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Telefonia, le penali non sono previste dalla legge ma i consumatori le pagano lo stesso

Dire addio ad un gestore per passare ad un altro è una procedura che, nonostante sia garantita dalla legge, risulta essere il più delle volte un processo lungo, complesso e dispendioso. Effettuare un passaggio da un operatore all’altro o concludere un contratto prima del suo termine richiede, anche prendendo la strada meno costosa, fino a 100 euro.
A cura di Marco Paretti
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Smartphone notifiche

Dire addio ad un gestore per passare ad un altro è una procedura che, nonostante sia garantita dalla legge, risulta essere il più delle volte un processo lungo, complesso e dispendioso. Effettuare un passaggio da un operatore all'altro o concludere un contratto prima del suo termine richiede, anche prendendo la strada meno costosa, fino a 100 euro. Un esborso praticamente inevitabile nonostante la legge Bersani del 2007 garantisca il passaggio tra operatori senza penali; una direttiva aggirata dalle compagnie telefoniche grazie ad uno stratagemma che prevede l'imposizione dei contributi di disattivazione consentiti dalle linee guida dell'Autorità garante delle comunicazioni.

Insomma, le penali si sono trasformate in costi: gli unici ammessi dalla legge, infatti, sono i costi sostenuti dagli operatori poi imposti ai clienti, che in questo modo non hanno la possibilità di sfuggire ad inevitabili addebiti. Telecom li chiama "costi disattivazione linea", Tiscali "contributi di disattivazione, Fastweb "importi di dismissione", Teletu "contributi disattivazione" e Vodafone "Corrispettivi recesso anticipato"; la sostanza, però, non cambia. Sempre più penali in un mercato ormai incoerente, con sempre più offerte messe sul piatto dagli operatori ma altrettanti paletti che ostacolano la libera circolazione degli utenti tra gli stessi.

Smartphone ansia stress

Persino il disegno di legge che, almeno in teoria, avrebbe dovuto mettere freno a questa pratica ha preoccupato fortemente chi segue da vicino la questione; lo scorso febbraio è infatti tornato lo spettro delle penali, la cui reintroduzione era prevista in caso di recesso da promozioni. Un elemento fortemente criticato dalle associazioni per la tutela dei consumatori, che lo hanno additato come ulteriore punto a favore delle compagnie. La situazione attuale resta quindi caotica, anche perché oltre ai costi di recesso gli operatori impongono quelli di uscita, solitamente previsti da promozioni come quelle che ci consentono di acquistare un telefono a rate.

Il problema, in questo caso, è che non esiste una una vera e propria normativa in grado di disciplinare questo elemento. Un compito che dovrebbe gravare sul ddl concorrenza approvato il 3 agosto dalla Commissioni Finanze e Attività produttive della Camera, il quale specifica che "il consumatore dovrà essere informato delle spese da sostenere per cambiare operatore telefonico e recedere dal contratto già al momento dell’offerta e non solo al termine del contratto". Un emendamento già indicato dalle associazioni come inutile. “L’unica misura seria che va introdotta è la portabilità, ossia zero spese di chiusura, come avviene per i conti correnti. Tutto il resto è un pannicello caldo” ha spiegato l’Unione nazionale consumatori. “Bisogna prevedere zero spese di chiusura anche in caso di offerte promozionali legate a sconti tariffari e un nuovo tetto di durata alle offerte promozionali che devono passare da 24 a 12 mesi. Mentre in presenza di beni in offerta, tipo modem o smartphone in omaggio o scontati, in caso di recesso anticipato il consumatore dovrà versare una spesa commisurata al valore del bene al momento del recesso”.

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Giornalista dal 2002 specializzato in nuove tecnologie, intrattenimento digitale e social media, con esperienze nella cronaca, nella produzione cinematografica e nella conduzione radiofonica. Caposervizio Innovazione di Fanpage.it.
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