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Opinioni

La stupidità dell’intelligenza artificiale (e di chi vuole venderla come tale)

Da qualche anno a questa parte, nel mondo della tecnologia di consumo pubblicizzare un dispositivo definendolo dotato di IA è diventato quasi un sotterfugio, più di marketing che di altro. Un modo per buttare fumo negli occhi alle persone, perlopiù profane del settore, alle quali le aziende non spiegano la reale tecnologia utilizzata e spacciata per intelligenza artificiale.
A cura di Dario Caliendo
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intelligenza artificiale stupida

Dopo quasi 10 anni passati a recensire praticamente tutti i dispositivi di elettronica di consumo, sono giunto ad una verità della quale difficilmente qualcuno potrà mai privarmi: strutturare una buona user experience consiste nel soddisfare le necessità e le aspettative degli utenti, o addirittura superarle. È questa, forse, la reale differenza tra iOS ed Android. E quando si progetta un software o un dispositivo che promette un “assaggio” di intelligenza artificiale, si parte perdenti dal principio. Il motivo? L'attuale intelligenza artificiale è sopravvalutata, o meglio, male interpretata soprattutto nell'elettronica di consumoaccussi?. E sono convinto che uno dei motivi più di impatto per i quali la maggior parte delle persone si dichiarano insoddisfatte dell’attuale concetto di intelligenza artificiale “consumer”, sia il fatto che la stragrande maggioranza degli utenti non sia del tutto certa di cosa significhi realmente AI (o IA, che dir si voglia).

Da qualche anno a questa parte, nel mondo della tecnologia di consumo e soprattutto in quello degli smartphone, pubblicizzare un dispositivo definendolo dotato di Intelligenza Artificiale è diventato quasi un sotterfugio, più di marketing che di altro. Perché ammettiamolo, pubblicizzare uno smartphone vantandosi del fatto che integri la migliore applicazione dell’AI è uno slogan di grande impatto, che butta però fumo negli occhi degli utenti. Persone perlopiù profane del settore, alle quali le aziende non spiegano la reale tecnologia utilizzata e spacciata per IA.

Non è intelligenza, quello che ci vendono è riconoscimento dei modelli

intelligenza artificiale stupida
Esempio di rete neurale artificiale semplice

La realtà dei fatti è che tutti i dispositivi attualmente in commercio di intelligenza artificiale ne hanno ben poca e questo modus operandi ha creato una grande confusione tra la vera AI e i sistemi neurali. Perché la grande novità degli ultimi anni non è la tanto pubblicizzata intelligenza artificiale, ma sono le NPU (acronimo di Neural Processor Unit), dei particolari microprocessori progettati per eseguire calcoli basati sulle reti neurali artificiali e per semplificare l’apprendimento automatico dei calcolatori, che si basano su un sistema di riconoscimento dei modelli liberamente ispirato all’elaborazione che svolge il cervello umano. Un nuovo modo di elaborare di algoritmi, più veloce ed efficiente, che ha contribuito allo sviluppo del “deep-learning”, la cui applicazione più banale è nelle fotocamere dei moderni smartphone, ormai (quasi) in grado di riconoscere cosa si sta inquadrando e modificare le impostazioni di scatto per ottenere una foto migliore.

intelligenza artificiale stupida

È un grande passo in avanti per la fotografia computazionale, è indubbio. Ma, anche in questo caso, bisogna ammettere che di realmente "intelligente" c'è ben poco. Perché è pur vero che grazie a complessi algoritmi associativi il software è in grado di riconoscere un oggetto, ma dopo il riconoscimento viene applicato un modello deciso dall’uomo e il sistema non sarà mai e poi mai in grado di stabilire, univocamente e ad ogni inquadratura, se la fotografia scattata possa venire meglio oppure peggio modificando le impostazioni di scatto. Perché è questa l’intelligenza. Cioè riuscire a comprendere se sia il caso o meno di modificare le impostazioni di scatto, nonostante nell’inquadratura ci sia ad esempio una pianta.

Ormai anche un forno a microonde viene definito intelligente solo perché è in grado di regolare i minuti di cottura dopo aver letto il codice a barre posto sulla scatola degli alimenti, ed anche un aspirapolvere viene definito intelligente perché è in grado di riconoscere, tramite diversi sensori, il materiale sul quale sta aspirando. Ma si possono davvero spacciare queste funzioni come "intelligenti"?

