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Opinioni

Perché il sondaggio di Facebook sui giornali non cambierà nulla

Altro che potere ai lettori. Con le ultime decisioni di Facebook in merito al News Feed, il social network non ha decretato la fine delle testate ma avviato un processo di subappalto ai suoi utenti del lavoro dell’algoritmo. Che ormai non sa più comprendere il web.
A cura di Marco Paretti
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zuckerberg realtà virtuale

Lo scorso venerdì Facebook ha annunciato due grandi rivoluzioni per il suo News Feed: la riduzione dell'1 percento delle notizie pubblicate dai media all'interno della pagina principale del social network e un maggiore peso dell'affidabilità delle singole testate per la loro posizione nel feed. Un elemento, quest'ultimo, che secondo le parole di Zuckerberg dipenderà dal feedback diretto degli utenti fornito attraverso un sondaggio dove potranno indicare se una testata è affidabile o meno. Nel corso delle ultime ore BuzzFeed ne è entrata in possesso, scoprendo che si compone di sole due domande.

Riconosci questi siti web?

-Sì

-No

Quanto ritieni affidabile ognuno di questi portali?

– Interamente

– Molto

– Abbastanza

– Poco

– Per niente

Un sondaggio che, come sottolineato da molti giornalisti oltreoceano, non risulta particolarmente approfondito. "Ho compilato sondaggi più completi nei fast food" ha fatto notare Rani Molla di Recode. "Le persone potrebbero non prenderlo sul serio" continua Hannah Kuchler di FT. Il problema è semplice: un sondaggio di questo tipo assomiglia più a quelli che solitamente si utilizzano per analizzare la brand awareness di un marchio, mentre l'affidabilità di una testata è un argomento estremamente complicato e che soprattutto deve prendere in esame molti altri elementi.

Il sondaggio proposto da Facebook, invece, potrebbe risultare estremamente poco accurato, portando ad un ranking erroneo della testata all'interno del News Feed con conseguente perdita di visibilità. Ora che molte testate puntano sul social network per diffondere le proprie notizie, una situazione di questo tipo potrebbe portare ad un crollo del traffico e dei ricavi, con conseguenti problematiche per i giornalisti. Tutto per un sondaggio di due domande che, secondo molti, poteva essere pensato meglio con un minimo sforzo in più. Questa, però, è la visione pessimista. In realtà bisogna porsi un'altra domanda: quanto sarà importante il sondaggio sulla distribuzione delle notizie su Facebook?

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"Abbiamo proposto il sondaggio a un gruppo diversificato e rappresentativo di persone che utilizzano Facebook negli Stati Uniti per capire quel è il loro rapporto con differenti fonti di informazioni" ha spiegato il responsabile del News Feed Adam Mosseri. "Questi dati ci aiuteranno a creare il ranking delle testate nel News Feed". Saranno poi presenti due elementi che l'azienda utilizzerà per fornire priorità a determinate notizie: se il contenuto è informativo e se è rilevante a livello locale. Facebook non ha specificato – e difficilmente lo farà mai – in che modo questi elementi si intrecciano tra loro: uno potrebbe essere più importante dell'altro, oppure potrebbero avere tutti lo stesso peso, o ancora queste priorità andranno semplicemente a completare un quadro composto dai molti segnali che il portale utilizza da tempo per decidere quale priorità dare ai contenuti: quanti clic riceve, quanto tempo gli utenti passano all'interno della pagina dopo averla aperta, se condividono o commentano il post, etc.

"La fiducia è uno dei segnali che utilizziamo" ha spiegato Mosseri in un tweet. "Ma si applica solo agli editori sui quali abbiamo già abbastanza dati, quindi non va a toccare la maggioranza delle testate. L'altro elemento importante da comprendere è che non si tratta di un semplice voto. Non stiamo fornendo priorità alle testate che molte persone considerano affidabili, ma dando maggiore peso a testate che molte tipologie di persone diverse – dal punto di vista delle abitudini di lettura – ritengono affidabili". Il sondaggio, anche nella sua semplicità, rappresenta quindi solo uno dei segnali raccolti da Facebook e dati in pasto all'algoritmo con l'obiettivo di generare un ranking di priorità tra i post delle testate. Nessuno, però, sa in che modo questi segnali interagiscono tra loro.

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Non è un caso che Facebook sia così reticente a rendere pubbliche le sue dinamiche interne. Da un lato questo ha senso per una questione di competizione: l'azienda non può di certo svelare i segreti del suo algoritmo a tutti gli altri social network. Dall'altro ogni volta che Facebook rivela qualcosa delle sue pratiche interne, come nel caso dell'ultimo sondaggio, genera negli utenti una grande ondata di ipotesi e dubbi. E se un tempo questo aspetto aveva un'importanza limitata, in seguito alle ultime elezioni americane la tematica è diventata una delle più delicate e problematiche per l'amministrazione del social network, che ora deve fare i conti con una percezione più diffidente di tutto ciò che va a toccare gli elementi principali del portale, primo su tutti il News Feed.

Così si è arrivati all'annuncio della scorsa settimana: saranno gli utenti a decidere quali sono le testate affidabili e, di conseguenza, a farle salire o scendere nel ranking dell'algoritmo. Una dichiarazione forte, ma che come abbiamo visto rappresenta solo una piccola parte del processo di Facebook per indicare la priorità dei post dei media. Uno specchietto per le allodole, quindi, che di fatto cambierà ben poco. Forse qualche testata e qualche utente penserà che questo strumento possa portare al declino o al successo di alcuni giornali. Una situazione che sorprenderebbe molti, soprattutto viste le dichiarazioni delle ultime ore. È più probabile che si vada a creare un piccolo gruppo di modesti vincitori in grado di raccogliere una piccola fetta di clic in più, ma il resto delle testate subiranno molto probabilmente un leggero declino nel traffico. Nulla di apocalittico.

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Quindi a cosa servono le segnalazioni degli utenti? Semplice, a completare l'algoritmo di Facebook con l'aspetto umano. La questione è semplice: l'inventore del WWW Tim Berners-Lee non ha solamente dato vita ad internet come lo conosciamo, ma ha anche creato il concetto di web semantico, cioè un non-luogo virtuale dove tutti i documenti in esso inseriti sono associati ad informazioni che possono essere interpretate automaticamente, per esempio dai motori di ricerca. Il problema è che oggi questo approccio non funziona più. Lo abbiamo visto con le bufale e con ciò che è successo durante le elezioni americane: il web del 2018 non è "comprensibile" dalle macchine. La soluzione, quindi, qual è? Semplice, tornare ad utilizzare l'apporto umano. Una soluzione impensabile a livello aziendale: non si può certo assumere una forza lavoro in grado di analizzare miliardi di informazioni al giorno. Ma Facebook ha abbastanza utenti a sua disposizione, oltre 2 miliardi. Perché non subappaltare a loro il lavoro di analisi da associare a quello comunque portato avanti dall'algoritmo? Così si arriva all'annuncio di settimana scorsa, quello dove le white list e black list, che esistono da oltre un decennio, approdano su Facebook con una modalità che sul web si è fatta largo negli ultimi anni, soprattutto per mano di aziende come Google. Altro che potere ai lettori: le redini non sono mai state così saldamente nelle mani di Facebook.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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