perché non ha i GMS? Semplice, perché il Google Mobile Services è un pacchetto del tutto separato dal sistema operativo Android che, ricordiamolo, opera con licenza Apache open-source 2.0. Quindi, in soldoni, Huawei può utilizzare l'ultima versione di Android (che dovrà aggiornare nel tempo in via del tutto autonoma da Google), ma non può usare i GMS. Il che vuol dire che tutti gli smartphone Android prodotti dall'azienda nel periodo successivo al ban verranno comunque aggiornati, ma probabilmente con tempi di attesa più lunghi.

Il tentativo di Huawei per risolvere il problema

Nonostante tutta l'attenzione di esperti e appassionati fosse rivolta ai nuovi prodotti presentati dall'azienda, nella conferenza di presentazione dei nuovi Mate 30 e Mate 30 Pro, con la quale sono stati introdotti anche una TV di Huawei e il nuovo smartwatch Huawei Watch GT 2, Richard Yu ha fatto (finalmente) chiarezza sulla strategia che intende intraprendere Huawei con i suoi prossimi smartphone, confermando – una volta per tutte – che, salvo cancellazione ban, non potranno utilizzare i GMS.

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In soldoni, tutti gli utenti che decideranno di acquistare uno dei nuovi dispositivi mobili presentati dall'azienda, dovranno scaricare le applicazioni dall'App Gallery, uno store proprietario di Huawei, e dovranno sperare che gli sviluppatori delle applicazioni più importanti aggiornino il codice delle app in modo da sfruttare gli HMS (Huawei Mobile Services), ossia una versione alternativa al pacchetto di Google autoprodotta in casa dal colosso di Shenzen.

Certo, rimane il dubbio sulla reale possibilità (o volontà) di aggiornare le applicazioni da parte degli sviluppatori statunitensi di WhatsApp, Facebook o Instagram etc, ma è pur vero che perdere il bacino d'utenza del secondo produttore di smartphone al mondo potrebbe essere una mossa piuttosto sciocca. E, certo, ad oggi l'App Gallery di Huawei è ancora uno store scarno e privo di contenuti interessanti, ma la possibilità di poter arrivare per primi su una piattaforma che nei prossimi tempi sarà chiaramente in piena crescita non è cosa da tutti i giorni.

1 miliardo di dollari per gli sviluppatori

Che il colosso della tecnologia abbia sempre nel cassetto il sogno di poter continuare a collaborare con Google, è una cosa chiara e comprensibile. Ma, sogni a parte, per rendere il suo App Gallery il più attraente possibile, Huawei ha deciso di finanziare lo sviluppo di applicazioni compatibili con l'HMS, stanziando un fondo non indifferente pari a 1 miliardo di dollari e mettendo a disposizione l'HMS Core, ossia un pacchetto che fornisce a tutti i developer gli strumenti e l'integrazione necessari per rendere compatibili le applicazioni esistenti, compreso un kit per le mappe con la quale quelli di Shenzen sperano di poter ovviare l'impossibilità di utilizzare Google Maps, probabilmente il servizio del quale gli utenti potrebbero sentire più la mancanza.

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Il nocciolo della questione è che in realtà, nonostante la cifra stanziata dal Huawei sia importante e nonostante l'azienda abbia più volte sottolineato come le app che utilizzano il suo HMS Core siano più veloci sui suoi dispositivi (rispetto a quelle sviluppate con GMS), l'App Gallery e tutto l'ecosistema di Huawei sono ancora estremamente piccoli e ci vorrà una notevole quantità di tempo (e di soldi) per far sì che diventino competitivi rispetto ai colossi di Google.

I GMS si possono installare manualmente

A prescindere dal vortice che si sta creando attorno agli HMS e all'App Gallery di Huawei, e consci dell'incertezza relativa alla reale fattibilità dell'ambizioso progetto del colosso cinese, dalla conferenza di Monaco siamo tornati con una certezza: sul Mate 30 Pro, così come su tutti gli altri dispositivi privi della suite di Google, è possibile installare i GMS manualmente. E tutto sommato non è una cosa strana, d'altronde anche Meizu, prima di ottenere le licenze di Google, mise a disposizione dei propri utenti un pacchetto da scaricare tramite uno store proprietario con il quale venivano installate in pochissimi secondi tutte le applicazioni di Google e i GMS.

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Tuttavia il colosso di Mountain View ha chiaramente vietato questa pratica alle aziende, perché si tratta di un raggiro che viola comunque i contratti di licenza, e Huawei ha messo in chiaro più volte che non fornirà ai propri utenti soluzioni alternative per l'installazione delle GMS. Detto questo, però, noi l'abbiamo provato e ne abbiamo avuto la conferma: installare le GMS e le app di Google sul Mate 30 Pro è possibile.

La strada è tutta in salita e nessuno, eccetto Huawei, potrebbe farcela

Ma è chiaro che, nonostante Huawei abbia addirittura deciso di rendere nuovamente sbloccabili i bootloader dei suoi nuovi dispositivi (per facilitare le modifiche anche al sistema operativo), difficilmente un utente medio potrebbe decidere di spendere 1199 euro per un Mate 30 Pro – è questo il suo prezzo ufficiale in Italia – sul quale poi dovrà smanettare per installare le applicazioni di Google. È probabile però che se Huawei non dovesse riuscire a dare una risposta concreta e veloce al problema, quando verrà commercializzato il Mate 30 Pro in Italia (forse). alla fine di novembre, gli utenti che lo acquisteranno e decideranno di aggirare il problema in maniera del tutto autonoma potrebbero essere molti. Ma quelli che decideranno di acquistare lo smartphone a prezzo pieno potrebbero essere molto pochi, almeno rispetto ai numeri ai quali ci ha abituato l'azienda.

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