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Pirateria online: maxi sequestro di 46 siti, ma filmakerz.org torna accessibile

Continuano le vicissitudini ed i dubbi relativi al più grande sequestro contro la pirateria online mai effettuato in Italia: Il tribunale del riesame di Roma ha annullato il sequestro del portale filmakerz.org.
A cura di Dario Caliendo
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Continuano le vicissitudini ed i dubbi relativi al più grande sequestro contro la pirateria online mai effettuato in Italia. Su ordine del Giudice per le indagini preliminari di Roma e su richiesta della procura della Capitale, la Guardia di Finanza lo scorso 5 marzo ha sequestrato quarantasei domini con l'accusa di aver violato l’articolo 171 ter, comma 2, della legge 633 1941 sul diritto d’autore, e dai quali si sarebbe quindi potuto accedere ad una serie di link per usufruire di contenuti pirata in streaming o in download. In tutti i quarantasei siti sotto accusa, lo scopo di lucro si sarebbe concretizzato esclusivamente tramite l’inserimento di banner pubblicitari o la richiesta di donazioni libere, e non tramite la vendita diretta dei contenuti protetti dal diritto d’autore.

Un sequestro importante, un record per l'Italia, che però è stato caratterizzato da una serie di errori ed incongruenze che lo hanno reso praticamente inutile.

Il caso filmakerz.org

Secondo quanto riporta TMNews, il tribunale del riesame di Roma, in risposta a una istanza dell'avvocato Fulvio Sarzana, ha annullato il sequestro che era stato disposto dal Gip e ha ordinato al PM di procedere alla restituzione del portale filmakerz.org.

Il collegio di giudici della libertà presieduto da Claudio Carini, ha specificato nelle motivazioni della decisione che gli investigatori non sono stati in grado di fornire "alcun elemento informativo idoneo a rappresentare, con un minimo di approfondimento quali fossero le opere d'ingegno fruibili, al fine di verificare la sussistenza della violazione del diritto d'autore".

Un duro colpo per la lotta alla pirateria online, che frenata dal fatto che l'immissione in rete di contenuti protetti dal diritto d'autore deve rappresentare un effettivo lucro per coloro che se ne avvalgono, in assenza di tale requisito si trova del tutto inerme nel combattere praticamente la stragrande maggioranza di aggregatori di link pirata.

"I giudici" – spiega l'avvocato Sarzana – "hanno chiarito che il sequestro della singola opera deve essere preferito al sequestro dell'intero sito, al fine di non sottoporre a inibizione le parti del sito stesso che contengono contenuti legittimi".

A fine marzo infatti, una sentenza della corte di Giustizia europea, ha chiarito che “i diritti fondamentali in parola non ostino ad una tale ingiunzione, alla duplice condizione che le misure adottate dal fornitore di accesso non privino inutilmente gli utenti di internet della possibilità di accedere in modo lecito alle informazioni disponibili”.

Una decisione tecnicamente possibile, ma attuabile esclusivamente quando i siti incriminati non utilizzino server esteri (cioè mai) ed utilizzando una tecnologia denominata Deep Packet Inspection, che prevede l’ispezione da parte degli internet provider del traffico dei singoli utenti: una pratica dichiarata lesiva dei diritti di privacy in precedenti sentenze della Corte stessa.

Il problema dei DNS

Pochi giorni dopo il maxi sequestro inoltre, gran parte dei siti sotto accusa risultavano di nuovo accessibili. Per spiegare in termini pratici la natura del problema, è necessario chiarire il processo tecnologico con il quale le Autorità bloccano l’accesso ai siti illegali. Partendo dal presupposto che il sequestro fisico dei siti pirata è sostanzialmente impossibile perchè generalmente i server ai quali si appoggiano queste piattaforme sono situati in paesi esterni all’Unione Europea (principalmente asiatici), tecnicamente le modalità di oscuramento dei domini in questione sono sostanzialmente due: la prima, molto efficace e difficilmente superabile, prevede il blocco totale dell’IP che contiene il sito incriminato, mentre una seconda prevede il blocco del dominio via DNS.

Il problema fondamentale del blocco dell’IP è la natura stessa delle attuali architetture di rete, che non vedono un indirizzo univocamente assegnato ad ogni sito, ma che sono strutturate in modo da poter contenere sotto un unico IP, diversi siti non necessariamente collegati tra loro. In sostanza, inizialmente realizzata mediante il blocco degli IP dei quarantasei siti che violavano il copyright, la maxi-operazione messa in atto dalla Guardia di Finanzia è stata da subito influenzata da un problema molto grave, che ha provocato l’impossibilità di accedere anche a centinaia di siti del tutto esterni alla faccenda.

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