E l'unica azienda ad aver capito realmente la situazione è Apple: da tre anni a questa parte, gli SoC (system on a chip) prodotti dal colosso di Cupertino, cuore pulsante degli iPhone e degli iPad, sono dotati di un'unità neurale per il riconoscimento dei modelli, ma avete mai sentito parlare Apple di "intelligenza artificiale" per pubblicizzare uno dei suoi prodotti? No.

Ciò che è errato, è la definizione colloquiale di IA

Allo stato dei fatti, qualsiasi persona “normale” che parlerà di intelligenza artificiale, farà riferimento ad un sistema computerizzato in grado di avere abilità simili a quelle della mente umana. Ed in effetti è un ragionamento che non fa una grinza, se non fosse dal fatto che parte da un’etichetta, da un concetto, da un nome, del tutto errati. Perché no, nessun computer è dotato di intelligenza, nessun calcolatore è in grado di “intendere”: le moderne CPU, utilizzando modelli di calcolo diversi, sono solo in grado di elaborare degli algoritmi in maniera più veloce ed immediata, ma non sono in grado di comprendere quello che fanno. Lo fanno e basta. E da qui l’illusione che ha portato all’intelligenza artificiale come la si intende nei nostri tempi.

D’altronde il dibattito che è nato dal decidere se un calcolatore sia o meno intelligente è una cosa estremamente problematica che va avanti sin dai primi computer, soprattutto perché lo standard che definisce l’intelligenza in informatica continua a cambiare. I calcolatori utilizzati per le prime missioni Apollo della NASA, avevano una potenza di calcolo talmente potente per l'epoca in cui sono stati progettati, che avrebbe potuto farli definire intelligenti. Ma qualsiasi smartphone attualmente in commercio è molto più potente dei migliori supercomputer di quei tempi.

E, pensandoci, anche questo concetto dovrebbe far accendere una lampadina a chi lo analizza, portandolo a chiedersi come sia possibile che il concetto stesso di intelligenza cambi. Non è l’intelligenza stessa la semplice capacità di intendere, di capire?

Ma quindi, si dirà, potrà mai un calcolatore elettronico avere a disposizione tutti gli elementi necessari ad effettuare un’analisi della realtà e, grazie a degli algoritmi logici, comprendere realmente? Di certo non oggi. Non nei nostri tempi e con le attuali tecnologie. Forse un giorno i computer quantici potranno rendere meno stupide le attuali intelligenze artificiali, ma per ora gli attuali sistemi di AI di realmente intelligente hanno poco e niente. Hanno però tanto di “artificiale”.

Ed è proprio decostruendo il termine “artificiale” che si potrebbe dare un senso a tutto questo. La sua stessa natura implica qualcosa che è solo un’imitazione del prodotto originale e deriva da “artificio”, ossia un “espediente diretto a ottenere effetti estranei o non consentiti dall'ordine naturale o dall'aspetto immediato delle cose”. Gli eau de toilette sono profumi artificiali, la chirurgia plastica è artificiale. Ma nessuno si pone più il problema del fatto che in realtà un determinato profumo che sta annusando è nato in un laboratorio, o che le labbra di una bellissima soubrette siano solo il frutto di un’operazione medica, realizzata utilizzando materiali non naturali. Ed è proprio il termine “artificiale” che ci può condurre ad un terreno decisamente complesso, nel quale viene segnata una netta distinzione tra le cose che esistono e basta e quelle che sono state create come un diretta conseguenza della mano dell’uomo.

Insomma, in realtà si sta sbagliando tutto. E la differenza tra l’intelligenza umana (la vera ed unica definibile con questo termine) e quella che attualmente viene chiamata IA è ancora più palese quando si pensa agli errori. Perché oltre al dibattuto significato di intelligenza, esiste anche una “stupidità” umana, che è molto diversa da quella dei calcolatori. E la divergenza sta proprio nella “flessibilità” con la quale gli uomini reagiscono ad eventuali errori, una flessibilità che i prodotti algoritmici non potranno mai avere, e che non è stata neppure minimamente implementata in alcuna macchina che esiste oggi e che potremmo costruire domani.

L'errore è stato associare il termine “intelligenza” ai sistemi di riconoscimento dei modelli e tutti dovrebbero fare molta attenzione. Un’idea falsata delle effettive capacità di una tecnologia, può portare a scelte sbagliate e a preconcetti del tutto inesatti che, a lungo andare, potrebbero avere un’impatto negativo sulla società (e soprattutto nei mercati).

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